Capiterà.
Ovvio che capiterà: ora vi spiego.
Chiamerà Livia.
È sua sorella, nella realtà, ed ha cinque anni meno di lui: è il nome che gli è rimasto appiccicato addosso. È diventato il nome che da alle cose.
Perciò chiamerà Livia quando si sveglierà, quando avrà bisogno di aiuto per andare a fare pipì; pronuncerà il suo nome per indicare un piatto di verdura cotta, o piuttosto un fazzoletto.
Dirà Livia, con voce tonante, se avrà mal di pancia e lo dirà appellando ciascuno e, a volte, anche il nulla. Parlerà con nessuno, a volte, rivolgendosi a lui come Livia.
Succederà anche di notte, se si sveglierà e non saprà dove si trova. Accadrà quando vorrà andare a casa, in una casa che ricorda, forse immagina, oppure vagheggia: vorrà andare da Livia.
Assecondatelo finché potete perché non è cattivo, quasi mai.
È confuso come chi ha l’Alzheimer dentro ormai da troppo.
Livia i suoi bisogni primari, i suoi ricordi, un nome comune di cosa, un appello.
Scorderà anche lei. Questione di tempo. Sostituirà Livia con parole ancora più confuse e sempre meno pertinenti.
Prendetevene cura voi che sapete come farlo.
Mi fido di voi.
Io non ne ho più.
emmevù (per chiuderla qui)
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