marco valenti scrive

marco valenti scrive

30 giugno 2014

minoranza silenziosa



Sono stanchissimo ma sono contento di fare sempre parte di una minoranza.
Silenziosa.
Una minoranza (abbastanza) silenziosa.
O minoranza, sempre più minoranza, silenziata.

Di quale minoranza sto parlando?
Parlo di noi, Noi altri.

Noi che…

Uno. Pensiamo con la nostra testa.

Uno bis. Non ci facciamo dettare il pensiero dal Partito, dalle testate (testine) giornalistiche, da Travaglio, da Grillo, da Erri De Luca o dal Manifesto. Da nessuno. 
Con rispetto per tutti, sia chiaro, e considerazione variabile secondo i casi e i comportamenti di ciascuno non ci facciamo supinamente spiegare come dobbiamo pensare. 

Soprattutto non ci convinceranno mai che il web o, molto peggio, i social forum facciano informazione attendibile. Offrono megafoni organizzati senza contradditorio.

Due. Ci formiamo opinioni verificandole con costanza e astio crescente verso un Nuovo pressapochismo da strapazzo.

Soprattutto non ci convinceranno mai che il web o, molto peggio, i social forum facciano informazione attendibile. Non scherziamo!

Sappiamo, solo per esempio, la storia della Tav: è solo un esempio. Non mi pare che dietro gli slogan ci sia una gran conoscenza dell’argomento. 

Gli slogan sono belli; alcuni sono splendidi; che ci sia qualcosa dietro uno slogan e che si studi questo qualcosa prima di adoperarli è fortemente consigliabile.

Proteste:
 consapevoli e informate 
o generiche e indottrinate?


Soprattutto non ci convinceranno mai che il web o, molto peggio, i social forum facciano informazione attendibile. Orienta proteste e appelli di facile "appeal". C'è un caso limite in cui ti lascia spiegare le cose con soli centoquaranta caratteri.


Tre. Non ci interessa (perché ci sta stretto) l’orgoglio gay. Siamo un po’ più in là ed è da un po’ di tempo che diciamo che le pari opportunità sono altro dalle quote rosa di cui farsi vanto come un fiocco o una medaglietta.
Un poco più avanti di una retorica gridata e pervicace.


Servirebbe occuparsi della diversità di genere, delle unioni civili, delle opportunità uguali per ogni cittadino. Servirebbe partissimo tutti con le stesse possibilità nella gara della vita e che fossimo tutti assistiti alla stessa maniera. 
Pari opportunità tra il figlio di un disoccupato nullatenente e il figlio di un ricco; tra un anziano malato povero e un vecchio malato milionario.

Soprattutto non ci convinceranno mai che il web o, molto peggio, i social forum facciano informazione attendibile: scarica la coscenza di chi condivide cose buone facili da condividere.

Quattro. Anche infastiditi da un pianificato e orchestrato e bieco “tutti contro tutti” ci muoviamo incapaci di dare voce ai nostri pensieri ma ostinatamente continuiamo a ragionare.

Soprattutto non ci convinceranno mai che il web o, molto peggio, i social forum facciano informazione attendibile. Alimenta il "tutti contro tutti", l'isolamento e l'omologazione,

Cinque. Non sapremo mai che personaggio televisivo, quale colore, quale animale, quale gruppo rock siamo perché – fondamentalmente e con rispetto di tutti – in fondo non ce ne frega un cavolo di saperlo e pensiamo che la rete sia diventata il vero oppio dei popoli.

Soprattutto non ci convinceranno mai che il web o, molto peggio, i social forum facciano informazione attendibile. Non scherziamo!

La religione ha fatto un passo indietro e qualcuno ha pensato di colmare lo spazio.

Prevedibile.

Sei. Siamo una specie in via di estinzione perché ostinatamente pensiamo oltre una apparente appartenenza politica rassicurante.
Sappiamo che nessun WWF ci proteggerà e nessuno piangerà la nostra scomparsa.

Siamo la vera minoranza silenziosa e silenziata da questo sistema.

Soprattutto non ci convinceranno mai che il web o, molto peggio, i social forum facciano informazione attendibile. Non scherziamo!

Sette. Non siamo organizzati e non siamo rappresentati. Spesso siamo dipinti come il problema, il vecchio che resiste al nuovo che avanza, non usiamo la k al posto del ch.

Otto. (la numerazione è posticcia e un po’ buttata lì: è un po’ voler sottolineare dei punti dentro degli appunti. Appunto) Siamo obsoleti e preferibilmente destinati a scomparire, il nuovo ci sostituirà.
Il nuovo è bello, apparentemente efficiente, veloce, propositivo e costruttivo e – soprattutto – politicamente corretto.
La sua vittoria è talmente certa che i bookmakers non prendono puntate.
Ma non ce ne andiamo. 
Anche quando con stizzita cortesia ci invitano a farlo non ce ne andiamo. 

Rimaniamo come il controbuffet della vecchia e ostinata zia zitella che non tira le cuoia. 
Lì.

Non ci daranno voce. 
Eco. 
Dovremo essere saltimbanchi della verità a prescindere dalle apparenze fatte legge. 
Non ci sottrarremo. 
Resteremo lì come un tarlo sordo a rodere quel suono finalmente rassicurante. 
Saremo lì quando ti faranno pensare che ogni casella – finalmente e per grazia divina – è andata a posto a dirti che no, non è così scontato come ti stanno dicendo. 

Scegli pure il tuo colore, che animale sei, che gruppo sanguigno hai su face book.
Accomodati. 

La pillola rossa offre altre prospettive e noi – fortunatamente o meno lo dirà la storia – abbiamo assunto quella.

Onestamente non so quanti si accorgeranno del nostro passaggio ma son pronto a testimoniarlo ogni giorno e al di là di appartenenze e presenze stantie e muffe.

Decodificatemi se non ho brillato per chiarezza o, semplicemente, girate la testa.


Soprattutto non ci convinceranno mai che il web o, molto peggio, i social forum facciano informazione attendibile. Non scherziamo!




Kullu masbut



29 giugno 2014

vorrei comprare una strada



Ci sono canzoni che assumono significati personali, privati. Ci sono pezzi di molti anni fa che tornano alla mente. Ci sono brani da poter scoprire o riscoprire e date nelle quali vale la pena tirarle fuori.

Era sul volo Air France da Buenos Aires.

Non mi scorderò mai il momento nel quale lo venni a sapere.
Seduto a tavola, fuori casa, fuori città; un ristorante che guardava il mare, amici; notizie, telefonata, lei? sicuri? c'era? è certo che non ci siano superstiti? Telefonata ad una amica giornalista che non era venuta a cena per seguire gli sviluppi della notizia. Conferme. Una sigaretta fuori dal ristorante. Rabbia e dolore.

Questa canzone la ha scelta e la ha cantata con noi nel concerto di Roma. Quello della locandina.
Oggi sarebbe stato – è – il suo compleanno.
Auguri, Claudia.

Marco


“Vorrei comprare una strada” New Trolls.


vorrei comprare una strada nel centro di nuova york
la vorrei lunga e affollata di gente di ogni eta'
e tanta luce nei buffi tubi di vetro colorato
una fontana con mille bambini che giocano
un gatto grigio che scalda assonnato il suo angolo
e voli alti contro i colori dell'arcobaleno
e al tramonto vorrei sedermi all'ombra di un grattacelo
fino a che io sentiro' una voce che mi dira'
scusami william mi spiace




per te ma e' la fine.

22 giugno 2014

Bottega Glitzer!



BOTTEGA GLITZER

Mi trovo nel quartiere dove vivo, Montesacro, a Roma, seduto sui gradini di una scalinata. Qui hanno chiamato la manifestazione, gratuita, “Musica da gradino”.
È il 21 giugno, la festa europea della musica, e in strada – tra altri – si esibiscono i “BOTTEGA GLITZER”.
Non li ho mai sentiti prima. 
Sono bravissimi e mi diverto un sacco.

Dopo l’esibizione compro il loro disco. 
Si chiama “ding!”.
Il giorno dopo lo ascolto e li trovo ancora più bravi.
Perciò mi faccio fan della loro pagina face book
Perciò vi invito ad ascoltare il loro pezzo, in italiano, con un video molto carino. Cantano anche in inglese, soprattutto, e in francese e in tedesco.
Però!
Non sono deliziosi?





Nadja Maurizi: voce, chitarra, organetto
Giorgio Maria Candemi: chitarra elettrica
Carmine Iuvone: basso, contrabasso
Matteo Scandicchio: piano, fisarmonica
Federico Leo: percussioni

13 giugno 2014

il lato francese delle ostriche

Il lato francese delle ostriche...



Ho già parlato di ostriche e ho raccontato del banco del pesce in un mercato vicino casa e di come ho accompagnato le sue ottime ostriche di Anzio.
Spingete su clic e potrete ripassare anche l’abbinamento.

Un po’ di tempo fa ho scoperto che il medesimo spacciatore ha arrivi settimanali di ostriche dalla Bretagna e dalla Normandia.

Il sito ufficiale della Francia (tanto per sottolineare che su un bel po’ di cose sono più avanti di noi) vi spiega meglio di quanto potrei fare io le diverse caratteristiche e tutte le zone di produzione.
Concedetevi un secondo CLICK.

Mi sono procurato dieci ostriche: quattro normanne e sei bretoni.

Avendo in casa dei fiori di sale di Noirmoutier (che è in Vandea – altra zona di ostriche) ci ho lavorato del burro con un trito di prezzemolo. Spalmato su crostini di pane caldo avrebbe accompagnato le ostriche.




Serviva il vino. 
Desideravo che fosse d’oltralpe come il sale e le ostriche e sono tornato dagli amici di Organic%l, enoteca di vino biologico.




Anche se loro sanno della mia preferenza per i bianchi fermi insistono (quando dopo lunga discussione siamo in finale) per un leggero perlage che smorzi appena il grasso del burro e delle ostriche.

Muscadet. 
Ci attestiamo vicino Nantes, vicino a Vallet. 
Non siamo tanto distanti dall’isola di Noirmoutier da dove viene il sale. Siamo tra il fiume e l’oceano. 
Viti di più di 40 anni, solo fertilizzanti organici. 
Perlage leggero e a grana finissima. Colore giallo paglierino. Profumato di fiori più che di frutta, appena agrumato. Sapido e persistente.

Mi hanno anche spiegato che “sur lies” sta per “sulle fecce”. Trattasi di una alternativa al metodo di affinamento in bottiglia e che la feccia è, in questo caso, formata dai lieviti dopo la loro attività di fermentazione: se dovessi spiegarmela direi residui di lieviti morti. 
Probabilmente detta così non è elegante ed è poco corretta ma il concetto è quello. 
Le cellule morte dei lieviti cedono ancora qualcosa al vino prima che sia imbottigliato.

Un crostino imburrato, un’ostrica, un sorso di Muscadet Sèvre  & Maine sur lie 2011.
Si inseguono, si contrappongono e si esaltano. Ti lasciano prendere tutto il tempo che desideri tra un gesto e il successivo.
Fanno festa insieme, si corteggiano.
Le ostriche scelte sono carnose, grosse, profumate e saporite oltre ogni immaginazione.
Mentre le proviamo sappiamo che fino a due giorni prima erano vive nell’oceano francese.



Prima dell’ultima ostrica osiamo lasciare il Muscadet e cambiamo registro. Chiamiamola una botta di coraggio che ha funzionato. Premeditata e riuscita nel nostro caso ma consigliata soltanto se si ha voglia di lavorare sugli abbinamenti per contrasto.

Sauternes Aoc Chateau Haut-Monteils 2003 

Domaine de Monteils.

Il Sauternes è un vino dolce che non ha simili tra gli altri vini. Con grossolana approssimazione potrei parlare di alcuni passiti siciliani, magari di Lipari, ma solo perché mi concedo di essere grossolano e pressappochista.


Il dolce del vino smorzava magnificamente il sale del burro e dell’ostrica così come prima il Muscadet l’aveva esaltato e accompagnato in modo trionfale. 

Coppie diverse ma ugualmente affascinanti: una sincronizzata in un valzer perfetto e l’altra a meravigliarti con un rock acrobatico.


A misfatto compiuto, sorpreso del risultato straordinario mi sono tuffato nel web perché qualcuno riuscisse a spiegarmi la meraviglia che ci aveva preso con l’accostamento tra il dolce liquoroso del Sauternes e il sapore del burro salato e quello dell’ostrica. Con un certo orgoglio vi mostro una cosa che ho trovato nel selvaggio web:

http://www.coquinaria.it/archivio/vino/abbinamenti/contrasto.html

Non è stata una cena economica dato che considerando anche il Sauternes siamo andati oltre i 50 euro. Considerando che il Sauternes lo abbiamo ammortizzato, ovviamente, nel tempo quel che posso dirvi è che a conti fatti siamo stati trattati meglio che in molte trattorie.

Quando si parla di cibo e di vino da un certo livello in su bisognerebbe saper usare quelli che vengono definiti descrittori: parole comunemente condivise per raccontare alcune sensazioni provate. 

Mi scuso per il mio grossolano lessico ma vi auguro una esperienza analoga a quella che vi ho appena accennata.




9 giugno 2014

il nome del figlio




Il nome del bambino


Ci sono casi nei quali il nome di un figlio è già stato scelto prima della sua nascita. A volte rapidamente e altre dopo lunga consultazione. 
Per altri bambini si aspetta di vederli in faccia e durante i nove mesi di gestazione vengono indicati con nomignoli affettuosi. Quando la creatura viene al mondo si ragiona per un po’. Arrivati alla registrazione anagrafica una decisione purchessia la si deve prendere.

Nel caso del mio ultimo libro non c’è stato titolo finché lo stavo scrivendo ed è stato presentato ai potenziali compratori, Editori, con un nome carino ma non definitivo.

A contratto (digitale) stipulato papà Scrittore e mamma Editore stanno vagliando le possibilità: c’è ancora tempo prima del battesimo e comunque siamo alle semifinali. Parecchi nomi sono stati eliminati.


Il bimbo è bello e sano e comunque vada avrà successo in società.

Del battesimo, ovviamente, avrete notizia 
e sarete tutti invitati al debutto in società. 
E' gradito 
il possesso di un lettore di ebook.

7 giugno 2014

Spada pomodorini capperi e menta e vermentino



Una fioriera del giardino vede il basilico stentare malgrado ne abbia messo a dimora diverse piantine di differenti qualità. 
Tra le cause, oltre ad animaletti ghiotti delle sue foglie profumate c’è una menta rigogliosa e spontanea che sale e leva luce al mio basilico.
Sfortunatamente per la menta mi piace molto e ne faccio usi svariati tra i quali insaporire caraffe di tè freddo. 
È un’ottima menta selvatica.

Ne ho sminuzzato un po’ di foglie, ci ho unito una manciata di capperi siciliani dopo averli sciacquati dal sale di conservazione e un po’ di pomodorini ciliegino (di quelli col sapore di pomodoro, gustosi e maturi).

Trovare pomodori saporiti non è più una cosa scontata. Purtroppo.

Avevo trovato un bel pescespada e ne avevo acquistato due tranci. Mi ritrovato con le idee chiare e gli ingredienti giusti.
Ho messo le due fette di spada in una padella antiaderente cosparsa di sale fino e dopo averlo rosolato da ambo i lati ci ho aggiunto una manciata di pomodorini tagliati e un filo d’olio.
Dopo pochi minuti ho girato le fette di pesce e aggiunto un bicchiere di Vermentino, i capperi e un po’ di menta tritata.
Quando la salsa si stava amalgamando ho abbassato la fiamma al minimo, girato nuovamente il pesce e coperto la padella.
Quasi a fine cottura ancora pomodorini, altre menta e una spolverata di peperoncino.
Peperoncino e menta si odiano e si completano facendosi la guerra: basta azzeccare le quantità.
L’umido della salsina ammorbidisce il primo impatto del pesce con la griglia bollente.



Ci abbiamo bevuto un Vermentino DOC della cantina Santa Maria La Palma, Alghero, 12 gradi dal profumo vinoso e intenso, secco come piace a me ma morbido nel gusto: alla fine della cena era un buon ricordo.


Il vermentino è un vitigno e un vino.
 In Sardegna c’è quel di Gallura che da vini più adatti all’invecchiamento, un po’ più ambrati e con maggiore gradazione alcolica e quello di Sardegna e basta. 
Quest’ultimo ha il suo bel disciplinare, un colore giallo paglierino che può avere riflessi verdolini, e lo si può trovare anche in versioni frizzanti.
Con il pesce saporito rende, a mio avviso, più gradevole il pasto. Quello che vi ho suggerito è stata una cena con i fiocchi.



6 giugno 2014

Reati di opinione, alta velocità e scrittori famosi


Reati di opinione, alta velocità e scrittori famosi.

A mio avviso
nessuno scrittore italiano vivente ha la stessa padronanza del linguaggio e la stessa capacità di narrare evocando e muovendo sentimenti e suggestioni profonde più di Erri De Luca.

Con alcuni suoi libri mi sono perduto, commosso, indignato e mi hanno reso felice.

A mio avviso
essere politicamente corretti sempre è una fesseria mentre professare le proprie opinioni a prescindere dalla direzione del vento è un vanto e un onore di chi ha coraggio e convinzioni.

A mio avviso
le istituzioni in quanto tali meritano considerazione, Magistratura inclusa, e nessuno è colpevole prima di una condanna.
Non intendo
entrare nel merito della TAV dato che la quantità di persone che ne parla diffusamente (spesso senza avere informazioni complete e corrette) è già altissima.

Ciò detto
invito chi mi sta leggendo ad un grande sforzo di immaginazione nel proseguire la lettura.


4 giugno 2014

il giudizio prossimo venturo




La valutazione

Si parla di valutare le prestazioni dei lavoratori per poi, in base agli esiti della valutazione, attribuire loro maggiori o minori emolumenti. Se sono stati bravi promuoverli, pagarli meglio degli altri, valorizzarli.

Chi non deve essere giudicato applaude e pregusta l’annunciata prossima fine di fannulloni e ladri di stipendio. Rammenta il Tale impiegato postale, o comunale, indolente e pachidermico, scortese ed esasperatamente lento e lo immagina finalmente penalizzato da un Sistema giusto che premia ma sa anche punire.
Monta un’onda popolare che plaude. 
"Sì: finalmente! Si premi l’efficacia e l’efficienza dei volenterosi e si combatta e reprima l’indolenza di chi, dietro lo schermo dell’impiego a tempo indeterminato, non produce e reca danno a quello che sarebbe un Paese gemma tra tutti se non fosse per quelli come lui".

Qualcuno tra quelli che ha il cosiddetto posto fisso rimane perplesso. 
Qualcuno dice di no a prescindere (senza se e senza ma) e parla di perdita di diritti acquisiti.
Il terreno diventa scivolosissimo e il confronto si radicalizza. Si perde il senso del ragionare. 
Ci si divide, come al solito, tra Guelfi e Ghibellini.



Chiediamoci quale sia il senso dell’operazione evitando la tentazione di credere che il motivo sia quello di dividerci un’altra volta in modo radicale.

Il senso non può che essere quello di premiare il merito e stimolare chi non produce abbastanza a fare meglio. Non sprecare risorse economiche dandole a chi non le merita e quindi, magari, razionalizzare e risparmiare.

Convenuti su questa posizione proviamo a fare un piccolo passo in avanti.

Ci sono casi che almeno in apparenza sono semplici. 
Se tu e io avvitiamo bulloni e nello stesso periodo di tempo io ne avvito la metà di te non è giusto che prendiamo gli stessi soldi: tu sei più produttivo, capace, dotato ed è giusto che tu possa godere dei benefici economici superiori ai miei.
Oddio. Però magari tu sei più furbo e li stringi un po’ meno di me ed è per questo che imbulloni più di me e andrebbe considerato anche questo. 
Non sottilizziamo e andiamo avanti.

Se già ci spostiamo ad un lavoro la cui produttività non prescinde dal rapporto con terzi (una clientela per esempio) già c’è un parametro che ci differenzia dai due che avvitano bulloni. 
Nello stesso periodo di tempo tu magari fai il doppio di quello che faccio io ma hai collezionato la metà dei rompiballe con cui ho avuto a che fare io. 
È soltanto un esempio sciocco, ovviamente, ma è un elemento di riflessione. 
Entra in gioco la soddisfazione del cliente o dell’utente. Magari anche a lui sarà chiesto di valutarci. Magari però, come detto nell’esempio, i miei clienti-utenti sono più esigenti o suscettibili o permalosi di quelli che sono capitati a te.

E se i clienti sono malati da guarire? 
Se sono ragazzi da educare? 
Le cose si complicano ulteriormente. 
Ci sono patologie più o meno complesse e ci sono giovani in età scolare estremamente differenti.

Serve 
una valutazione 
oggettiva.

Allo stesso modo servirebbe una valutazione oggettiva delle malattie da curare o delle prestazioni scolastiche degli studenti. 

Il progredire delle condizioni del malato o dello scolaro a loro volta sono fortemente legate dal loro punto di partenza. 
Un malato grave. 
Un bambino difficile con difficoltà psicologiche o patologiche di apprendimento. 
Il medico deve poter curare bene e non deve dimettere un paziente non perfettamente guarito. 
Un maestro deve insegnare e poter giudicare promuovendo, rimandando o bocciando.

E se si giudica un medico dai malati guariti o un maestro dai voti che mette? 
Sarebbe fuorviante. 

Sarebbero bulloni avvitati male. 

Altrettanto semplicistico e fuorviante giudicare la bontà del lavoro di un insegnante dal risultato ad un test dei propri scolari: così come in un esempio precedente non si teneva conto della quantità dei rompiscatole capitati a me più che a te dal test scolastico non uscirebbero fuori le difficoltà, palesi o latenti, di apprendimento dei bambini.

In qualche scuola d’elite i bambini in difficoltà, ancorché solventi, non li prendono perché non abbiano a rallentare l’apprendimento degli altri.

Con questo che vorrò dire mai? 
Che non si può valutare il lavoro di un dipendente pubblico?

No: non intendo dire affatto questo.

La valutazione è una cosa seria e complessa. Non la si può meccanizzare e non la si può banalizzare. Non può neanche essere fatta secondo simpatie. 
Non può neppure partire da una tesi precostituita o imposta 

(per esempio ridurre e tagliare).

Deve essere professionale, efficace ed efficiente a sua volta, e indipendente da chi la paga.

Qualcuno 
si sta domandando 
cosa significhi 
indipendente da chi la paga.

Ah, scusatemi: 
non ve lo avevo detto?

La valutazione fatta come si deve costa. 
Uno che valuta non è un volontario. 
È un professionista. 
Costa.

Una valutazione accurata sintetizza ma non semplifica.

Se è di questo che stiamo parlando non c’è nulla da temere per chi svolge con impegno il proprio lavoro.





Perché è di questo che stiamo parlando: 
o no?

1 giugno 2014

Sotto le stelle del jazz

Paolo Conte.

Capita di ascoltare le sue canzoni spesso e, a volte, sentire la voglia di condividerle.

Di getto.

Sotto le stelle del jazz.

Felice estate a tutti.




Certi capivano il jazz l’argenteria spariva.
Ladri di stelle e di jazz così eravamo noi, così eravamo noi

Pochi capivano il jazz 

troppe cravatte sbagliate…

ragazzi-scimmia del jazz 

così eravamo noi, così eravamo noi

Sotto le stelle del jazz, 

ma quanta notte è passata…

Marisa, svegliami, abbracciami: è stato un sogno fortissimo.

Le donne odiavano il jazz 

“non si capisce il motivo”

du-dad-du-dad 

Sotto le stelle del jazz 

un uomo-scimmia cammina,

 o forse balla, chissà du-dad-du-dà


Duemila enigmi nel jazz ah, 

non si capisce il motivo…

nel tempo fatto di attimi e settimane enigmistiche…