Sono un viaggiatore imperfetto.
Sono imperfetto e sono ansioso. So bene di non essere il solo e di essere in buona e numerosissima compagnia.
Molti fingono (come me, del resto) calma e self-control. Ostentano certezza nei loro sorrisi appiccicati al check-in.
Sembrano impassibili al gate come nel cercare il proprio posto sulla carrozza del treno o in fila per il traghetto.
Mentono.
Mentono sapendo di mentire e sanno bene, in cuor loro, di essere viaggiatori imperfetti, approssimativi, infelici ed ansiosi.
Io ho una arma in più: l’onestà di questa liberatoria confessione.
Confessione piena e senza reticenze che rendo qui, nel blog, e che non cerca comprensione né espiazione.
Non c’è redenzione per chi è costretto dalla propria indole a rimanere viaggiatore imperfetto e ansioso.
Li vedo.
Continuamente.
Per esempio quando cercano il biglietto.
Lo palpano nella tasca.
Lo sentono ma non gli basta.
Lo dico prescindendo dai loro sorrisi soddisfatti. Stereotipati sorrisi di circostanza per sembrare quei frequent flyers che non saranno mai o quegli habitue delle sovrane ferrovie.
Fingono.
Lo so perché sono il primo a farlo.
Riconosci il loro sguardo bovino e la loro pupilla vagamente dilatata. Se la ri-conoscenza è reciproca, a volte, scatta un timido sorriso di complicità.
Tra entrambi imperfetti fruitori di viaggi ansiosi.
Cercano il biglietto, ad esempio, lo trovano tastando con la mano ma non gli basta sapere che non lo hanno dimenticato né sapere dove sia.
Fremono il ripassarlo con lo sguardo.
Vogliono creare un contatto rassicurante, visivo, col biglietto.
Lo hanno visto nascere, poggiarsi vicino al trolley, cercarvi il pertugio più appropriato alla bisogna, cambiare posto per essere ancora più pronti (che manco un pistolero con la sua colt) ma non gli è bastato…
Restano lì a desiderare di rivederlo ancora.
A cercare una rassicurazione da esseri pronti.
Sanno che “essere pronti” è una categoria mentale a cui possono solo ambire.
Roba di kharma e ricerca del se.
Infinito percorso senza esiti.
Riconosci l’imperfetto viaggiatore tra altri.
In aeroporto o in stazione è indifferente.
Allora ti viene voglia (ma è un attimo subito represso) di chiedere se anche lui ha sudato nel fare la valigia mettendo (a palla) una musica anti ansia o se si sta chiedendo, come te, se la bustina con gli effetti personali passerà il varco elettronico se in aeroporto.
Questione di centilitri.
Se dovrà levarsi le scarpe perché suoneranno come campanelle natalizie.
Se in stazione, invece, ti chiedi sa anche lui tema che all’ultimo minuto il treno annunciato arriverà ad un altro, lontanissimo binario, e se il posto assegnato (che ripassi come un mantra) ci sarà e sarà libero.
Ahhh…
Si.
Eccolo lì che ripassa tra le mani il proprio biglietto.
Un altro come me. Sconosciuto, servo di ansie da departures.
Ciao fratello.
Scriverò post per te.
Per te come per me.
Siamo soci dell’ansia da viaggio. La esportiamo in pianificazione di viaggio, in stazioni in giro, in alberghi, in ogni piccolo pezzo di quella avventura incerta che è l’andare in viaggio.
Siamo imperfetti perchè non siamo viaggiatori, abbiamo radici salde e resistenti che ci legano, per fortuna, al suolo, all'aria che respiriamo, alla vita che abbiamo costruito. IL vero viaggiatore non ha patria, non ha terra, non ha cielo, ascolta senza sentire e percepisce il mondo che sfiora, lo descrive bene con mille parole ma non sa quale sia il suo, la vecchiaia lo porta poi, per inerzia, a posarsi ovunque e morire insoddisfatto e incerto per il luogo che non gli appartiene e che non gli apparteneva neanche prima.
RispondiEliminaIl viagiatore è un misantropo, partecipa non vive. solo chi porta le radici altrove è un viaggiatore. Sembra un ossimoro, ma no lo è.
Anch'io frugo nella tasca alal ricerca perpetua del biglietto. Cerco perchè non sono io 'gli altri' e sopratutto gli altri non sono 'me'. Sono straniero in terra straniera, non accolgo e non vengo accolto, sono quello che ho e non quello che sono, son un biglietto aereo, sono una ricevuta di bagaglio, sono un gate e nulla più.
Continuiamo a ruotare attorno all'arancia con l'equatore ma senza sapere che i confini sono il suo essere arancia schiacciata ai poli.
E non serve a volte prendere un aereo.
A volte è sufficiente un ascensore.
Diogene era molto più concreto di noi.
ormai non so quante volte che torno ad amsterdam sia in macchina che in aereo e ogni volta mi viene un attacco d'ansia!!!
RispondiEliminacosì come prima di partire...non ne ho più voglia, sarà l'età matura????? quando ero ragazza non mi succedeva mai
Ho cominciato a sorridere quando ho iniziato a leggere queste tue parole "Io ho una arma in più: l’onestà di questa liberatoria confessione.
RispondiEliminaConfessione piena e senza reticenze che rendo qui, nel blog, e che non cerca comprensione né espiazione", per poi ridere col sonoro quando dici "Li vedo.
Continuamente. Per esempio quando cercano il biglietto. Lo palpano nella tasca. Lo sentono ma non gli basta", rifletto leggendo "A cercare una rassicurazione da esseri pronti.Sanno che “essere pronti” è una categoria mentale a cui possono solo ambire. Roba di kharma e ricerca del se.
Infinito percorso senza esiti".
Per me è liberatorio leggerti e leggere questa tua liberatoria confessione! Dio mio, anch'io in quasi un anno di blog, ne ho tirato fuori di confessioni liberatorie!
Dato che ci siamo potremo creare un clan...anch'io sono tra quei viaggiatori, mi rivedo quando temo di aver dimenticato a casa il biglietto e lo cerco in continuazione, poi lo tengo tra le dita, lo sposto nella tasca del giubbotto, lo riprendo tra le dita, lo infilo nella tasca del trolley e poi e poi...che stress...per concludere che l'origine dell'ansia è da attribuirsi a quei dannati 10 minuti di ritardo nel volo!
Ma mica finisce lì, la cosa si complica se devo custodire anche il biglietto del rientro, la ricerca continua in albergo con relativa caccia al tesoro, ohps, al biglietto, di tanto in tanto riprendo a frugare tra le tasche della valigia e le tasche del giubbotto!
Fin tanto che, una volta che rientro dal viaggio, non mi rendo conto che mi sono affezzionata così tanto a quel pezzo di carta sgualcita(il signor biglietto), che decido di conservarlo nel cassetto del mio comodino tra le carte e le cose e micro-oggettini souvenir, apparentemente inutili, ma che mi ricordano qualcosa o qualcuno!
Certo che siamo proprio strani...ma è anche bello non essere tutti uguali e precisi!
si!!!
RispondiEliminaLA cosa più bella quando fai certi piccoli racconti è proprio la "comunanza" tra tanti...
:-)
...lo dici a me? Io per prendere un treno sono capace di muovermi quattro ore prima per fare un percorso che tra auto, piedi e metro impiegherebbe al massimo un'ora e mezza.. ;)
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