marco valenti scrive

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29 marzo 2011

Post di Poste



Si scrive per esorcizzare, per raccontare, per testimoniare: vi dico di un posto dove non tornerò mai più.


Emmevù


Mi ero recato alla posta durante la mia mezzora di pausa pranzo, di buon passo, felice di andare a spedire alcuni miei libri.


Lettera P come pacchi e raccomandate, fila dedicata; essere correntista, lettera E, dovendo spedire un pacco, non mi dava file privilegiate. La A è per i conti correnti, bollettini, e ritiro pensioni.


Mi consolava il fatto di avere solo cinque persone prima di me ed ero persuaso sarebbe stata una cosa breve: ben due sportelli riportavano sui led luminosi in alto la lettera dedicata. Pensavo potesse scapparci perfino un panino, dopo.


Tra i clienti una signora con i capelli biondi, taglio corto e tailleur pervinca, doveva avere un contratto di telefonia mobile particolarmente vantaggioso perché, incessantemente, faceva e riceveva telefonate. Il suo timbro di voce era tale da mettere l’intero ufficio al corrente dei fatti suoi.


Impiegati dietro il bancone un lui brizzolato ed una lei corpulenta, dai movimenti brachicardici; una signora di fronte all’impiegata; desolatamente nessuno di fronte all’impiegato.


Interrogando in giro scoprivamo che era impegnato in una chiusura di cassa e che, pertanto, non poteva ricevere pubblico. Passarono minuti dopo minuti e, finalmente, un signore di piccola taglia arrivava a fronteggiare l’impiegata brachicardica. La signora bionda continuava a metterci a parte della sua vita attraverso il suo telefonare. Si bloccava, inesorabilmente, il bancomat del signore di piccola taglia. Il tempo scorreva, inesorabilmente pure lui, ed il numero dei clienti aumentava.


Avendo notato una vivacità decisamente superiore nel settore conti correnti, dove erano di più gli impiegati attivi, mi permettevo di avvicinarne uno per domandargli se non fosse il caso di distribuire in modo più equo i lavoratori dell’ufficio postale, facendo contemporaneamente presente che il mio bigliettino di prenotazione portava l’ora in cui ero entrato, che erano trascorsi venticinque minuti e solo due clienti (uno e mezzo, per la verità) avevano avuto soddisfatte le loro richieste.


“Sto lavorando, signore: per queste cose deve parlare col direttore”.


“E dov’è il direttore?”.


“Se lo faccia chiamare”.


“Va bene, lo chiami”.


“Non posso: come vede sto lavorando”.


Non rimaneva che la resa, di fronte ad un discorso così efferato, ed il ritornare nel mio settore dell’ufficio.


A parte qualche frammento delle vicende personali della bionda non avevo perso un granché. Il signore di piccola taglia si era arreso ad uscire dall’ufficio per fare un prelievo con proprio bancomat ed il terzo cliente sparpagliava diverse raccomandate sul banco dell’impiegata.


La mia mezzora di pausa pranzo se ne era nervosamente andata.


I colpi di scena, ormai lo sappiamo tutti, sono continuamente in agguato.


Vidi l’impiegato, quello maschio brizzolato, alzarsi e sporgersi in avanti fino ad individuare la bionda telefonante.


“Signora, per favore, qui non si può usare il cellulare”.


“Scusa un attimo… ti richiamo io… devo dire due parole a una persona”.


Si alza in piedi e si avvicina all’impiegato.


“E dove sta scritto che non posso usare il telefonino? C’è forse un cartello? Pensate, piuttosto, a fare il vostro lavoro! Sono quaranta minuti che…”.


“C’è scritto, c’è scritto! E poi è una questione di modi: un conto è una telefonata di pochi minuti, un altro…”.


“Voglio proprio vedere dove sta scritto!” e ciò detto la bionda si dirigeva verso l’ingresso dispensando a voce alta la propria perplessità sull’accaduto. Per poi tornare e sostenere, con voce possibilmente più alta e decisamente contrariata, che non fosse scritta né in cielo né in terra una tale limitazione alla propria libertà e che gli chiamassero immediatamente il direttore.


La figura mitologica, o figura retorica, del direttore era stata invocata già due volte.


Alcuni clienti, pragmaticamente aggrappati ad un istinto di sopravvivenza invitavano la signora a rivolgersi altrove per cercare il direttore e a non rallentare, ulteriormente, le esasperanti operazioni di disbrigo pacchi e raccomandate. Mentre la signora, convinta, si allontanava per la seconda volta l’uomo di piccola taglia tornava dall’aver espugnato qualche bancomat dei paraggi (tempo ne aveva avuto) e sostituire il cliente precedente per perfezionare le operazioni già iniziate. Mentre la signora, che non era riuscita ad incontrare il direttore tornava indietro minacciando esposti e paventando provvedimenti disciplinari per tutti l’impiegato brizzolato tornava operativo e chiamava il numero successivo.


Era la signora bionda.


A quel punto di tutto voleva parlare ma non della sua raccomandata.


La mia desolazione aumentava.


“Signora: faccia quello che crede ma io sto qui per lavorare. Mi dica cosa deve fare o se ne vada”.


“Ecco qui. Devo fare una raccomandata”.


“Va bene mi dia il modulo”


“Non ce l’ho: me lo dia lei”.


Io a quel punto mi trovavo a pensare che, forse, un po’ di telefonate in meno avrebbero lasciato il tempo alla signora di procurarsi e perfino compilare il modulo ma mi guardavo bene dall’esternare.


Come un atleta ero pronto allo scatto.


Quando l’impiegato chiese chi fosse il prossimo, brandendo il mio pacco mi faci avanti.


“Ce lo ho in mano da quarantacinque minuti e ho il P104: mi offro volontario!!!”.

2 commenti:

Costretto al test di verifica dal proliferare di spam. Mi spiace. Spero molto in tanti commenti e spero che, a prescindere dal fatto che non vengano moderati da me, siano di buon gusto e vengano firmati. Buona lettura e buon commento a tutti.