Freddi pomeriggi di febbraio
Sarmenti tagliati da raccogliere tra l’erba
Strofino forte le manocce ghiacciate
Il filare non finisce più
La voce di nonna mi rincuora:
“Forza, forza…
pensa ca co tre
mattucce
ci cocimo no forno de ciambelle”
E il lavoro passa più leggero.
Non è questione di mese ma di etichetta.
Un amico mi ha portato un
vino rosso che non conoscevo. Regione Lazio.
Ha casa a un passo dalle vigne di
quel vino. Strade di crinale, poggi, pendenze importanti. Vigne in salita,
faticose da governare.
Ma c’è il crinale esposto meglio e l’uva se ne giova.
Ne parla Veronesi di questo
vino e per me è come dire che sta scritto nella Bibbia. Poi, da quel libro del
1961, per anni c’è stata poca cultura vinicola, parcellizzazione delle terre, e
in tanti si sono fatti il loro vino ma per sfizio. Per poter dire “il mio vino”.
I vini di Roma sono passati
nella memoria collettiva a vini da taverna, magari genuini ma poco colti: la
memoria va alle grotte dei Castelli romani, ai bianchi sfusi di quando ero
ragazzino, fave e Frascati, al vinaio che veniva da nonno con il furgone e le
damigiane di Cannellino. I vini importanti erano toscani o piemontesi.
Ma i vitigni ci sono sempre
stati, alcuni eccellenti, e nel tempo si è avuta una cura sempre maggiore nelle
tecniche di vinificazione e nel mantenere forte il legame con i territori e le
loro caratteristiche.
Complice una bistecca di
manzo presa dal macellaio di fiducia, notevole per bontà e dimensioni, ci decidiamo
a stappare con il suo bell’anticipo e a onorare il regalo ricevuto.
“Bivi!
Bevo e sfato ancora
l’idea di vino a quattro soldi da povera osteria, greve, che da in testa; demolisco
con gioia l’idea di vino di seconda classe nel Lazio con quello splendido
Cesanese del Piglio.
Mi godo e stragodo il suo sapore morbido, quella punta di
amarognolo, il suo bel colore rosso rubino e tutti i suoi quattordici gradi e
mezzo.
Ho brindato all’amico fraterno che me lo ha portato.
Straordinario.
L’amico
con cui condivido (anche) una provata fede calcistica romanista mi perdonerà se
per questa unica volta mi son detto forza Lazio!”
Poi (dopo) ho scoperto che
il Cesanese è stato il primo a diventare a denominazione di origine controllata
e garantita nella Regione, che è un ottimo vitigno tipico nel frusinate e nella
bassa provincia romana, che è vinificato in purezza e sempre dopo sono andato a
verificare sul libro di Luigi Veronelli “I vini d’Italia”.
Cito un articolo che ne
parla con competenza:
BIVI !
(bevi)
Cesanese del Piglio
D.O.C.G.C.
Vendemmia 2012
È dono del padre. È sole nel calice. È ruvida mano. È
ricordo di zolle. È ossequio al passato. È autoctona schiettezza. È sorriso
rubino. È fiore sbocciato. È ciliegia carnosa. È vento che soffia nel bosco. È
sapore che riempie la bocca. È atto d’amore. È il mio vino.
Maria Elena Sinibaldi
Andatelo a cercare e mi ringrazierete!