le cose ci sono, sono lì a rispondere ai nostri sguardi più o meno sicuri, alle domande che non facciamo e nemmeno sappiamo, a salvarci e a condannarci: sempre e pur tuttavia solo cose.
Sarebbero chiare se noi non fossimo così confusi. Non sono le cose a comandare ma l'atteggiamento che abbiamo noi di fronte ad esse. Come ci poniamo, come scegliamo se parlare o meno e cosa dire e cosa tenere per noi e non condividere.
Cosa lasciare andare.
Potevi andare da Roma a Civitavecchia e imbarcare per la Sardegna, o la Corsica, dove passare per strade in cui i Camper si incastravano. Entrare in un campeggio sentendoti maledettamente “on the road”. Sentirti bene. Non risolveva nulla ma aiutava un certo mood.
Avere un Vespone significava un sacco di cose. Alcune belle e altre meno, toccava partire a spinta, a volte. Non era bello. Scattava una seconda marcia imperiosa, spesso impietosa. A volte impennante. L’impennata minava un controllo già reso precario dai freni approssimativi, a tamburo, dal diametro piccino delle ruote, del battistrada dal consumo elevato, da quell’essere un po’ approssimativi e poco meccanici di molti di noi che giravano in Vespa.
La presi rossa un po’ perché era la più bella e un po’ per ragioni politiche. Il Vespone bianco era, a quell’epoca, targa di ragazzo di destra e non lo ero. Forse, inconsciamente, la verniciatura rosso fiammante leniva sensi di colpa?
La comprai con i soldi miei, ma dovetti convincere mio padre che non era pericolosa.
Dato che stavo per comprare una Moto Guzzi usata però l’avevo precedentemente convinto che le moto erano più stabili e più sicure rispetto agli scooter ruote piccole; pertanto dovetti faticare.
Portai a tesi la comodità del mezzo in caso di incidente: impossibile, contrariamente alle moto, rimanere schiacciati dal proprio stesso mezzo. Vespa da un lato, conducente dall’altro. Sicura. Ebbi il permesso di comprarla. Avevo passato i vent’anni ma, all’epoca, serviva il consenso dei genitori anche per spendere i propri denari.
Altri tempi e altri denari.
Era una Vespa PX 150 col miscelatore, novità dell’epoca, che consentiva di imbarcare olio e benzina separatamente. Non raggranellai abbastanza denari per l’optional della accensione automatica.
Le comprai nuova: la Piaggio, ora come allora, non regala nulla. Ricordo il mio dialogo col concessionario di Trastevere.
Sono due milioni e tre: che optional vuole?
Nessuno.
La ruota di scorta non la vuole?
Perché non è compresa?
No.
Si la voglio.
Specchietti?
Ok: due e cromati.
Portapacchi davanti o dietro?
Entrambi.
Tappetino?
Manco il tappetino è compreso?
No.
Ok: voglio il tappetino.
Due milioni e mezzo ma una vespa rossa, il vespone, sotto al sedere.