marco valenti scrive

marco valenti scrive

27 marzo 2009

La ranocchia



Tra le moltissime cose che circolano in rete una ha attirato fortemente la mia attenzione. Mi ha fatto riflettere a certe notizie dei telegiornali a proposito di mutate condizioni ambientali e climatiche. Per esempio a quei Tg estivi dove si raccomanda agli anziani ed ai bambini di non uscire nelle ore calde per il troppo ozono o alle frequenti restrizioni alla circolazione dei veicoli per la troppa CO2.
Il punto è che, in generale, ci indignamo ormai pochissimo.



“Immaginate una pentola piena d’acqua fredda in cui nuota tranquillamente una piccola ranocchia. 

Un piccolo fuoco viene acceso sotto la pentola e l’acqua si riscalda molto lentamente. 
L’acqua piano piano diventa tiepida e la ranocchia, trovando ciò piuttosto gradevole, continua a nuotare. La temperatura dell’acqua continua a salire. 
Ora l’acqua è calda, più di quanto la ranocchia possa apprezzare, si sente un po’ affaticata, ma ciononostante non si spaventa. 
Ora l’acqua è veramente calda e la ranocchia comincia a trovare ciò sgradevole, ma è molto indebolita, allora sopporta e non fa nulla. 
La temperatura continua a salire, fino a quando la ranocchia finisce semplicemente per cuocere e morire. 
Se la stessa ranocchia fosse stata buttata direttamente nell’acqua a 50 gradi, con un colpo di zampe sarebbe immediatamente saltata fuori dalla pentola. 
Ciò dimostra che, quando un cambiamento avviene in un modo sufficientemente lento, sfugge alla coscienza e non suscita nella maggior parte dei casi alcuna reazione, alcuna opposizione, alcuna rivolta.Se guardiamo ciò che succede nella nostra società da qualche decennio possiamo vedere che stiamo subendo una lenta deriva alla quale ci stiamo abituando. 
Una quantità di cose che avrebbero fatto inorridire 20, 30 o 40 anni fa, sono state poco a poco banalizzate e oggi disturbano appena o lasciano addirittura completamente indifferente la maggior parte delle persone.
Nel nome del progresso, della scienza e del profitto si effettuano continui attacchi alle libertà individuali, alla dignità, all’integrità della natura, alla bellezza e alla gioia di vivere, lentamente ma inesorabilmente, con la costante complicità delle vittime, inconsapevoli o ormai incapaci di difendersi. 
Le nere previsioni per il nostro futuro, invece di suscitare reazioni e misure preventive, non fanno altro che preparare psicologicamente la gente ad accettare delle condizioni di vita degradate, anzi drammatiche. 
Il martellamento continuo di informazioni da parte dei media satura i cervelli che non sono più in grado di distinguere le cose...”
Olivier Clerc, scrittore e filosofo

10 marzo 2009

martedi 10 Marzo "Il gran giorno da una poesia all'altra"

15 novembre 1987

Larghe volute
di fumo azzurrino
disegnano le ore
in una vecchia
campana di luce.

Occasioni perdute
intralciano
il respiro.


piesse

8 marzo 2009

martedi 10 Marzo "Il gran giorno da una poesia all'altra"



In Italia di poesia si parla poco, vende poco, pochissimo si legge e affatto si promuove.

Altrove è, fortunatamente, diverso.

L’associazione francese Printemps des poètes, dal 2 al 15 marzo, sotto il patrocinio tra l’altro , del ministero della cultura francese e del ministero dell’educazione nazionale lancia l’iniziativa La primavera della poesia.

In tutta la Francia vengono organizzati eventi di diverso genere nell’ambito di questa manifestazione.

Tra le tante, sarebbe magnifico adottarne almeno una, particolarmente significativa: è la Liberazione della poesia per il 10 marzo,”il gran giorno da una poesia all’altra”.

Si tratta di fare una specie di bookcrossing poetico: a casa vostra, passeggiando per strada, a scuola, nel vostro posto di lavoro, regalate una poesia, scambiate le vostre poesie, speditene una, scrivetene una nel vostro blog, fate scivolare una poesia sotto una porta qui o là, ma regalate una poesia agli altri.

Perché non farlo?

Emmevù

- www.printempsdespoetes.com

6 marzo 2009

parole

Si parla, ci si spiega (o, almeno, ci si prova), si conta il peso delle parole e, a volte, si sbaglia il metro e tocca rincorrere il significato di quello che volevamo dire.
Resta delle parole il peso, sempre, e la responsabilità. Impegnano, significano, non possono essere irresponsabili altrimenti sono stupide.
Se sono leggere necessitano ancor più controllo, padronanza, responsabilità. Perché possono urtare, ferire, far male. Ma anche sorprendere, sbalordire, far sognare. Se serve, se riesce, se c’è un buon orecchio far pensare. Addirittura emozionare.
Dovrebbero essere sempre esatte. Adeguate.
Le parole per me sono importanti.
Ecco.
C’è una canzone che lo dice bene.


Emmevù

http://www.youtube.com/watch?v=57oMTDVSfd8

Le Mie Parole – Samuele Bersani

Le mie parole sono sassi
precisi aguzzi pronti da scagliare
su facce vulnerabili e indifese
sono nuvole sospese
gonfie di sottointesi
che accendono negli occhi infinite attese
sono gocce preziose indimenticate
a lungo spasimate e poi centellinate, sono frecce infuocate che il vento o la fortuna sanno indirizzare
Sono lampi dentro a un pozzo, cupo e abbandonato
un viso sordo e muto che l'amore ha illuminato
sono foglie cadute
promesse dovute
che il tempo ti perdoni per averle pronunciate
sono note stonate
sul foglio capitate per sbaglio
tracciate e poi dimenticate
le parole che ho detto, oppure ho creduto di dire
lo ammetto
strette tra i denti
passate, ricorrenti
inaspettate, sentite o sognate...
Le mie parole son capriole
palle di neve al sole
razzi incandescenti prima di scoppiare
sono giocattoli e zanzare, sabbia da ammucchiare
piccoli divieti a cui disobbedire
sono andate a dormire sorprese da un dolore profondo
che non mi riesce di spiegare
fanno come gli pare
si perdono al buio per poi ritornare

Sono notti interminate, scoppi di risate
facce sopraesposte per il troppo sole
sono questo le parole
dolci o rancorose
piene di rispetto oppure indecorose
Sono mio padre e mia madre
un bacio a testa prima del sonno
un altro prima di partire
le parole che ho detto e chissà quante ancora devono venire...
strette tra i denti
risparmiano i presenti
immaginate, sentite o sognate
spade, fendenti
al buio sospirate, perdonate
da un palmo soffiate

2 marzo 2009

incredibile da un tg

Mi trovo, casualmente, a vedere un telegiornale in televisione. Credete se vi dico che non rammento il servizio. Certamente miserie, ce ne sono tante. Il servizio termina con la speaker che pronuncia una frase. La frase mi ronza in testa, si poggia, fa immediatamente spessore, si presta a dialogo, a scrittura, a blog. Non resisto al porgerla subito. Mi interrogo su chi mai possa essere il giornalista poeta che la ha inserita prima e pronunciata poi ma non è poi davvero importante. Ragiono tra me e me che non spesso capiti che una frase si erga in alcun modo nel piattume deprimente delle notizie. Magari la hanno rubata da qualche parte. La frase è bellissima e ognuno se la può declinare come crede. Ne sono certo. Eccola. Se pensate che stiamo parlando di un tiggì nazionale della sera…

…E il tempo continua a piangere.





emmevù