marco valenti scrive

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18 luglio 2009

nonnototò parte prima


Nonnototò disse: “Piove.”
Parlò con voce bassa, calma, guardando tranquillamente il muro, stando quasi su un fianco, a letto.
Disse piove mentre fissava il calendario sul muro di intonaco un po’ ingiallito di quando, meno vecchio e più sano, fumava di gusto nazionali senza filtro perché una sigaretta, si sa, aiuta a digerire.
C’è sempre qualcosa dura da digerire, c’è sempre da digerire la vita e che lui avesse avuto una digestione difficoltosa e lunga - o un pranzo particolarmente pesante - lo si poteva leggere nelle rughe che gli scolpivano la faccia come le mille sofferenze nelle linee delle mani.
Guido, più giovane di molto più che vent’anni, Guido appena uomo gli stava seduto di fronte, su una sedia impagliata, tenendosi le ginocchia con le mani, le lunghe dita aperte. Se le guardò e vide che erano bianchissime, pallide più che mai, e che nel loro chiarore gli si potevano contare tutte le vene azzurrognole e che le nocche erano arrossate per lo sforzo inutile di tenerle così serrate.
Bianco delle mani, rosso della tensione, vene che pompano in verdazzurro.
“Io lo sento quando piove. Vedi Guido, ci sono cose che un vecchio come me non gli serve, non ha bisogno di vederle”. La sua voce diventava un filo più sottile.
“Dentro la capa. Non mi serve a vedere più nulla ‘che ho tutto dentro, già dentro la testa. La testa.”

da "cometa e bugie" 

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