marco valenti scrive

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28 gennaio 2010

Quel treno per Pisa

Devo partecipare a un seminario il 27 mattina.
Prenotati, per tempo, albergo e tratte ferroviarie il 26 per l'andata e il pomeriggio seguente per il ritorno.
Soltanto nella giornata del 25 apprendo che lo sciopero delle ferrovie non dovrebbe interessare il mio viaggio di ritorno: questo stempera la mia ansia da cattivo viaggiatore (buona notizia).
Imperfetto viaggiatore? Certamente: ma non sapere se, quando e come tornerai a casa non aiuta sicurezza di sé e buon umore.
La mattina del 26 piove forte.
Decido per andare in stazione con il taxi (che non mi rimborseranno mai: cattiva notizia) e quindi mi avvio, con il mio piccolo bagaglio, verso il treno delle 15 e 46.
Ore 15 e 10: arrivo in stazione.
Ore 15 e 25: il tabellone luminoso mi racconta che la partenza sarà posticipata di venti minuti (16 e 06).
Attendo girellando di conoscere il binario di partenza.
Quando salgo sul treno, binario ventuno, il ritardo è salito a quarantuno minuti.
Cattiva notizia.
L'intercity è vecchio e mal tenuto.
Il mio scompartimento è già pieno di gente e bagagli.
La mia quarantottore fatica a trovare posto sulla cappelliera.
Continuo a inanellare notizie cattive e notizie buone.
Sono seduto accanto al finestrino (buono) ma do le spalle al locomotore (lato pessimista del treno: cattivo); i finestrini sono sudici all'inverosimile e pieni di condensa e perciò si vede il panorama poco e male (cattiva notizia); gli altri cinque compagni di scompartimento, uno dopo l'altro, tirano fuori quotidiani nazionali o settimanali che - letteralmente - aborro per linea politica, editoriale, contenuti (cattiva notizia).
Escludo qualsiasi conversazione, anche leggera, che possa scivolare sul sociale o sul politico: siamo nel Paese in cui siamo e, quindi, non mi resta che escludere qualsiasi conversazione.
Cattiva notizia.
Si susseguono le stazioni intermedie, cala la notte, arrivo a Pisa in ritardo alle 19 e 40.
Non ho nientissimo da fare fino all'indomani.
Soprattutto ho potuto iniziare e terminare la lettura di "Uova fatali" di Bulgakov.
L'ultima è la notizia migliore.
Emmevu

25 gennaio 2010

Tra Panettone e Frappe



Non credo di essere diventato, anzitempo, un anziano brontolone. Se avete presente il genere, uno di quelli che “ai miei tempi…”, il prototipo del nostalgico de “i bei tempi andati”: penso e spero di non essere già ora un rompi balle d’antiquariato. Ma la domanda che mi sorge spontanea ormai da qualche giorno mi fa venire qualche dubbio. Ve le porgo in modo che, forse, qualcuno risponda.

Tra i pandori, panettoni, torroni e varie dolcezze natalizie e frappe e castagnole di carnevale non esisteva una fase di tregua?

Trovarsi all’alimentari con disposti cabaret di castagnole (di ogni tipo: mica solo quelle classiche!) quando ancora qualche mezzo cartone di panettone è a casa a implorare smaltimento non fa pensare nessuno oltre me?

Quando ero piccolo il dolce si mangiava la domenica, era questione di pastarelle, di quel “diplomatico” che – fatalmente – rimaneva ultimo perché ci si era tuffati sui bignè.

Era tempo di attese e le cose che arrivavano avevano, per questo e non per altro, il loro sapore.

Per ora, per quanto velatamente indignato, resista alla tentazione (grande) ripiego comunque su altro.

Sarà perché era domenica, ieri, o per sentirmi moderno?

Ho ripiegato bene.

Parecchio.

Vi lascio condividere una suggestione, a mio avviso, straordinaria: Torta Pistocchi e Passito.

Emmevu.

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Tortapistocchi.

http://www.tortapistocchi.it/

Difficile parlarne. Consiglio di dare una occhiata al loro sito. È una torta di cioccolato fondente straordinaria: è l’apoteosi del cioccolato fondente, una torta che ne basta una fetta piccola perché è meglio di un cioccolatino. La ho gustata nel formato classico ma so esserci varianti al peperoncino, alle amarene e agli agrumi di Sicilia.

Resta, poi, quella questione sul bere con la cioccolata o con i dolci fortemente “cioccolatosi”: in differenti situazioni, incluso l’accompagnare questa torta straordinaria, la ho personalmente risolta con i passiti.

Ci ho bevuto un “passito di Pantelleria” da urlo e ci stava davvero bene.

Si esaltavano a vicenda: Ben Ryè Donnafugata, passito di Pantelleria.

http://www.donnafugata.it/showPage.php?template=news&id=379

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Che dire?

Enjoy!

24 gennaio 2010

TEOREMA DEL DEVASTATORE


Una premessa, breve. Questo Blog non è un luogo di recensioni su libri. Tuttavia (essendo uno che scrive o, almeno, ci prova) reputo interessante poter partecipare a chi passa di qui qualche libro (ancora) poco conosciuto che ho letto e che consiglierei. ...









Teorema del devastatore



Lorenzo Moneta



Editore: Giraldi


...






Un Devastatore prima o poi lo abbiamo incontrato tutti. È quell'ex con il quale non abbiamo mai veramente chiuso, perché è incastrato nel limbo degli indimenticabili. È un file che rifiuta di farsi cestinare, un bug di sistema. È un untore, portatore (in)sano di una malattia sentimentalmente trasmissibile che induce insoddisfazione, bisogno di nascondere i sentimenti veri, paura di concedersi. Romeo è un trentenne insoddisfatto, studia architettura con lentezza, ha una tiepida ragazza fissa e un focoso amico d'infanzia. Sveva è una studentessa postmoderna e maschiaccia, dall'aria dolce e fatale. Fa e dice le cose giuste per sembrare la donna del destino. È davvero così? È il grande amore? Moderno odisseo, Romeo affronterà ciclopi e sirene per trovare risposta alla Domanda: quando il nostro Grande Amore non vuole essere nostro, è ancora il Grande Amore?



...



Ecco cosa ne penso.



Si tratta di un bel romanzo d’esordio. Lorenzo si sofferma con umanità e capacità su temi che hanno visto generazioni di scrittori all’opera: il Grande Amore ci respinge e noi ci distruggiamo.
Il Devastatore è quella figura che, volente o nolente, ci piaga nell’anima e ci rende altro rispetto a ciò che eravamo “prima”.
Prima di cosa? Dell’Avvento del Devastatore. Ovviamente.
Ciascuno di noi può essere stato Devastato ma anche (a prescindere da dolo e intenzione) un gran Devastatore.
È, in fondo, il gioco delle parti.
Lorenzo Moneta, membro (come me) della comunità virtuale di Anobii, sa scrivere. Non è scontato. Scrive bene, sa come affabulare il lettore, sa come fargli prendere le parti del povero Romeo (il Devastato).
Sdoppia il suo eroe nel “durante” il gioco di innamoramento, e drammatica fine, ed il “dopo” fatto di perdita e voglia di disintossicarsi dal Devastatore a costo di viaggi nell’esageratamente etilico e nell’esageratamente drogato.
Perché ci sta anche che ci si lasci un po’ andare in certi casi.
La parte del lasciarsi andare è, a mio avviso, appena un po’ troppo insistita; la lettura risulta ripercorrente registri chiaramente espressi e si fa un po’ ridondante.



Azzardo una trentina di pagine di troppo?



Ultimo: la figura del professore universitario di Romeo, Furlan, è bellissima.

Il romanzo è un bel romanzo e si consiglia come imperdibile a diverse categorie di individui-lettori.
Provo a tirarne giù alcune.
Per quelli Devastati dalla fine di un relazione.
Per quelli che si sono chiesti, almeno una volta: “se non mi vuole devo ancora sbattermi per lui/lei come se fosse il Grande Amore?”
Per quelli che messi al muro dalla vita han detto: “Una canna: presto!!!”
Per quelli di Roma.
Per gli architetti, gli amanti architetti, gli studenti e quelli che “Ah… che bello quando ero studente”.
Per gli Anobiiani solidali con un Anobiano che si propone con grazia.
Per quelli che non serve che sia di grido per leggere un libro e, magari, anzi…
Per quelli che, per fortuna, le storie d’amore non sono “3metri-sopra-il-cielo” ma c’è pure altro.
Per i fumettari.
Per un sacco di altri motivi che scoprirete leggendolo.






Ecco il link al blog dell’autore:



http://www.lorenzomoneta.it/





Emmevu

20 gennaio 2010

Atlantide


Sono cresciuto con la sua musica e gli sono grato. Anche oggi che lo ascolto un po’ meno. La bellezza di canzoni quasi sempre dal significato oscuro, da gustare e ragionarci sopra, da lasciarti portare, da lieve abbandono, da suonare e cantare.
Tra tutte ho scelto una delle più difficili da scardinare: Atlantide.
Però mi porta, s
empre.


http://www.youtube.com/watch?v=Xl3tF2Yi0TQ&feature=related


Lui adesso vive ad Atlantide
con un cappello pieno di ricordi
ha la faccia di uno che ha capito
e anche un principio di tristezza in fondo all'anima
nasconde sotto il letto barattoli di birra disperata
e a volte ritiene di essere un eroe

Lui adesso vive in California
da 7 anni sotto una veranda ad aspettare le nuvole
è diventato un grosso suonatore di chitarre
e stravede per una donna chiamata Lisa
quando le dice tu sei quella con cui vivere
gli si forma una ruga sulla guancia sinistra

Lui adesso vive nel terzo raggio
dove ha imparato a non fare più domande del tipo
conoscete per caso una ragazza di Roma
la cui faccia ricorda il crollo di una diga?
io la incontrai un giorno ed imparai il suo nome
ma mi portò lontano il vizio dell'amore

E così pensava l'uomo di passaggio
mentre volava alto sul cielo di Napoli
rubatele pure i soldi rubatele anche i ricordi
ma lasciatele sempre la sua dolce curiosità
ditele che l'ho perduta quando l'ho capita
ditele che la perdono per averla tradita.

13 gennaio 2010

Viaggiatore imperfetto 2



Sono un viaggiatore imperfetto.




Sono imperfetto e sono ansioso. 
So bene di non essere il solo e di essere in buona e numerosissima compagnia.




Ho ansie ricorrenti e inevitabili.




A parziale giustificazione debbo dire che essere uno che ha viaggiato fa si che abbia avuto le mie disavventure. Intendo dire che finché non hai contrattempi puoi sentirti invincibile rispetto al viaggiare. Gli spostamenti sono fasi inevitabili ma prive di avventura.




Poi ti capita di passare una notte a Malpensa, o uno sciopero ben riuscito sul tuo treno per Bologna, o una prenotazione misteriosamente mai arrivata… e cambi idea sul sentirti sicuro.




L’indole, tuttavia, gioca la sua porca parte e negarlo è ipocrita.




Io, per esempio, ho l’indole predisposta del viaggiatore da ansie ricorrenti.




Sono molte ma molte di più e questo ne è solo uno spaccato.




Fosse perfetta verrebbe meno l’imperfezione dell’imperfetto viaggiatore…




Ne elenco alcune e non me ne vogliano le numerose altre. Sia chiaro che ogni ansia, quando superata e risolta dagli eventi, non porta ad allentare la tensione ma solo a concentrarsi meglio sulle ansie successive.






Ho messo la sveglia?




Giusta?




Sentirò la sveglia?




Morirò nel sonno e non sentirò (mai più) la sveglia?




Il trenino per l’aeroporto porterà ritardo?




Perderò il trenino per l’aeroporto per un minuto o anche meno?




Troverò il check in?




Sarà possibile un check non infinito?




Cambieranno il gate mentre faccio pipì (come al solito), non lo sentirò, e perderò l’aereo?








Il mio bagaglio a mano eccede. I bauli (immensi!) di chi mi ha preceduto no ma il mio, sicuramente, eccederà: finirà nella stiva. In castigo. Sarà perso, resterò in mutande all’estero, sarà colpa di quella coppia di ciccioni che sembra debbano fare un trasloco…




Farò ritardo e non farò in tempo a fare le cose che devo fare.




Dove sono gli appunti di lavoro/ la relazione/ tutto? Lo ho scordato certamente.




Non troverò mai un taxi regolare e sarò vessato da un abusivo




Mi fregheranno con il cambio.




Magari non risulto prenotato in albergo.




La stanza è uno schifo/ una singola col letto singolo???/vista muro/ cuscino sottile e non ci sono gli altri cuscini/ la luce non si accende/la tivvù non prende canali italiani/non c’è il frigo bar/ ma che cavolo di albergo mi hanno prenotato?




Ecco: tra l’albergo e dove devo andare domattina c’è l’universo e non arriverò mai.




...Un inferno in terra...




(to be continued…)

8 gennaio 2010

Alla stazione ferroviaria


La lettura di un bell’appunto di viaggio, di cui vi lascerò il link, mi ha riportato alla mente un episodio di alcuni anni fa capitatomi in stazione.


Aspettavo, non ricordo se un treno in partenza o l’arrivo di qualcuno, e ingannavo l’attesa passeggiando tra i pochi esercizi commerciali. Provavo a decidermi se mangiare qualcosa e, perciò, indugiavo di fronte alle vetrine di bar, rosticcerie o similari.
La mia attenzione fu catturata dalla figura di un uomo in un affollato fast-food.

Era vestito elegantemente a differenza degli altri avventori. Giacca di cammello, camicia bianca e cravatta, pantaloni grigi e al polso una ventiquattrore di pelle.

Non era in fila alle casse: si aggirava per il locale con l’aria di cercare qualcuno.
Parecchi tavoli erano occupati. In uno una famiglia composta da genitori e tre figli in sequenza ravvicinata consumava faticosamente un pasto che sovrabbondava decisamente le capacità media di assumere cibo in un solo pasto.
Quando il figlio minore iniziò a lamentarsi, e a dare segni di impazienza, decisero che era tempo di andare.


In pochi istanti l’uomo ben vestito si sedette al tavolo lasciato da quella famiglia.
Poggiò la valigetta sul tavolo facendole spazio. Impilò i vassoi e i bicchieroni di carta vuoti, finì di aprire i sacchetti con le patatine rimaste e le polpettine di pollo.


Poi, con calma, iniziò a mangiare.
Ero incredulo, basito, ma l’accaduto era inequivocabile: quell’eleganza era una divisa di un povero che, professionalmente, girava per avanzi di cibo altrui.
Però con classe.


Quando il mio sguardo incrociò quello di un cameriere questi alzò le spalle e allargò leggermente le braccia a significarmi che non era la prima volta.
Emmevu.
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Lascio a voi i commenti insieme alle indicazioni per leggere un taccuino con analogo senso, molto bello, nel blog “sintagmatica”:

http://sintagmatica-piesse.blogspot.com/2010/01/sei-roma-termini.html

3 gennaio 2010

Mi manchi

Mi manchi è un testo di straordinaria poesia. È una canzone che mi ha voluto sempre bene e che si iscrive a quel filone di genere del quale ho parlato altre volte.
Quella dolenza, quella malinconia, quello struggimento che ci può capitare e, inevitabilmente, ci capita.
Riporto il testo senza aggiungere nulla se non che, per me, è splendido.




Così a distanza d'anni aprì la mano
E aveva tre monete d'oro finto
Forse per questo non sorrise
Forse per questo non disse "ho vinto"
Richiuse il pugno, roba di un minuto
Per non sentirlo vuoto
E mi manchi.
E la ragazza fece op-là una sera
E fu un op-là da rimanerci incinta
Vestì di bianco ch'era primavera
E nella polaroid sorrise convinta
Fecero seguito invitati misti
e dodici antipasti
E mi manchi, mi manchi, e mi manchi

E quando dodici anni fa dal bagno
Gli disse "è tardi, devo andare..."
Pensò che si trattasse di un impegno
Non dodici anni senza ritornare
Da allora vinse quasi sempre tutto
E smise di pensare
E mi manchi, mi manchi, e mi manchi

Ma finché canto ti ho davanti
Gli anni sono solo dei momenti
Tu sei sempre stata qui davanti.

2 gennaio 2010

Try a little tenderness


C’è stato un periodo in cui sono stato un fissato della musica soul.

Senza la musica soul non ci sarebbe mai stato il rock..

Tra molti straordinari compositori e interpreti Otis Redding e, tra le sue canzoni, quella perla che è stata “Try a little tenderness”.

The Commitments è un film bellissimo del 1991 diretto da Alan Parker, tratto dall'omonimo libro scritto nel 1987 da Roddy Doyle. Racconta di un gruppo di giovani squattrinati che decidono di creare un gruppo musicale soul nella parte nord di Dublino.

Il film venne girato nel 1991, diretto da Alan Parker e con un cast composto da Andrew Strong, nella parte di Deco, Robert Arkins, Michael Aherne, Angeline Ball, Bronagh Gallagher, Johnny Murphy e molti altri. Gli attori erano tutti quasi sconosciuti prima del film, e vennero scelti tutti per via delle loro capacità musicali.



Gli Irlandesi sono i più negri d'Europa,

i Dublinesi sono i più negri di Irlanda e noi

di periferia siamo

i più negri di Dublino,

quindi ripetete con me ad alta voce:

"Sono un negro e me ne vanto!"

(Jimmy Rabbitte

parlando ai futuri

membri del gruppo.)


Per un po’, dopo quel film, andavo ripetendo “I’m black, and I’m proud”.

La versione di questa canzone cantata da Andrew Strong nel film è una delle mie “venti canzoni del secolo”

Eccola.


http://www.youtube.com/watch?v=MvR1a_LeOMk



Try A Little Tenderness
Otis Redding

oh she may be weary

them young girls they do get wearied

wearing that same old miniskirt dress but when she gets weary

you try a little tenderness

oh man that un hunh i know shes waiting

just anticipating the thing that youl never never possess no no no

but while she there waiting try just a little bit of tenderness

thats all you got to do now

it might be a little bit sentimental no

but she has her greavs and care

but the soft words they are spoke so gentle yeah yeah yeah

and it makes it easier to bear

oh she wont regret it no no them

young girls they dont forget it

love is their whole happiness yeah yeha yeah

but its all so easy

all you got to do is try try a little tenderness

yeah damn that hard

all you got to do is know how to love her

you've got to hold her squeeze her never leave her now get to her got got got

to try a little tenderness yeah yeah

...

1 gennaio 2010

notte di san silvestro


Ecco la notte di San Silvestro secondo Piero e il suo modo di sognare e interpretare Roma... Torno, con lui e con i suoi disegni, ad augurare ogni bene a chi passa di qui. Emmevu.