marco valenti scrive

marco valenti scrive

27 febbraio 2011

Una vista su Roma


Il 4 giugno del 2009 mio padre, Pietro Valenti (Piero per tutti gli amici) ha compiuto ottantacinque anni ed io gli ho regalato un abbozzo di catalogo delle tavole, non tutte, da lui eseguite a Roma tra il 2005 e il 2009.

Non è stato semplice prepararlo ma ne è uscito fuori un buon lavoro.
Nel Blog parlo di Piero sia sotto la tag "Alzheimer" che "il disegno di Piero": sono post che vengono visti ed apprezzati e di questo ringrazio.

Per un periodo di tempo limitato e per un numero di copie limitato ho pensato di rendere disponibile "Una vista su Roma" a chi fosse interessato.
Il libro è in formato A4 e riproduce un centinaio di tavole.
Chi fosse interessato per averlo spedito deve contattarmi via email e concordare con me termini di pagamento (su una mia postpay) e di spedizione a mia cura.

Il mio indirizzo di posta elettronica è marcovalentiscrive@libero.it
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26 febbraio 2011

Grazie Mario


Ho aspettato un mese.

È morto il 26 gennaio; era nato il 26 dicembre del 1919 a Roma.


Ho avuto il privilegio di vederlo recitare Moliere a teatro ed è stato uno dei più grandi attori italiani di ogni tempo.

Non se ne è parlato molto; a mio avviso e per quel che vale se ne è parlato pochissimo; evidentemente chi scrive oggi di spettacolo è troppo giovane, o sprovveduto, o impiegato in altri pensieri.

Si va in discesa.

Neanche sui social forum, così apparentemente attenti alla cultura e alla società, così pieni di “Ciao Mario” quando un Mario famoso se ne va, così intimi a chi non può rispondergli: “Ciao Mario a chi? Che cosa è tutta ‘sta confidenza, giovanotto?”, insomma tutti ne hanno parlato sorprendentemente poco.

Ho lasciato un mese a chiedermi cosa muova i cosiddetti intellettuali a piangere Tizio piuttosto che Caio e non mi sono dato risposta.

Lo ricordo oggi, a un mese dalla morte, a novanta e passa anni dalla nascita, con l’ironia del titolo del post e con la grandezza presa nel recitare Trilussa..

Un grandissimo che recita un altro grandissimo.

Chi avrà il desiderio di approfondire lo ricorderà in teatro come in televisione quale un grandissimo, misurato, professionista del recitare.

Mario Scaccia.

Adesso, dopo quanto detto, ci vuole: “Ciao Mario e grazie”.

http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Scaccia

21 febbraio 2011

Milite Ignoto visto dai Traianei.



Quella volta Piero si era intestardito con la vista del Milite Ignoto dalla terrazza dei mercati traianei.

Il disegno, come raramente ha fatto, non era in bianco e nero ma realizzato con pennarelli, finissimi, dai colori terrosi.

Lo terminò a casa e gli ci volle un bel po' di tempo, ma il risultato è piuttosto spettacolare.

Quella sorta di sasso gigante in primo piano è in realtà una scultura moderna: era parte di una mostra temporanea ma, raccontano i custodi, non sono riusciti a portarla più via.

Questione di peso (o di costi).

Lascio sia una immagine, molto grande, in bianco e nero che un dettaglio con i colori.

Ricordo che facendo clic sulla immagine questa di apre a grandezza naturale e che, trattandosi di immagini private non possono essere pubblicate.

Buona visione a tutti.

15 febbraio 2011

la larghezza



Sono un fruitore di motoveicolo. Lo uso da trenta anni per piacere una volta, per necessità quotidiana da sempre e ogni giorno. Nella tag “i diari della vespa” su questo blog ne offro un piccolo spaccato.
Orbene, ciò premesso, tempo fa mentre scendevo per il muro torto (tortuosa arteria stradale ben nota a chi calpesta le strade romane) consideravo per l’ennesima volta come sia sempre più difficile per uno scooterista svicolare e raggiungere il semaforo prossimo venturo. Ripensando spesso a me un tempo teen ager su un ciclomotore ricordavo ardimentosi e fruttuosi slalom senza riuscire a ripeterli e mi supponevo cinquantenne un po’ rimbecillito.
Banalmente mi dicevo che dovevo essere invecchiato non poco se non riuscivo più a fare slalom come facevo un tempo tra gli autoveicoli.
Mi rammaricavo, da un po’, del non riuscire più in evoluzioni tali da portarmi più rapidamente in pole position allo scatto del successivo prossimo (?) semaforo. In tutto questo mi convincevo, giorno dopo giorno, di una sopraggiunta maturità, assenza di sconsideratezza, che mi aveva inevitabilmente portato ad una prudenza di guida, ad una sorta di maturità, per la quale zig-zagare era roba dello scorso millennio e mi ci andavo abituando.
Brutalmente mi dicevo che mi ero fatto vecchio e non era più cosa mia svicolare come facevo da ragazzo.
Ci facevo l’abitudine a questo pensiero: un po’ come la cataratta, o la prostata.
Mentre scendevo questa tortuosa e mal disegnata via romana a due corsie mi sono trovato nella impossibilità di superare una coppia di auto che avevo davanti e, immobile ed inane, le ho considerate per ciò che oggettivamente erano in termini di marca e modello.
Una Multipla Fiat e un Suv straniero, di cui taccio sciovinisticamente il nome, occupavano la larghezza della carreggiata inevitabilmente.
Gli specchietti retrovisori delle auto medesime facevano ulteriore barriera ad ogni tentativo di incedere.
Ci hanno messo l'obbligo di specchietto a destra e a sinistra: non è indifferente se si svicola.
Impossibile passarle.
Le guardavo. Larghe inespugnabili fortezze e piedi a terra attendevo il loro movimento senza poter fare altro che riflettere.
Ho riflettuto e trovo di non essere poi tanto più rincitrullito o meno incosciente rispetto ai miei venti anni.
Ho capito che non sono io che ho perso facoltà né le strade che si sono fatte più impervie bensì le auto che si sono fatte di era in era più opulente, larghe, svaccate, comode, capienti.
Ostentano comodità, braccioli comodi come poltrone di casa, misure da vasca da bagno invece che di doccia. Dominano l’asfalto e lo occupano inesorabilmente come a ammonirci che il benessere raggiunto non si molla più e. anzi, cerca amplificazione da culo largo, da gadget, da padronanza completa di carreggiata.
Mi spiego meglio e con chiarezza: non sono io che non so più svicolare ma sono loro che producono e vendono auto più larghe.
Non più lunghe: più larghe.
Il brivido su un cinquanta nel superare un autobus è oggi il brivido di superare una spampanata multipla, o un suv, o una esagerazione di portaerei camuffata da auto.
Il ricordo va per forza a quando su una cinquecento fiat (quella vera del tempo) in quattro a bordo si percorrevano centinaia di chilometri, buste in braccio. Un’altra Italia, un altro Paese.
In un periodo di magra però mi chiedo, e vi chiedo: ma ‘sti quaranta centimetri di larghezza in più ci servono davvero? Siamo tutti ingrassati inesorabilmente e non possiamo fare a meno di auto che sono, di fatto dei salotti (manca solo buffet e controbuffet) o (forse) ci hanno indotto a comperare poltrone quando ci bastavano sedie?
Non ho la pretesa di voler individuare quale sia stato il momento ma presumo ci sia stato un momento in cui abbiamo cominciato, tutti, chi più chi meno, ad esagerare. Abbiamo esagerato, solo per esempio, comprando macchine più larghe dei nostri deretani ma, oggettivamente, abbiamo sovrabbondato nel soddisfacimento dei nostri bisogni, sarà stato “il mercato” o la voglia (reale o indotta?) di gratificazione delle nostre fatiche.
Tant’è ma le strade si son fatte strette per il mio vespone e le tasche di tutti noi vuote per finanziamenti destinati a pagare il superfluo.
Chi più chi meno.
Non oso auspicare un dibattito me spero suscitare qualche piccola considerazione in qualcuno convinto che, tra drogati di consumo e di mercato, alberghino ancora spazi per fermarsi e pensare.
Non so se mi sono spiegato ma so che lo vorrei tanto.

7 febbraio 2011

21202995



C’è una “Tag”, un argomento, in questo Blog dal titolo “Sassolini dalle scarpe (con un senso)”.

Ci sono sassolini e sassolini, non sempre hanno senso: ci si sforza di prodigare post che abbiano senso anche quando si levano sassolini dalle scarpe.

Da parecchio ne ho uno che mi duole a ogni piè sospinto.

Dio sa quanto mi duole!

Tanto che prescinde dal continuo essere di attualità e vuole ergersi a culturale o, perlomeno, di costume.

Ci ho messo quello che ci è voluto ma vado a levarmelo, sia quel che sia.

La prendo per gradi o, se preferite, per cerchi concentrici.

Trovo, e così pensiamo in parecchi, che l’informazione sia importante.

Essa è un elemento di vita della stessa democrazia e i social forum sono un motore di democrazia.

Immagino che la protesta, civica e civile, sia un segno di progresso e di emancipazione.

Concordo, altresì, che i media abbiano responsabilità nel movimentare le opinioni davvero importanti e che, presumibilmente, un uso distorto, aberrante, fazioso, del tubo catodico abbia contribuito senza troppi distinguo all’imbarbarimento della sfida politico sociale nel nostro Paese.

Chi mi conosce personalmente sa bene che io attribuisco idealmente il momento dell’inizio della fine a quando un sacco di tempo fa Raffaella Carrà metteva in premio denari (pubblici) per chi indovinava quanti fagioli fossero contenuti in una scatola di vetro.

Lasciando stare la preistoria resta, comunque, una dotta e diffusa indignazione per come il pubblico servizio della televisione di Stato possa essere piegato da interessi diversi.

Politici, commerciali, di opinion makers, di lobby.

Non starò, in questo caso, a perdere tempo se confutare o meno questa, affascinante, tesi.

Ho più volte dichiarato di vedere pochissimo la tv e di non patirne più di tanto l’influenza.

Sono contro l'infibulazione, l'abbandono dei cani, la droga, la discriminazione, e un sacco di altre cose che ora non serve riportare.

però sono, sinceramente, contro.

Il punto è un altro.

Molti si indignano convinti che la televisione di Stato, del Paese, debba erogare un servizio pubblico ed in nome di quello issano bandiere.

Indegno che la televisione di Stato faccia, o dica, o ospiti, o argomenti, A piuttosto che B.

Condivido e concordo.

Parecchie indignazioni mi appartengono.

Oltre ciò, tema e titolo del post, mi appartiene un codice di abbonamento al canone Rai che pago con regolarità indisposta ma fedele.

Scuotetevi pure, liberamente, perché avete letto bene: io (soggetto) pago (predicato verbale) il canone (complemento oggetto).



Ok.



Vi siete ripresi?

Lo so che vedo pochissimo la televisione e lo se che lo sapete anche voi...

Quando sui “social network” come ovunque si spara sull’uso del servizio pubblico gradirei si specificasse, come me nel titolo del post che state leggendo, il numero del canone che state, regolarmente e da bravi Cittadini, pagando.

Io, un Cittadino che raramente apre la tele ma spesso si indigna (dove il termine indignarsi è una versione edulcorata) mi esprimo con cognizione di causa ma, soprattutto, con il diritto dalla mia.

Vi ringrazio.

Tutti voi che vi schifate da destra e da sinistra, da sopra e da sotto (magari con ragione) di quello che viene propinato da una televisione che si regge sul canone e che è statale e servizio pubblico: LO PAGATE IL CANONE?


La domanda non vi sembri oltremodo puerile.

La riformulo.

Pagate il Canone Rai?


Qualora voi foste "non"pagatori del canone non avreste titolo a dissentire sulla programmazione quanto sulla linea editoriale di questa quanto di quella rete.

Sarebbe come se io dissentissi sulla linea societaria del VOSTRO circolo sportivo...

Sarebbe un abuso.

Poiché delegato,ahimè, ad essere democratico non deraglierà in derive fasciste e lascerò a voi il regolamento del vostro, esclusivo, circolo.


Sono, pertanto, certo, che tutti quelli che parlano di radio televisione italiana siano (mi si perdoni lo scrupolo) titolari di un canone regolarmente pagato.

So essere cosa ovvia e mi scuso per il mio post ma... hai visto mai?

Metti che un Alieno senza titolo parli di qualcosa che non ha diritto a vedere perché non socio...

Scusate.

Ovviamente sono malignità.

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Attendo silenzi assordanti e avoco a me capacità ispettive che non ho ma avuto né millantato: ma a millantare son buoni davvero tutti…




Ho visto veri professionisti della millanteria...

(magari questa è un'altra storia).