marco valenti scrive

marco valenti scrive

4 giugno 2014

il giudizio prossimo venturo




La valutazione

Si parla di valutare le prestazioni dei lavoratori per poi, in base agli esiti della valutazione, attribuire loro maggiori o minori emolumenti. Se sono stati bravi promuoverli, pagarli meglio degli altri, valorizzarli.

Chi non deve essere giudicato applaude e pregusta l’annunciata prossima fine di fannulloni e ladri di stipendio. Rammenta il Tale impiegato postale, o comunale, indolente e pachidermico, scortese ed esasperatamente lento e lo immagina finalmente penalizzato da un Sistema giusto che premia ma sa anche punire.
Monta un’onda popolare che plaude. 
"Sì: finalmente! Si premi l’efficacia e l’efficienza dei volenterosi e si combatta e reprima l’indolenza di chi, dietro lo schermo dell’impiego a tempo indeterminato, non produce e reca danno a quello che sarebbe un Paese gemma tra tutti se non fosse per quelli come lui".

Qualcuno tra quelli che ha il cosiddetto posto fisso rimane perplesso. 
Qualcuno dice di no a prescindere (senza se e senza ma) e parla di perdita di diritti acquisiti.
Il terreno diventa scivolosissimo e il confronto si radicalizza. Si perde il senso del ragionare. 
Ci si divide, come al solito, tra Guelfi e Ghibellini.



Chiediamoci quale sia il senso dell’operazione evitando la tentazione di credere che il motivo sia quello di dividerci un’altra volta in modo radicale.

Il senso non può che essere quello di premiare il merito e stimolare chi non produce abbastanza a fare meglio. Non sprecare risorse economiche dandole a chi non le merita e quindi, magari, razionalizzare e risparmiare.

Convenuti su questa posizione proviamo a fare un piccolo passo in avanti.

Ci sono casi che almeno in apparenza sono semplici. 
Se tu e io avvitiamo bulloni e nello stesso periodo di tempo io ne avvito la metà di te non è giusto che prendiamo gli stessi soldi: tu sei più produttivo, capace, dotato ed è giusto che tu possa godere dei benefici economici superiori ai miei.
Oddio. Però magari tu sei più furbo e li stringi un po’ meno di me ed è per questo che imbulloni più di me e andrebbe considerato anche questo. 
Non sottilizziamo e andiamo avanti.

Se già ci spostiamo ad un lavoro la cui produttività non prescinde dal rapporto con terzi (una clientela per esempio) già c’è un parametro che ci differenzia dai due che avvitano bulloni. 
Nello stesso periodo di tempo tu magari fai il doppio di quello che faccio io ma hai collezionato la metà dei rompiballe con cui ho avuto a che fare io. 
È soltanto un esempio sciocco, ovviamente, ma è un elemento di riflessione. 
Entra in gioco la soddisfazione del cliente o dell’utente. Magari anche a lui sarà chiesto di valutarci. Magari però, come detto nell’esempio, i miei clienti-utenti sono più esigenti o suscettibili o permalosi di quelli che sono capitati a te.

E se i clienti sono malati da guarire? 
Se sono ragazzi da educare? 
Le cose si complicano ulteriormente. 
Ci sono patologie più o meno complesse e ci sono giovani in età scolare estremamente differenti.

Serve 
una valutazione 
oggettiva.

Allo stesso modo servirebbe una valutazione oggettiva delle malattie da curare o delle prestazioni scolastiche degli studenti. 

Il progredire delle condizioni del malato o dello scolaro a loro volta sono fortemente legate dal loro punto di partenza. 
Un malato grave. 
Un bambino difficile con difficoltà psicologiche o patologiche di apprendimento. 
Il medico deve poter curare bene e non deve dimettere un paziente non perfettamente guarito. 
Un maestro deve insegnare e poter giudicare promuovendo, rimandando o bocciando.

E se si giudica un medico dai malati guariti o un maestro dai voti che mette? 
Sarebbe fuorviante. 

Sarebbero bulloni avvitati male. 

Altrettanto semplicistico e fuorviante giudicare la bontà del lavoro di un insegnante dal risultato ad un test dei propri scolari: così come in un esempio precedente non si teneva conto della quantità dei rompiscatole capitati a me più che a te dal test scolastico non uscirebbero fuori le difficoltà, palesi o latenti, di apprendimento dei bambini.

In qualche scuola d’elite i bambini in difficoltà, ancorché solventi, non li prendono perché non abbiano a rallentare l’apprendimento degli altri.

Con questo che vorrò dire mai? 
Che non si può valutare il lavoro di un dipendente pubblico?

No: non intendo dire affatto questo.

La valutazione è una cosa seria e complessa. Non la si può meccanizzare e non la si può banalizzare. Non può neanche essere fatta secondo simpatie. 
Non può neppure partire da una tesi precostituita o imposta 

(per esempio ridurre e tagliare).

Deve essere professionale, efficace ed efficiente a sua volta, e indipendente da chi la paga.

Qualcuno 
si sta domandando 
cosa significhi 
indipendente da chi la paga.

Ah, scusatemi: 
non ve lo avevo detto?

La valutazione fatta come si deve costa. 
Uno che valuta non è un volontario. 
È un professionista. 
Costa.

Una valutazione accurata sintetizza ma non semplifica.

Se è di questo che stiamo parlando non c’è nulla da temere per chi svolge con impegno il proprio lavoro.





Perché è di questo che stiamo parlando: 
o no?

2 commenti:

  1. da spammare a bestia!
    (clapclapclapclap)

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    Risposte
    1. E tu spamma e fa' spammare. Grazie per l'apprezzamento (inchino, inchino, inchino)

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Costretto al test di verifica dal proliferare di spam. Mi spiace. Spero molto in tanti commenti e spero che, a prescindere dal fatto che non vengano moderati da me, siano di buon gusto e vengano firmati. Buona lettura e buon commento a tutti.