marco valenti scrive

marco valenti scrive

20 ottobre 2010

Sul traffico visto da uno scooter


Come è noto sono, per necessità metropolitane, uno scooterista.

Ora giro con la Vespa Gts ma uso le due ruote da più di trenta anni.
Tempo fa con un amico si era pensato di scrivere storielle sul diverso punto di vista di chi viaggia in moto (o motorino, o scooter) rispetto a chi gira in automobile: poi non se ne è fatto niente.
Resta, comunque, il mio disagio a girare in una città faticosa, caotica e imprevedibile; pur non essendo uno di quelli che svicolano, sempre e senza senno, facendo slalom oltre i limiti della follia, ovviamente approfitto degli spazi in cui io posso passare mentre altri non possono riuscirvi.
Parto da qui per una rapida, non esaustiva, carrellata su quello che non mi piace rivolgendomi direttamente alle categorie interessate.
Il fatto che la Smart o le macchinette 50cc dei ragazzini fighetti siano più piccole non giustifica che tappino inesorabilmente i varchi in cui le due ruote (e non le quattro!) potrebbero altrimenti agevolmente passare.
L’indicatore di direzione (volgarmente denominato freccia o le frecce) andrebbe azionato sempre quando si effettua un cambio di corsia; è necessario che TUTTI se ne facciano una ragione e si abituino.
Possedere un SUV o una Multipla (Ah! Le Multiple: meglio stia zitto!) non autorizza automaticamente ad occupare più di una corsia.
Quando ci si ferma in seconda fila ci si può anche accostare a meno di un metro e trenta da chi è parcheggiato correttamente; andrebbe segnalato con gli indicatori di direzione; sarebbe utile, meno pericoloso, non aprire repentinamente lo sportello di destra per fare scendere il passeggero.
Se siete in una strada a due corsie non è detto dobbiate continuamente tentennare sulla scelta della corsia da percorrere e, nell’indecisione, cambiarla di continuo e senza l’uso delle frecce.
Potrei seguitare, e non è detto che non lo faccia in futuro; vi lascio con una citazione, pertinente, da “Un senso alle cose” (Paolo Scatarzi e Marco Valenti: Ed BoopenLed –
www.boopen.it).
Vorrei camminare per la vita con la stessa indifferenza dei conducenti degli autobus.

18 ottobre 2010

il mare la mer

C’è sempre molta musica nella mia vita, nei miei giorni, nelle cose che scrivo. Tra le canzoni che più amo, che mi piacerebbe cantare e che canticchio il rifacimento italiano di una delle canzoni più belle di tutti i tempi, “La mer” di Charles Trenet.

In “Cometa e bugie” sottolinea e fa da colonna sonora ad uno dei finali.

Sergio Cammariere, bravissimo, col testo riadattato dal poeta Pasquale Panella, la ha rifatta più moderna, molto jazz, e le ha tolto quell’urletto finale che purtroppo rende datata la originale perla francese.


Di seguito filmati e testi.

emmevù


Il mare
Ci fa galleggiare lungo le rive chiare
Con i suoi movimenti incoraggia l’Amore
Dai sentimenti incostanti
Quando piove

Il mare Baraonda d’estate Di onde bianche e spruzzate E tu com’eri salata col cuore Celeste di azzurri infiniti

I pianti Le anse stagnanti Le grandi piante bagnate
Risate “T’ho amato tanto” Le case arrugginite

E’ il mare Che le ha cullate lungo le rive chiare E’ una canzone d’amore Il mare Che culla il mio cuore Nella vita


Tu ridi All’ombra eccitante Di grandi piante bagnate

I pianti Quanto t’ho amata In case arrugginite

E’ il mare Che le ha cullate lungo le rive chiare E’ una canzone d’amore Il mare

Che culla il mio cuore Nella vita.

La mer
Qu'on voit danser le long des golfes clairs
A des reflets d'argent
La mer
Des reflets changeants
Sous la pluie

La mer Au ciel d'ete confound Ses blancs moutons Avec les anges si purs La mer bergere d'azur Infinie

Voyez Pres des etangs Ces grands roseaux mouilles
Voyez Ces oiseaux blancs Et ces maisons rouillees

La mer Les a berces Le long des golfes clairs Et d'une chanson d'amour La mer A berce mon coeur pour la vie

12 ottobre 2010

lo sciacquone


Rileggendo alcuni miei post mi rendo conto di quanto possa apparire obsoleto ed incapace nei confronti di ogni nuova tecnologia a chi mi legge. In realtà continuo a coltivare l’illusione di non essere io il dinosauro, ma piuttosto il progresso a non avere sufficienti note esplicative.
Il Geberit (pronuncia: ghèberit) è presente ormai in tutte le case e il mio bagno non si è sottratto a questo prodigio della tecnologia del cesso. Il problema è nato quando questo sciacquone moderno a cominciato a perdere. Avete presente quell’insopportabile rumore della goccia? Proprio quel gocciolio rendeva il mio coricarmi più nervoso con l’andare dei giorni, stante anche il fatto che la camera da letto confina con il bagno.
Decidendo di provare a fare il maschio, ho smontato il coperchio. Dopo qualche minuto di attenta lettura delle istruzioni sul pannello che mi era apparso, ho smontato il pannello medesimo, la leva che aziona lo scarico, il perno, parte del galleggiante: li ho esaminati, puliti, rimontati e regolati a dovere. Prima di procedere a rimettere a posto il pannello e il coperchio ho provato ad azionare lo scarico con la levetta: nessun gocciolamento e grande soddisfazione. Il problema è stato che quando ho rimontato i due pezzi mancanti risultava impossibile azionare lo scarico.
Dopo diversi vani tentativi ne è seguito un periodo di tempo in cui, a casa mia, il Geberit è stato senza coperchio ma anche senza gocciolare. Per quanto mi riguardava la questione poteva dirsi risolta con successo se non si fossero verificati alcuni fastidiosi inconvenienti. Mi spiego meglio. Gli ospiti di casa mia si sono divisi, al riguardo, in categorie distinte: quelli che andavano in bagno senza problemi, quelli che chiedevano istruzioni per l’uso, quelli che riuscivano a smontare il meccanismo. Qualcuno commentava divertito la situazione e qualcun altro, forse timido, non tirava l’acqua.
Dopo qualche mese il Geberit ha ricominciato a gocciolare: praticamente continuava a caricare acqua senza soluzione di continuità e, ovviamente, l’acqua in eccesso finiva nel cesso.
Dato che a cento passi da casa c’è un rivenditore di materiale idraulico ho smontato tutto lo smontabile e sono andato a chiedere lumi. È iniziato un via vai infinito: cambiavo un pezzetto, rimontavo tutto, non risolvevo un tubo, rismontavo, tornavo al negozio. Tra il terzo e il quarto viaggio, fortunatamente, l’atteggiamento di un vecchio idraulico che stava rifornendosi al negozio è passato da bonaria ilarità a sincera ed empatica pena.
È venuto ed ha risolto il problema lavorandoci su una buona mezzora.
Non vi annoio con questioni tecniche ma, congedandosi, vi giuro che mi ha detto: “Nun ce la potevi fa’ da solo”.
Lo ho stimato tanto: tantissimo.
Emmevù

http://it.wikipedia.org/wiki/Sciacquone

p.s.: ridateci la catenella di una volta!!!

9 ottobre 2010

la prima vespa rossa



La Vespa Rossa la comprai a metà degli anni 80.
La presi rossa un po’ perché era la più bella e un po’ per ragioni politiche. Il Vespone bianco era, a quell’epoca, targa di ragazzo di destra e non lo ero. Forse, inconsciamente, la verniciatura rosso fiammante leniva sensi di colpa?
La comprai con i soldi miei, ma dovetti convincere mio padre che non era pericolosa.
Dato che stavo per comprare una Moto Guzzi usata però l’avevo precedentemente convinto che le moto erano più stabili e più sicure rispetto agli scooter ruote piccole; pertanto dovetti faticare.
Portai a tesi la comodità del mezzo in caso di incidente: impossibile, contrariamente alle moto, rimanere schiacciati dal proprio stesso mezzo. Vespa da un lato, conducente dall’altro. Sicura. Ebbi il permesso di comprarla. Avevo passato i vent’anni ma, all’epoca, serviva il consenso dei genitori anche per spendere i propri denari.
Altri tempi e altri denari.
Era una Vespa PX 150 col miscelatore, novità dell’epoca, che consentiva di imbarcare olio e benzina separatamente. Non raggranellai abbastanza denari per l’optional della accensione automatica.
Le comprai nuova: la Piaggio, ora come allora, non regala nulla. Ricordo il mio dialogo col concessionario di Trastevere.
Sono due milioni e tre: che optional vuole?
Nessuno.
La ruota di scorta non la vuole?
Perché non è compresa?
No.
Si la voglio.
Specchietti?
Ok: due e cromati.
Portapacchi davanti o dietro?
Entrambi.
Tappetino?
Manco il tappetino è compreso?
No.
Ok: voglio il tappetino.
Due milioni e mezzo ma una vespa rossa, il vespone, sotto al sedere.
La vita davanti. Gioia pura.

4 ottobre 2010

un sorso di cultura


Un idea diversa dalle solite: abbinare libri, chiacchiere e buon vino.
A Roma l'Enoteca di Monteverde organizza incontri con autori di libri. Lo stesso incontro di ieri sarà replicato domenica 10 ottobre.
Tra i cinque libri presenti e presentati anche "Un senso alle cose" di Paolo Scatazi e Marco Valenti.
All'acquisto di uno dei libri viene offerto un calice di vino. Bruschetta e quattro chiacchiere per tutti.
L'enoteca è a Via Ozanam 40 e l'evento parte dalle 18,30 del pomeriggio. Purtroppo il 3 Paolo ed io non abbiamo potuto esserci, per precedenti impegni; il 10 invece saremo lì.
La quota devoluta all'associazione Parent Project Onlus in occasione di questo evento aumenta alla metà esatta del prezzo di copertina.

1 ottobre 2010

scuola



Oggi, primo di ottobre, è S. Remigio. Anni fa era il primo giorno di scuola: le lunghe vacanze estive terminavano il trenta settembre e gli scolari di prima elementare venivano chiamati remigini.
Le cose non stanno più così ma a me piace ricordare quel tempo e oggi, con una vecchia canzone di Eugenio Finardi voglio augurare buona scuola (malgrado tutto) a chi insegna e a chi impara.
Emmevù


Ci dicevano, insistevano, di studiare che da grandi ci sarebbe stato utile sapere le cose che a scuola andavamo a imparare che un giorno avremmo dovuto anche lavorare.


E c'è chi è stato promosso, c'è chi è stato bocciato, chi non ha retto la commedia ed è uscito dal gioco ma quelli che han studiato e si son laureati dopo tanti anni adesso sono disoccupati.


Infatti mi ricordo mi sembrava un po' strano passare quelle ore a studiare latino perché allena la mente a metter tutto in prospettiva ma io adesso non so calcolare l'iva.


Io volevo sapere la vera storia della gente come si fa a vivere e cosa serve veramente perchè l'unica cosa che la scuola dovrebbe fare: è insegnare a imparare Io per mia fortuna me ne son sempre fregato non facevo i compiti, non ho quasi mai studiato. Ascoltavo dischi, mi tenevo informato. Cercavo di capire ed adesso me la so cavare.


Perciò va pure a scuola per non far scoppiar casino, studia matematica ma comprati un violino, impara a lavorare il legno, ad aggiustar ciò che si rompe, che non si sa mai nella vita un talento serve sempre.