le cose ci sono, sono lì a rispondere ai nostri sguardi più o meno sicuri, alle domande che non facciamo e nemmeno sappiamo, a salvarci e a condannarci: sempre e pur tuttavia solo cose.
Sarebbero chiare se noi non fossimo così confusi. Non sono le cose a comandare ma l'atteggiamento che abbiamo noi di fronte ad esse. Come ci poniamo, come scegliamo se parlare o meno e cosa dire e cosa tenere per noi e non condividere.
Cosa lasciare andare.
Non prende caffè mio padre; non lo ha mai preso neppure al bar. Mai: magari un orzo in tazza grande ma il caffè mai. Diceva che gli faceva male adducendo una “distonia neurovegetativa” per la quale prendeva minuscole pillole omeopatiche che per me, quando ero bambino, erano soltanto misteriose minuscole palline bianche. Mio padre ha campato senza caffè. La settimana scorsa curiosissimo ci guardava prendere succo di moka uscito fumante e aveva occhi di libidine sfrenata. Gli ho offerto una tazzina di caffè molto macchiato, ricordandogli comunque che lui non prende caffè e non l’ha mai preso.
Ovviamente non se ne ricordava affatto e, anzi, ne era stupito. Ha accettato e se la è goduta fino in fondo, malgrado con il dolcificante. Grande la mia meraviglia su certi effetti collaterali di Al.
Arrivarono al tavolo e si sedettero, uno di fronte all’altra, seduti si guardarono, con il piacere di guardarla lui, con l’ansia che montava lei. A lungo si guardarono, come certi momenti possono essere lunghi, e iniziarono i loro occhi a parlarsi, come a precipitarsi prima delle parole e insieme alla mente nell’interno dei fatti, nel nocciolo, là dove si giocano le partite più dure, dove si decide il bene e il male, dove nascono i desideri e i sì e i no. Lui arrivò al disagio e cercò una sospensione. “ Hai visto la cometa? Stasera è luminosa che pare un faro “ “ Guido, non sembra si possa fare altro! “ Giornali, giornali-radio, radio e televisione, riviste astrologiche e astronomiche, riviste e basta, nessuno si era perso l’occasione di spiegare, analizzare, raccontare, interpretare, suggerire come meglio vivere questo grande appuntamento di fine millennio. Sì, l’aveva vista, certo che l’aveva vista, come altrimenti? Intanto l’aveva vista un attimo prima di entrare nel ristorante l’aveva, e ora le sembrava di averla fissa nell’animo degli occhi e fissò il vuoto come a vederla ancora e ancora. “ Giornataccia? “ Quella di Guido non era una domanda, era una speranza.
Oggi, 22 settembre 2010, ho comprato una Vespa Gts 250, rosso bordeaux e di seconda mano riuscendo ad esaudire un mio sogno. Perché ciò divenisse realtà gli invitati alla festa per i miei cinquant’anni si sono tassati, ovvero invece di fare ognuno il proprio regalo mi hanno dato, letteralmente, una borsa di soldi.
Per parecchio tempo avevo avuto una Vespa PX 150 e poi ero passato, nel 2005, ad un altro scooter; ogni volta che vedevo passare una vespa purchessia mi rammaricavo di non aver scelto, nel cambio, un’altra Vespa.
Ho seguito le evoluzioni tecniche e di design dei vari modelli eleggendo proprio la Gts a scooter ideale.
Vi racconterò un po' di cose più avanti.
Ringrazio gli amici, tutti e ognuno, per aver esaudito il mio piccolo, grande, sogno
Quando Piero non aveva abbastanza gana di andarsene con l’autobus fino in centro si fermava prima.
Monte verdino di risulta, in Roma, esplorava il territorio come un gatto.
Sempre con la sua cartella per disegnare con sé.
Largo Ravizza è un luogo caro a chi vive il quartiere di Monteverde. Roma.
C’era un albero tagliato e Piero si è divertito a rappresentarlo. Quello che mi diverte, infinitamente, è che nel riprodurre il tronco tagliato si è firmato, in caricatura.
Divertitevi a vedere Piero che ha fatto la sua caricatura in un suo disegno.
Ecco a voi Piero inciso artatamente nel cuore di un tronco reciso. Si è divertito lui, mi sono divertito io, lo porgo a voi. Deliziosa ironia.
Mi ritrovavo, alle soglie del mezzo secolo, a immaginare una cena per una moltitudine di amici e tutti si interrogavano su come avrei mai potuto servire riso al pollo e curry per un reggimento.Altro è cucinare una poca mezza chilata, argomentavano, rispetto a due chili buoni.Si interrogavano e mi interrogavano sui tempi, sulla scelta del riso, sugli ingredienti e la loro qualità e sulla successione dei tempi di preparazione.L’ansia dell’evento e la moltitudine di cose da fare e organizzare mi avevano portato a dubitare.Oltre al riso mi ero lasciato da preparare i fusilli freddi con peperoni, pomodori, olive e ricotta salata ma questa è un’altra ricetta: rimaniamo al riso.Stress e ansia da prestazione venivano alimentati dalle preoccupazioni altrui.Ho fatto le cose con calma. Ingredienti e intingoli pronti il giorno prima e il giorno della festa ho soltanto lessato i risi e condito il tutto. Ho scelto due qualità diverse di riso: riso basmati, bianco, e riso vergine, nero e profumato.Per non far si che il basmati sfigurasse lo ho lessato mettendo due cucchiai di curcuma nell’acqua. La spezia ha conferito al riso bianco una colorazione da zafferano e una personalità più spiccata.Ho scottato il pollo in acqua bollente. Poi lo ho tagliato a pezzetti e lo ho messo in una capace padella dove rosolava lenta a disintegrarsi la cipolla di Tropea. A parte avevo stemperato la polvere di curry in latte caldo e yogurt greco. Ho aggiunto curcuma e mais (che si è rapidamente appassito): poi il preparato col curry. I piselli li ho cucinati separatamente, con altra cipolla, perché mantenessero la loro colorazione verde e li ho lasciati separati fino a quando non li ho uniti al riso. Perciò non hanno visto curry né curcuma.Nel comporre ho lasciato in un vassoio i due risi separati tra loro e nell’altro invece li ho mescolati.Padelle anti aderenti e pochissimo olio extravergine. Vino bianco romagnolo che non vi dico perché ci tornerò sopra. Comunque trebbiano buonissimo. Evito di darvi le quantità dato che eravamo una quarantina ma vi lascio gli ingredienti.Riso basmati; Riso vergine; Pollo; Mais; Piselli.Cipolla di Tropea; Curry, Curcuma.Yogurt.Latte.Olio extravergine.
È un mondo veloce, molto più svelto rispetto ai miei tempi di reazione e di azione. Non mi chiede di abituarmi. Forse non mi chiede affatto. Macina spedito chilometri di bites, aggiunge informazioni ad informazioni, si svolge sull’attimo, non lascia il tempo di riflettere. Occorre riflettere. Scegliere il tema, quando non sia il tema a scegliere te, ed è impossibile pensarci su con calma. Meditare. Digerire. Metabolizzare per elaborare e proporre qualcosa.
Se Gutenberg e la stampa (ben più che la scoperta dell’America) ha segnato il passaggio dal Medio Evo al Moderno, internet segna il passaggio alla nuova era globale: questo Tempo ha velocità non considerate, rapidissime, e diventa un susseguirsi di istantanee che non lasciano lo spazio adeguato ai ragionamenti.
Continuamente ci troviamo catapultati in un oltre, in un nuovo, in uno spazio diverso e a seguire nuovi scenari e nuove suggestioni.
Dico questo perché poche ore fa ho lasciato traccia, su Facebook, di una notizia e la stessa è stata inghiottita da altre notizie e altre ancora. Sul sito di Repubblica si richiamava il fatto che il 21 settembre è giornata mondiale contro il Morbo di Alzheimer ed io, coinvolto, lasciavo link sul social forum.
Stasera volevo tornarci sopra qui, con calma, e ragionare di assistenza non adeguata, di disagi crescenti, di incapacità ad affrontare qualcosa che ti cambia sotto il naso e si muove più veloce di quanto tu tema ed immagini.
Povero Paese il nostro perché non serve adeguatamente bimbi e anziani, fasce deboli della società anche in salute, affannato a rincorrere il quotidiano che, sempre più, si fa emergenza; povera Italia senza capacità di visione ottenebrata da particolarismi, personalismi, in cui ognuno bada solo al proprio orticello sovente sempre più ridotto.
Povera Patria accecata in ogni sua capacità di condivisione, di orizzonte, di comunione.
Ciascuno portato a ripiegarsi sul proprio particolare, insegnanti contro tassisti, operai contro dipendenti ex alitalia, ministeriali contro professionisti, medici contro avvocati e chi più ne ha più ne metta.
Oguno a rincorrere i suoi guai (Cit.).
La notizia sull’Alzheimer e la sua giornata mondiale è sepolta da altre. Chi ha a che fare con altri guai guarderà i propri. Molti si concentreranno filantropicamente sul sacrosanto problema dei cani che non vanno abbandonati e qualcuno, sul social forum, dirà “se non condividi sei un mostro!”.
Il 21 settembre è la giornata mondiale della lotta contro il morbo di Alzheimer.
Colpisce molte più persone di quanto pensiate e stravolge l’esistenza di chi ha familiari che ne sono colpiti. Accade perché ci si deve abituare ad una progressiva assenza e perché l’aiuto che si può avere è insufficiente e inadeguato.
Accade. È violentissimo.
Ecco: vorrei un paio di cose.
Un minuto per pensare che questa malattia fetente dilania l’anima di chi ha a che farci e un altro per riflettere su un mondo che con la sua velocità di informazioni ci divide e ci lascia inevitabilmente soli.
In fondo sono solamente due minuti.
Grazie.
XVII giornata mondiale Alzheimer; 21 settembre 2010; slogan "Alzheimer: è tempo di agire insieme!"; www.alzheimer.it
Il costo degli acquisti alimentari, in termini ecologici oltre che economici, dipende anche da quanto le merci camminino.
Un chilo di pesche spagnole, qui a Roma, “inquina” più di un chilo proveniente da Latina in termini di distanze percorse. Anche per questo mi permetto un po’ di sciovinismo e di amore di campanile e guardo le zone di produzione del cibo che compro. Invito tutti a farlo sempre, ma a farlo con attenzione. Fino a pochi giorni fa io, per esempio, acquistavo il latte fresco della Centrale del latte di Roma nella convinzione che non potesse provenire altrimenti che dallo stabilimento appena fuori in Grande Raccordo Anulare, tra le vie Tiburtina e Nomentana. Osservando bene il cartone ho visto stampigliati tre diversi centri di produzione ed ho appreso che il latte che stavo bevendo veniva da un’altra Regione italiana. L’azienda Centrale del latte di Roma è di proprietà del gruppo Parmalat e, evidentemente, ci sono logiche produttive ed occupazionali che hanno portato alla scelta, in apparenza illogica, di far produrre “il latte di Roma” altrove. Resta che mi spiace, mi stupisce un po’, e che devo portare gli occhiali da lettura anche al supermercato dove ho comunque deciso di cambiare lattaio. "Bevete più latte!".