Mentre impazzano polemiche nel Paese, da una settimana gira per il web un sonetto che viene attribuito a Giuseppe Gioacchino Belli – (Roma, 7 settembre 1791 – Roma, 21 dicembre 1863) che trovo divertente e tristemente appropriato ai tempi che stiamo vivendo.
Mi è venuta la curiosità di cercarlo (alcune cose non mi quadravano) e la notizia è che tra i sonetti del Belli non c’è: probabilmente è un falso, delizioso, che sono convinto il poeta avrebbe gradito e che lo avrebbe visto farsi un bella risata.
Credo sia sempre opportuno verificare le fonti prima di divulgare e attribuire frasi (ma questo potrebbe essere un altro discorso e portarci molto ma molto lontano).
Ignoro chi sia l’autore della bufala, mi complimento, e mi unisco a quelli che hanno riportato i suoi versi.
Emmevù.
Mentre ch’er ber paese se sprofonna
tra frane, teremoti, innondazzioni
mentre che so’ finiti li mijioni
pe turà un deficì de la Madonna
Mentre scole e musei cadeno a pezzi
e l’atenei nun c’hanno più quadrini
pe’ la ricerca, e i cervelli ppiù fini
vanno in artre nazzioni a cercà i mezzi
Mentre li fessi pagheno le tasse
e se rubba e se imbrojia a tutto spiano
e le pensioni so’ sempre ppiù basse
una luce s’è accesa nella notte.
Dormi tranquillo popolo itajiano
A noi ce sarveranno le mignotte
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