marco valenti scrive

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8 settembre 2014

Taccuino di treno Roma Pesaro - promemoria



In treno da Roma a Pesaro un giorno di Agosto.

Da quando ho aperto questo blog nel 2008 uno degli argomenti che tratto sono i viaggi. La tag è “viaggi (taccuini con un senso)" e alterna piccole memorie di belle cose a sensazioni e appunti brevissimi di viaggio, ma anche timori, inadeguatezze, piccole manie e paure che provo quale “imperfetto viaggiatore”.

Quel che mi è capitato sull’intercity Roma (17,40) – Pesaro (20,51) prova ulteriormente la mia imperfezione.
Avevo prenotato il posto 10A, lato finestrino, e questo – sappiatelo – se viaggi da solo è già un errore. 
I posti 10 fronteggiano i posti 9, divisi da un tavolino: buoni se hai deciso di fare un viaggio in tre o in quattro e chi si siede al 9A di fronte e al 10B al tuo lato lo conoscevi da prima di salire ma pessimi se sei estraneo agli altri tre che invece si conoscono, salgono come te alla Stazione di Roma Termini e chiacchiereranno in marchigiano fino a Jesi (20,07).
Al mio fianco (10B), a sbarrarmi il corridoio, un giovane maschio che potremmo supporre sui venti anni; di fronte a lui una donna (9B) che potremmo supporre sua madre; di fronte a me (9A) una donna intermedia che potrebbe essere una sorella più grande del 9A o, per dire, una zia. 

Ho con me un paio di libri che vi consiglio e il mio telefono: non ho computer o riproduttori di musica o cuffie o tappi per le orecchie. Non riuscirò a leggere e guardare le cose fuggirmi via dal lato pessimista di marcia non lenirà il mio nervoso in salita costante e continua. 
Il ragazzo parla, parla ad alta voce, dice cose da minorato mentale, parla anche da solo svegliando i suoi congiunti se si addormentano (o fingono di farlo per legittima difesa). 
Il ragazzo parla e usa un frasario che prevede un intercalare di bestemmie e improperi, offese a personaggi pubblici, categorie sociali varie nonché persone che conosce lui e io no. A sentire i suoi giudizi mano male che non le conosco.
Il ragazzo con il suo smarphone cerca - tra le altre cose -  treni notturni per la riviera romagnola, per andare e tornare. La madre anche ha uno smartphone e fa la stessa ricerca. Confrontano a voce alta i risultati insufficienti che ottengono e si avvisano ripetendo almeno un paio di volte ogni volte che non c’è linea e ogni volta che la linea torna. 

Anche se potreste essere indifferenti al fatto, vi posso assicurare che so per certo che non ci sono treni che di notte partono dalla riviera romagnola e vi possono riportare nelle Marche. Fatevene una ragione e andate in automobile o pernottate da qualche parte dopo la discoteca o il concerto o il caspita di cavolo che vi ha attirato in riviera. 

Terni. La zia dorme definitivamente; la madre ogni tanto si sveglia per provare a far stare zitto il mio vicino; lui passa all’ascolto della musica. 
Ma non ha auricolari. 
Non ha auricolari ed è convinto, a torto, di essere intonato. 
Non ha auricolari, il suo smartphone ha un volume della Madonna, canticchia e commenta e la sua selezione è un remix di successi popolari anni ’80 in versione disco. 
Il meglio che ne viene fuori sono gli 883: vi risparmio, lasciandolo alla vostra immaginazione, l'elenco dei remix.

Una ragazza passa in corridoio e gli chiede “scusi: può usare le cuffie per cortesia?” lui risponde “Non ce le ho” lei chiude “Allora abbassi il volume”. 
Guardo la ragazza andare verso la toilette carico d’amore e di gratitudine.

Pausa (di questo breve resoconto – non del nostro) per dirvi dei due libri.
Il primo è un breve saggio di Mario Perniola, “Contro la comunicazione”, Einaudi. 
È diviso in due parti: nella prima prova a spiegare come la comunicazione ormai prescinda dall’essenza dell’oggetto comunicato e possa essere manipolata (e manipolare) mentre nella seconda teorizza un ruolo salvifico dell’estetica rispetto alla lacrimevole situazione che si è venuta a creare. Eccellente, condivisibile e probabilmente importante la prima parte: più discutibile ma comunque interessante la seconda.
Il secondo libro è un romanzo di Chiara Arrighetti, “Un’oncia di rosso cinabro”, editore CartaCanta. Dal sito dell’autrice, bravissima, riporto “A nno Domini 1499. Un omicida si aggira per la bottega dei Francesco e Bernardino Zaganelli, pittori di prestigio imparentati con gli Sforza e divisi da un odio profondo.

Ritratto di un Rinascimento dai mille volti, luminoso e insieme inquietante, Un’oncia di rosso cinabro conduce il lettore nell’universo caleidoscopico della pittura e dell’alchimia.”.


Fine dell’intervallo e dei consigli per gli acquisti.

Torniamo al nostro Signor9A. 
Alle esortazioni della benefattrice andante in bagno, sottolineate con sommessa cortesia dalla mamma, abbassava la suoneria ma, in compenso, sciorinava un compendio di conoscenze delle abitudini sessuali della giovane che aveva civilmente protestato da far invidia ad un sessuologo, ad un ginecologo, ad uno psichiatra e ad un playboy di tempi fortunatamente andati: in pratica la diagnosi del nostro metteva in connessione una repressa attività sessuale della malcapitata (certamente vivace e frenetica fuori dal contesto delle ferrovie) con l’indisposizione che ella aveva manifestato verso la buona musica e le libertà individuali (a riprodurla a volume alto in luogo frequentato e a “cantarla” e commentarla dando seguito naturale ai propri desideri). 
Ometto per civiltà i dettagli estremamente coloriti.
Nell’acme della disquisizione bestemmiatorio sessuale del nostro eroe profferisco le prime parole del mio povero viaggio mentre gli tocco la spalla.
“Mi scusi, dovrei passare”.
Si alza. Lo vedo in viso. Focalizzo il naso da me mentalmente più volte irrimediabilmente fratturato con il gomito sinistro, abbozzo un sorriso, ringrazio e mi avvio alla carrozza bar. 

Sono le 19,00 ed io sono un eroe del bonton, della educazione impartitami, della tolleranza, della resistenza. Non ho il gomito sinistro macchiato del sangue del vicino. Barcollo fino ad un posto libero, lato ottimista del treno, e mi siedo di fronte ad una giovane ragazza, graziosa e munita di cuffie semiprofessionali. Con lei riesco a scambiare solo un paio di battute sull’apertura della tendina per vedere tramonto e panorama. Conviene con me che valga la pena alzare e guardare fuori. Da lì ci divide tutto. Le sue cuffie, il suo smartphone, il suo riuscire a truccarsi perfettamente malgrado i sobbalzi della tratta ed io che nel frattempo ho scritto poche righe di dedica su un mio libro che avrei portato ad una cara amica l’ammiro: la mia scrittura incerta e tremula contro il suo trucco perfetto. Sorrido comunque come uno che si sveglia e si rende conto che, in fondo, è stato solo un incubo. Alle 20,07 Jesi e la discesa del barbaro. Più in là Falconara Marittima, un cambio di motrice e una sigaretta.



Ci si potrebbe chiedere perché mi appunti tutto questo e lo condivida.
A parte i libri, davvero belli, per alcune semplici cose da ricordare per sempre.

Uno: mai prenotare un posto con il salottino se viaggi da solo.
Due: mai più senza musica, o computer, o cuffiette, o tappi per le orecchie.
Tre: improponibile immaginare una società evoluta (credetemi: è troppo tardi).


4 commenti:

  1. No. Non è mai troppo tardi. Almeno finché ci saranno ragazze che sono capaci di mettere in riga un bifolco (consapevoli - di certo- delle poco lusinghevoli affermazioni che seguono dietro le spalle), porteranno con loro auricolari e stenderanno perfettamente il mascara sulle ciglia nonostante i sobbalzi della carrozza del treno su cui viaggiano.
    Il resto è esperienza di cui far tesoro!

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    1. Concordo ma stiamo messi davvero male: seriamente malmessi.

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  2. P.S. "Un'oncia di rosso cinabro" mi ha incuriosita.

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    1. Entrambi i libri che ho citato e, ovviamente, letto sono interessanti. Nel caso di "Un'oncia di rosso cinabro" l'autrice riesce a mantenere alta l'attenzione anche raccontando pezzi di vita nel 1500: davvero belli. Grazie per aver voluto commentare.

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