marco valenti scrive

marco valenti scrive

30 dicembre 2013

L'augurio

Dopo anni che faccio auguri in internet e in questo blog avevo pensato seriamente di saltare il giro. Ci ho pensato a lungo e poi ho scritto, riscritto, cancellato, riscritto e cancellato più volte. Quello che segue potrà sembrare banale - mi rendo conto - ma è pesato, meditato, sentito. Sofferto. Personale e universale.

Un

buon anno.

Amici sinceri.

Buona salute.

Onorare impegni.

Costruire qualcosa.

Mantenere promesse.

Conservare sempre il decoro.

Mai smettere di riflettere sulle cose.

Ritrovarsi tra un anno migliori di oggi.

Stile.


Amare.

21 dicembre 2013

Polpette: si. Ma di bollito però.



Polpette di lesso.


L’inverno ha i suoi piatti. 
Tempo di fondute, di polente, di carni bollite.

Ho troppo rispetto delle opinioni altrui per permettermi di parlare di bollito pur avendone studiate diverse varianti. 

Anche nel web troverete moltissimi consigli e ricette. 

Sui tipi di carne per molti vige l’imperativo delle sette carni diverse. 
Tra queste il cotechino e la lingua. 
Io, per esempio non amo la lingua e ne faccio a meno e al cotechino (che mi piace al massimo in compagnia dello zampone e non nel bollito misto) sostituisco pezzi di porco meno grassi. 
Questo mi consente una cottura di tutte le carni nella stessa pentola. 
Metto tutte le carni insieme quando l’acqua è a bollore, le tiro fuori man mano che son cotte e le lascio in una zuppiera con un po’ di brodo bollente e coperte, taglio tutte le carni insieme a cottura ultimata. 

Sulla composizione del mazzetto di erbe, gli odori e le verdure da usare  e i modi di cottura si scontrano scuole di pensiero, tutte degne di ascolto e test pratico. 

Resta l’ovvietà che la qualità delle carni scelte e la cura nel seguirne la lenta cottura, la non abbondanza di acqua rispetto alle carni e un po’ di attenzione ai dettagli fanno la differenza.


Mi fermo. Forse ho detto pure troppo.


Tempo fa ero a tavola in Emilia con delle persone e, come capita, si parlava di cucina. 

Diversi commensali, pur bravi in cucina e buone forchette a tavola, non conoscevano il riuso del bollito avanzato con le polpette.

È in particolare a loro che dedico la mia ricetta – o meglio la ricetta che prediligo – delle polpette di lesso.


Non le preferisco con il pomodoro e non ci metto il trito d’aglio.

Non uso il pomodoro perché non ne vedo la necessità in cottura, visto che trattasi di polpette con carne già ben cotta, e anche perché farle in bianco mi consente di accompagnarle con diverse salse, sia da calde che da fredde.

Non uso aglio tritato ma qui la questione è più semplice: mi torna su. Ne adoro il sapore ma mina qualsiasi rapporto sociale nelle quarantotto ore seguenti l’assunzione. Una vita di rinunce alle bruschette ben strofinate d’aglio. Ci sono disgrazie peggiori. 

Comunque l’aglio copre (maschera) come il peperoncino, come altre spezie. Il mio essere sensibile all’aglio certamente mi devia da un giudizio esatto e me ne scuso. Invito tuttavia a ragionare sul fatto che serva parsimonia nell’uso di odori che possano dominare le ricette che si vogliono sperimentare.

Altro punto importante: così come non si fa il bollito per fare un buon brodo è altrettanto ovvio che non si può fare il bollito per fare le polpette. 
Però c’è bollito e bollito, al punto che qualche purista arriccerebbe il naso a sentir parlare di polpette. 
Mi suggerirebbe di farle con patate lesse e avanzi di altre carni. Gli rispenderei che non posso dargli torto ma che c’è polpetta e polpetta e che quella che mi suggerisce, per me, non è una polpetta di bollito ma un'altra cosa (pur degnissima).


Ingredienti

Carne bollita avanzata;

pane (buono) secco;

brodo del lesso avanzato;

uova;


16 dicembre 2013

Quando il saggio indica la luna lo stolto guarda il dito



"Quando il saggio indica la luna lo stolto guarda il dito.".

O se preferite
“Quando il giusto indica il cielo lo stolto osserva il dito.”
L’etimologia è incerta. Ci sono convinzioni radicate diverse tra loro su come e dove nasca questo detto. Ci ho perso un po’ di tempo salvo poi pensare che non sia particolarmente importante attribuirla. 
Quel che volevo dire è una cosa diversa.

Una volta pensavo che la storia del dito e della luna fosse una fesseria, un esempio sciocco, un paradosso.
Chi può essere così cretino – mi  chiedevo - da guardare il dito del saggio che indica la luna invece di guardare la luna?
 La mia idea al riguardo è totalmente cambiata al punto che penso che a guardare la luna siamo una minoranza.
Intanto quel che succede di fronte ad una affermazione o a una idea espressa è che in tantissimi vanno a guardare chi è stato che la ha detta.

“Giusto, saggio: chi decide se quello che è lì che indica è un saggio? 
Si fa una votazione? 
Qualcuno lo ha nominato saggio? 
Giusto, il giusto, un uomo giusto. 
Mah! 
Allora siccome tu dici che è uno giusto dobbiamo stare qui a sentire tutto quello che dice 
e a guardare tutto quello che indica?”.

C’è un modo semplicissimo di non fare lo sforzo di pensare con la propria testa. 
Se la ha detta Caio è sbagliata; se invece la ha detta Tizio è giusta. Semplice, no?


Tutto quello che dice Tizio, 
che è il kapo indiscusso, 
è giusto; 
non è come Caio che dice solo stupidaggini. 
Noi amiamo Tizio e odiamo Caio 
e anche Sempronio. 
Io a Tizio lo amo al punto 
che se mi dicesse di rigare la macchina di Sempronio 
io gliela righerei subito. 
Ecco. 
Ma poi: Caio chi?”.

Poi c’è la questione del vedere, 
del riuscire a vedere, 
del non voler vedere.

“Io la luna non la vedo perché sono miope ma il dito, cavolo! 
Quello lo metto a fuoco benissimo. 
E che cos’è tutta questa smania di mettere le cose in prospettiva! 
Guardo il dito e basta.”.

“A me la luna mi da fastidio e non la voglio guardare. 
Se la guardo poi mi tocca farci i conti. 
Allora la butto in caciara, 
faccio un po’ di confusione, 
faccio in modo che della luna non si parli più. Ecco. 
Mi metto proprio a parlare del dito, 
se è magro, 
nodoso, 
tozzo. 
Da lì mi metterò a parlare di cura delle unghie, poi della pelle. 
Già. Tutto questo parlare della luna! 
Che noia.”.


A guardare il cielo siamo sempre di meno. 
A guardare la luna saremo sempre di meno: ad indicarla non ne parliamo proprio!
Mi fermo qui prima che mi si faccia notare che ho un'unghia spezzata, al dito indice, e vado a tagliarla.



(video pubblicato su youtube da FrederikGamard01 a cui vanno complimenti a iosa per la realizzazione)

C'è un sipario che s'alza c’è un sipario che cala: si consuma la corda e la tela
se per noi vecchi attori e per voi vecchie attrici i ricordi si fan cicatrici.
Non è il senno di poi che ci aiuta a correggere con il tempo ogni errore che nel tempo si fa.
Mentre ancora chi guarda nel silenzio allibito già sussurra "L'artista è impazzito”.
Come i gatti di notte sotto stelle sbiadite crede forse di aver sette vite
quando invece col dito indicare la luna vuole dir non averne nessuna.
C'è una sedia da sempre nella fila davanti riservata per noi commedianti
perché mai la fortuna ch'è distratta e furtiva ha avvertito la sera che arriva
Nella cinta se mai altri buchi da stringere e allargare un sorriso se è così che si fa
con la luce che scende col sipario che cala si consuma la corda e la tela
si divide d'un tratto da chi ha solo assistito chi indicava la luna col dito

e ogni volta lo sciocco che di vite ne ha una guarda il dito e non guarda la luna.

13 dicembre 2013

Piero Valenti



E’ morto un anno fa, mio padre, Piero Valenti,
(Palermo, 4 giugno 1924 – Roma, 13 dicembre 2012).

ma ha disegnato tutta la vita e dei suoi disegni ho parlato, qui nel blog, in quaranta diversi post riportando tavole da lui eseguite in questo millennio a Roma.



Nel duemila aveva già settantasei anni.

Disegnare dal vero, osservare e riprodurre architetture, monumenti, dettagli e caratteri stilistici è stato formazione prima e mestiere poi, ma sempre e comunque una passione.
 Una volta ritiratosi dall’attività professionale non ha smesso mai di disegnare. Matite per tracciare le prime impressioni e pennarelli a punta fine per chiudere le tavole.

Ogni mattina prendeva  l’autobus e andava  a Piazza Venezia; decideva  volta per volta se passeggiare per i Fori, andare ai Mercati Traianei o girare per le sale dei Musei Capitolini. Quando qualcosa richiamava la sua attenzione iniziava a lavoraci su con bozzetti rapidi; a volte tornava nel medesimo punto per continuare a disegnare sul luogo; altre completava il disegno a casa.













Fino all’ultimo, finché ha potuto.
Poi, dal duemiladieci, ha disegnato dentro casa, copiando immagini o inventando e infine ha perduto prima il tratto, poi la voglia: alla fine l'Alzheimer lo ha portato via.





(Può trattarsi di un monumento così come di una statua o, perfino, il desiderio di riprodurre un disegno in una esposizione temporanea perché magari testimonia una Roma che non esiste più.

Spesso non si ferma all’immagine ma la interpreta e la arricchisce offrendo una chiave di lettura nel fantastico e nel sognatore; lo si scopre in alcune espressioni delle statue piuttosto che in un uso volutamente artistico e amplificato di elementi naturalistici).

La tag nel blog è "il disegno di piero".
Non credo posterò ancora altri suoi disegni,
anche se ce ne sarebbero moltissimi.
Mi restano bauli di ricordi.
Anche loro.
marco valenti

9 dicembre 2013

polpo al polpo

POLPO



Importante: lessare il polpo, avendo cura di farlo raffreddare nell'acqua di cottura.

Sull'insalata di polpo esistono diverse ricette e scuole di pensiero. Addirittura possediamo un libricino dal titolo “Cento volte polpo” che è una raccolta curata da Romano Bavastro per la Collana “i mangiari” dell’Editore Pacini Fazzi di Lucca.


Il nostro è stato un esperimento che ha mescolato almeno un paio di ricette, ma il risultato è decisamente positivo.

Abbiamo messo in insalata il polpo tiepido, le patate lesse, dei pomodori datterini tagliati a metà, olive nere (dico la marca, Alisa, sono una garanzia tra le denocciolate) e sedano.
Ottimo olio extravergine di oliva.
Ci ho bevuto un Fiano di Avellino ma qualsiasi bianco secco con un minimo di struttura ci sta bene.
Buon appetito

post scriptum: sul vino Fiano di Avellino DOCG vi lascio un link utile ed essenziale, scelto nel web tra i tanti (Fa' click qui e si apre)


4 dicembre 2013

Competenza

competènza s. f. [dal lat. tardo competentia, der. di competĕre «competere»]. – 

1. 

a. L’essere competente; idoneità e autorità di trattare, giudicare, risolvere determinate questioni. In partic., nel diritto processuale, misura della giurisdizione attribuita a ciascun ufficio giudiziario: cper materia, determinata in base all’oggetto della controversia nel giudizio civile e in base all’indole e alla gravità del reato o della pena prevista nel processo penale; cper valore, nel processo civile, determinata dall’entità economica della controversia (criterio applicabile solo alle controversie suscettibili di valutazione pecuniaria); cper territorio, stabilita, nel processo civile, in ragione della relazione sussistente tra il convenuto e l’oggetto della lite con un determinato luogo, o altrimenti determinata, e, nel processo penale, regolata principalmente dal criterio del luogo dov’è stato commesso il reato; avere,non avere ca conoscere di una causail pretore ha cper le azioni possessorieil processo era di cdella Corte d’assise. Nel diritto amministrativo, complesso delle attribuzioni degli organi dello stato e delle persone giuridiche pubbliche in genere, ripartite in considerazione della materia, del grado dei funzionarî, delle parti del territorio su cui l’ente deve svolgere la propria azione (cper materiaper grado,per territorio): atto illegittimo perché emesso da organo privo di c.; la cdel prefetto è limitata alla provincia (per i conflitti di c., v. conflitto). Più genericam.:esaminare e approvare nuovi progetti di costruzioni è di cesclusiva del consiglio d’amministrazionela questione non è di mia c., esula dalla mia c., o dalla sfera di mia c., non entra nelle mie attribuzioni, non è cosa che spetti a me giudicare o risolvere. 

b. estens. Capacità, per cultura o esperienza, di parlare, discutere, esprimere giudizî su determinati argomenti: avere c., pocamolta cin una materiain radiotecnica non ho nessuna c.; può parlare con sicura csu qualsiasi punto di storia antica






Ora, io dico, 
ma ci vuole così tanto a capire 
che se non si ha competenza su un determinato argomento sarebbe buona norma tacere o, 
in alternativa, informarsi (e formarsi) coscenziosamente?
Possibile che in questo benedetto Paese 
siano tutti con la patente 
di dire qualsiasi sciocchezza?

Tutti Presidenti del Consiglio, 
tutti Economisti, 
tutti Commissari Tecnici e Allenatori, 
tutti Esperti di Tutto Dappertutto: 
poi scopri che le loro opinioni si sono formate soltanto dando retta ad una opinione di qualcun altro, da un telegiornale, da un Sito privo di attendibilità assoluta, da Facebook, da un Ciarlatano. (Nei casi più scrupolosi da wikipedia).
Tutti Esperti, o Complottisti, o Disillusi: 
comunque Migliori e Certi.

Poi mi va a capitare che, per combinazione 
(per carità! Soltanto per una serie di combinazioni), 
di QualcheArgomento ne sappia Qualcosa ma legga continuamente sciocchezze madornali.

L'appello è: "se non siete competenti in una materia studiatela con un po' di serietà e un minimo di pluralità di fonti di informazionr e solo dopo sposate una causa".


Comincio ad avere dei dubbi 
anche sul suffragio universale.

2 dicembre 2013

tu chiamale, se vuoi, mele cotte



Cena di poca soddisfazione.
Capita.
Questione di fine giornata lavorativa, di fretta, di un frigorifero e una dispensa non troppo forniti.
Ho voglia di un dolce ma non ce n'è. (Dannata dieta!).
Mi viene proposta una mela cotta: stupore.
"Mela cotta? Scherzi? Mica sono ricoverato in ospedale!".
"Fidati.". Mi fido.


Una mela vine affettata, buttata in una padella rovente con un pizzico di zucchero di canna.
La si lascia rosolare, si girano le fettine e sul tutto viene cosparsa abbondante cannella ed una manciata di uvette nel frattempo tuffate in acqua tiepida e strizzate.
Succede che nel freezer sia avanzata dalle serate calde d'estate una mezza vaschetta di gelato di vaniglia. Sta lì, intirizzita e inutilizzata a occupare spazio. Una cucchiaiata di questo ricordo estivo viene accostata alla frutta cotta.


La serata ha preso un sapore nuovo: tu chiamale, se vuoi, mele cotte...

29 novembre 2013

Frasi dal viaggio al termine dalla notte


 
Louis Ferdinand Céline
 
 
Il libro Viaggio al termine della notte di Céline è la lettura che mi ha maggiormente colpito negli ultimi dieci anni. Ne ho già parlato in questo blog e potete leggere quel che scrivevo a questo link
 
 
 
La lettura e la rilettura è una vera miniera di frasi importanti, quelle che ti fanno fermare e ti fanno riflettere. Questo mi ha portato addirittura a menzionare una, nella parte destra di questo blog alla voce VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE Céline e a cambiare frase periodicamente.
Anche se non è di semplice lettura, anche se il personaggio e lo scrittore stesso possono risultare antipatici e storicamente e culturalmente Célin è appartenuto ai perdenti, agli sconfitti e agli sconfessati per lunghi anni (accusato di collaborazionismo e antisemitismo è stato in carcere e ha avuto i beni confiscati dallo stato francese), la potenza della sua scrittura va ben oltre tutto questo.
 
Riporto qui alcune (poche) frasi dal libro che, ovviamente, invito a leggere.
 
 
Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l'immaginazione.
Tutto il resto è delusione e fatica.
Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco la sua forza. Va dalla vita alla morte.
Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato. È un romanzo, nient'altro che una storia fittizia.
Lo dice Littré, lui non sbaglia mai. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto.
Basta chiudere gli occhi. È dall'altra parte della vita.
 
 
 
Ogni possibile viltà diventa una meravigliosa speranza
se uno sa riconoscerla.
 
Ecco quel che penso.
 
Non bisogna mai fare i difficili sul modo
di evitarsi uno sbudellamento,
 
né perder tempo a cercare le ragioni
della persecuzione di cui sei oggetto.
 
Sfuggirvi è quel che basta al saggio.
 
 
Il viaggio è la ricerca di questo niente assoluto,
 
di questa piccola vertigine per coglioni. 
 
 
La maggior parte della gente non muore che all'ultimo momento;
altri cominciano e si prendono vent'anni d'anticipo e qualche volta anche di più.
Sono gli infelici della terra.


Per un po' altre frasi gireranno alla destra del blog.
Felici letture a tutti.