Dovendo salutare il duemilaotto mi viene da considerare come, ogni anno, ci culla la convinzione che il prossimo sarà – di gran lunga – migliore per salute, fortuna, amori, denari.
Certamente sarà così; lo auguro a tutti (e a me).
Se impariamo a prendere il buono e a sopportare il resto sarà bellissimo.
Auguri.
“UnSensoAlleCose” ci sarà per tutto il duemilanove.
Prima che – tra poche ore – chiuda la saracinesca dell’anno vi lascio col miglior vino bevuto negli ultimi 12 mesi e con la sua storia
Barolo docg Conca Marcenasco - 2001
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Il nome Marcenasco riferito al vino Barolo deriva dallo storico borgo duecentesco di Marcenascum, (oggi Annunziata, nel comune di La Morra) con castello, Abbazia, territori, insediamenti colonici e vigneti riconosciuti di alto lignaggio e caratteristiche in quanto catalogati e dichiarati in censimenti d’epoca.
La chiesa era dedicata a San Martino, tant’è che l’antico nome alto medioevale del borgo era “Martinascum”.
Nel Rigestum Comunis Albe (il codice parte membranaceo e parte cartaceo nel quale sono trascritti gli atti pubblici ed i fatti avvenuti dall’anno 1026 al 1511 inerenti Alba ed il suo circondario) il riferimento a “pecia una de vinea” nei vari atti di cessione o di inventari delle proprietà in Marcenasco nei secoli XII° e XIII° è continuo.
Marcenasco, attuale territorio facente capo alla frazione Annunziata di La Morra, era famoso per le sue vigne di “Nebiolium”, vitigno mobilissimo in quei lontani tempi, come testimoniano gli statuti di La Morra (Ius municipalis loci Murrae redatti in epoca antecedente il 1500) tanto da meritare particolari citazioni e protezioni.
Dalle uve del vitigno Nebbiolo si ottiene, nella zona, il vino Barolo, che a seconda dell’origine circoscritta a varie sottozone assume caratteristiche peculiari. E’ appunto il caso del Marcenasco.
Il monastero produce vino Barolo e dopo vicissitudini varie (soppressione nel 1652 da parte di Papa Innocenzo X rimessa per la fama del vino prodotto: soppressione napoleonica del 1801, ritorno dei monaci francescani nel 1817, soppressione definitiva con le leggi Siccardi a metà del secolo scorso) dalle antiche Cantine dell’Abbazia dell’Annunziata Renato Ratti, nel 1965 riprende la produzione del vino Barolo identificato con lo storico nome di Marcenasco perché tale è il riferimento come circoscritta.
Il vino proviene da un’area a vigneto con esposizione sud est, sud, sud ovest. All’interno di questa zona sono estrapolate le produzioni dei vigneti della Conca dell’Abbazia e delle Rocche: Conca in posizione sud-est, sud, mentre Rocche in posizione sud, sud ovest.
L’unicità dell’origine, con i vigneti tutti ad una altitudine variante da 240 a 290 metri sul livello del mare in terreni geologicamente appartenenti al Tortoniano, unita ad una tecnica di vinificazione precisa e accurata, evidenziano nel vino eleganza e longevità.
La fermentazione tumultuosa avviene in recipienti di acciaio inossidabile, capacità di 50 o 100 hl e in media il tempo occorrente è di otto, dieci giorni, con le bucce in movimento per rimontaggio e quindi con estrazione di sostanze tanniche e coloranti in maniera costante e normale.
La temperatura è controllata e non può superare i 32 gradi C. Dopo la svinatura il vino viene travasato in recipienti di rovere dove ad una temperatura di cantina di 18-20 gradi centigradi si sviluppa la fermentazione malolattica della durata di circa due mesi. I normali travasi per separarlo dal deposito sono compiuti periodicamente e per due anni il vino rimane nelle botti.
Viene successivamente riposto nei contenitori di acciaio e imbottigliato. Le bottiglie sono conservate in cantina per un giusto periodo di affinamento.
Il limitato periodo di maturazione in botti permette di mantenere la fragranza ed il fruttato iniziale; l’immediata sistemazione in bottiglie consente uno sviluppo di eleganti profumi; la vinificazione appropriata concede un esatto equilibrio fra tannino e struttura che esalta la sensazione di vellutata persistenza.
Il vino Barolo Marcenasco, (Marcenasco, Marcenasco Conca, Marcenasco Rocche) ha così una sua particolare classe ed eleganza che risalta e risplende ovunque
le cose ci sono, sono lì a rispondere ai nostri sguardi più o meno sicuri, alle domande che non facciamo e nemmeno sappiamo, a salvarci e a condannarci: sempre e pur tuttavia solo cose. Sarebbero chiare se noi non fossimo così confusi. Non sono le cose a comandare ma l'atteggiamento che abbiamo noi di fronte ad esse. Come ci poniamo, come scegliamo se parlare o meno e cosa dire e cosa tenere per noi e non condividere. Cosa lasciare andare.
auguri e barolo ai due autori di 'un senso alle cose': qualcosa di bello da portare nel 2009. grazie per quello che avete scritto e per quello che scriverete!
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