marco valenti scrive

marco valenti scrive

7 luglio 2019

Economia circolare e rifiuti a Roma





Da cittadino di Roma, privo di competenza specifiche nel settore del riciclo e della valorizzazione dei rifiuti, ho cominciato ad interessarmene per legittima difesa.

Difesa da una questione palesemente irrisolta, quella dei rifiuti nella Capitale del Paese, che ha radici ben affondate nel secolo scorso. 
Ricordo bene i miasmi della gigantesca discarica privata di Malagrotta e le lotte dei Comitati di quartiere sulla Aurelia. All’epoca tutto finiva in discarica, tranne i rifiuti ospedalieri che bruciavano, e tutt’oggi bruciano all’interno di questi grandi complessi o che, comunque, hanno una loro strada.

Ho ben presente le procedure di infrazione aperte sul tema nei nostri confronti e mi è chiaro che trasferire immondizia a centinaia di chilometri dal luogo di produzione sia sbagliato e antieconomico.

Ho ascoltato e mi sono informato il più possibile, con mente aperta e anima in pena.

L’idea di base dell’economia circolare è veramente affascinante. Il rifiuto, ben separato per tipologia e correttamente raccolto, smette di esser cosa da seppellire o da bruciare per diventare materia prima per nuove produzioni.

È fantastico.

Una Città Metropolitana di 4,4 milioni di abitanti dovrebbe essere un vero colosso nella produzione di materie prime del genere.

Ma il mercato di qualsiasi materiale è soggetto alle leggi della domanda e dell’offerta e alla qualità del materiale che vendi.

Fermo restando il fatto che, informandomi, ho scoperto che l’ingegno umano e la ricerca tecnologica hanno portato alla nascita di impianti che possono riusare l’inverosimile, dagli assorbenti ai mozziconi di sigaretta, faccio un caso di studio volutamente banale.

Una ditta fabbrica capi di abbigliamento fatti con la plastica delle bottiglie; ha bisogno di bottiglie di plastica ma pulite e senza tappo ed è al Nord; serve che gli si porti, o che venga a ritirare, questo materiale nelle condizioni alle quali può usarlo e quindi serve che la città differenzi i tappi e l’etichetta dalla bottiglia.
È roba da costruire e potrebbe valere la pena farlo (lasciamo stare per un momento che la plastica è di diverse qualità e che comunque è il male assoluto).

Ma se per una contrazione della domanda di giubbotti di plastica questa impresa non riesce a vendere la sua enorme produzione di capi in plastica deve ridurre l’acquisto della materia prima e la dannata plastica resta accumulata da qualche parte, a Roma, sperando che ripartano i consumi di giacche a vento di plastica. Finisce per non funzionare più.

Lo stesso si potrebbe dire per la carta con la quale si producono libri e quaderni, block-notes e altri oggetti. La crisi del mercato dell’editoria porta fatalmente ad uno stock di rifiuti cartacei invenduto.

Nel frattempo resta una imponente produzione di rifiuti e anche se diamo per raggiungibile una differenziata perfetta e una raccolta ottimale non ne saremmo usciti.

Questi esempi ed altri che non porto per rimanere breve, conducono alla considerazione che parte dei rifiuti non possano che finire in termovalorizzatori e, in casi diversi, in inceneritori.

Di questi impianti, come di altri, c’è fortissima carenza nella Regione e nella Città Metropolitana di Roma, complice il timore delle popolazioni di impianti mal fatti e mal gestiti e della sindrome nimby.(not in my backyard).

Dalla individuazione di un sito al momento in cui l’impianto è in esercizio passano più di cinque anni.
Nel frattempo è necessario avere siti temporanei di stoccaggio.

Il tutto in un piano industriale manageriale dell’AMA SpA, interamente detenuta dal Comune di Roma, di concerto con Regione e Stato centrale.

Il tutto ristrutturando la raccolta (che a mio avviso non può essere diversa da un quartiere ad un altro), potenziando mezzi e maestranze, informando in modo capillare la cittadinanza e perseguendo con grande severità ogni contravvenzione alle regole.

Che a pagare tutto ciò siano esclusivamente gli abitanti attuali del Comune di Roma, soggetti già ad alte addizionali IRPEF comunale e regionale e ad alta TARI, visto il rango e l’onere di Capitale del Paese, sarebbe profondamente ingiusto: come ho detto in più occasioni Roma deve essere patrimonio di tutti i cittadini italiani e dell’umanità.

Convinto di quanto ho scritto sono pronto a metterlo in discussione argomentando e ascoltando gli argomenti altrui. Serve che ciascuno si informi, consapevolmente, e si formi una opinione credibile e praticabile. Se siete profondamente contrari, o contrariati, vogliate benevolmente considerarlo un sasso nello stagno.

Le cose sono come sono. 
Però possono e devono migliorare.


2 commenti:

  1. Condivido parola per parola ma dallaltra parte ci sono posizioni preconcette.

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    1. Grazie. Considera che da quando ho pubblicato questo post ho continuato a studiare la cosa. Non ho dubbi sulla economia circolare, sia chiaro, ma quando scopri che un termovalorizzatore riesce a produrre energia per un consistente numero di abitazioni non puoi non tenerne conto se non in modo positivo. Il necessario - indispensabile - impegno di contrasto al cambiamento climatico non può pesare (e tanto) su chi non può permetterselo. Giustizia ambientale e giustizia sociale devono procedere insieme.

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Costretto al test di verifica dal proliferare di spam. Mi spiace. Spero molto in tanti commenti e spero che, a prescindere dal fatto che non vengano moderati da me, siano di buon gusto e vengano firmati. Buona lettura e buon commento a tutti.