le cose ci sono, sono lì a rispondere ai nostri sguardi più o meno sicuri, alle domande che non facciamo e nemmeno sappiamo, a salvarci e a condannarci: sempre e pur tuttavia solo cose.
Sarebbero chiare se noi non fossimo così confusi. Non sono le cose a comandare ma l'atteggiamento che abbiamo noi di fronte ad esse. Come ci poniamo, come scegliamo se parlare o meno e cosa dire e cosa tenere per noi e non condividere.
Cosa lasciare andare.
Difficile raccontarla con le
parole: per fortuna ci sono le immagini.
Capita a Venezia (che è
bella E ci vivrei) dove incrociamo giornate di sole pieno che spazza quel po’
di nebbia del mattino presto.
Ottobre e maniche corte.
Viste non previste,
inconsuete, che emozionano continuamente. Sguardo meravigliato,
improvvisamente, su due giapponesi ad un tavolino di là da un canale.
Sembrano sospese, quasi,
sull’acqua. Cos’è?
Si cambia vista e le si
sorprende da dentro: è un ristorante.
Le si invidia un po’ e perciò
si prenota e si torna il giorno dopo. Felici di un prosecco sul canale, come le
giapponesi del giorno prima, a intercettare sguardi e gondole e sentire la
città dabbasso.
Mangiando bene e ricordando
meglio un 7 ottobre.
Se la bellezza è nell’occhio
di chi guarda, Venezia è occhi azzurri infiniti in ogni suo sguardo.
Sempre inconsueta e sempre
piena di felicità da dare a chi ama e a chi resta un bambino curioso.
Il 17 ottobre 1912 nasceva Albino Luciani, Papa Giovanni Paolo per soli trentatré giorni, dal 26 agosto al 23 settembre del 1978.
Cento anni fa.
Giusto ricordalo oggi.
Lo ricordo come un Pontefice sorridente, che aveva l’idea di una Chiesa pronta a prodigare maggiore umanità e votata a condotte sobrie, umili e trasparenti.
Non ebbe il tempo di fare ciò che avrebbe voluto: a me resta l’idea che sarebbe stato un Pontefice importante per la cristianità, la società italiana e per tutto il mondo.
Da alcuni mesi non esco con post riguardanti i disegni di
Pietro Valenti e mi dispiace.
Come se il declino fisico della persona mi avesse
rallentato il condividerne le opere. Credo sia giusto e spero piaccia a chi
passa di qui che ricominci a scegliere e proporre disegni dalla grandissima
produzione che è stata prodotta a Roma negli anni dal 2000 al 2010.
La “Tag” nella colonna argomenti, a destra nel blog, per chi
volesse vederne altri è “il disegno di Piero”.
Tra le opere che hanno affascinato Piero, nei Musei
Capitolini, c’è questa splendida testa di Medusa del Bernini, eseguita negli
anni 1644-48.
Le tavole, penna su carta, misurano cm 27x24 ed entrambe sono del 2006.
Riporto brani da un articolo apparso su Repubblica nel
novembre 2006, dopo l’avvenuto restauro dell’opera, a firma di Goffredo
Silvestri, straordinario giornalista e critico d’arte che, purtroppo è venuto a
mancare nel gennaio 2012..
I capelli sulla nuca dell'ex bellissima fanciulla consacrata
a Minerva, dalla chioma abbagliante, non si sono ancora trasformati in serpi
come i capelli sulla fronte che sembrano schizzare verso l'osservatore e si
attorcigliano fra di loro in un gioco di movenze. Questo significa che Bernini
ha scelto di raffigurare la sfortunata Gorgone punita da Minerva, nel momento
in cui non è ancora trasformata completamente in Medusa. E questo spiegherebbe
le sopracciglia e gli occhi aggrottati, la bocca socchiusa, insomma una
espressione fra il sorpreso e l'impaurito. La Gorgone "sente" o
"vede" in uno specchio immaginario, che si sta trasformando e la
trasformazione la getta nel terrore. Una "originalissima interpretazione
del mito" che non ha precedenti, secondo Irving Lavin, lo studioso
specialista del Bernini. La Gorgone-Medusa diventa vittima indifesa della vendetta
"trasversale" di Minerva che, non potendo punire Nettuno che aveva
profanato il suo tempio per unirsi a lei, si rifà su di una mortale.
Dalla critica la "Medusa" viene considerata
"una delle opere più problematiche di Gian Lorenzo Bernini", una delle
sculture fatte "per suo studio e gusto". Da una parte come
"personale meditazione dell'artista sulle finalità della scultura e sulle
virtù dello scultore". Dall'altra come personale meditazione del Bernini
scultore e uomo, e quindi peccatore peccatore, "come contrapposto
morale" di un altro busto ritratto, quello di Costanza Bonarelli, sua
amante, anzi amante "in coabitazione" col fratello più giovane e
"silenzioso collaboratore", Luigi.
Nel primo caso la "Medusa" viene datata fra il
1644 e il 1648, nei primi anni di papa Innocenzo X Pamphilj, quando,
incredibilmente, la fama del regista del Barocco, dell'autore del "teatro
barocco" del nuovo San Pietro, è in una temporanea fase calante. Bernini
subisce i contraccolpi del suo più grande smacco: l'abbattimento del primo
campanile della basilica (quello a sinistra), poi del secondo nel 1646, poi la
cancellazione del progetto per i problemi del terreno di fondazione. Con l'onta
di essere giudicato da una commissione di colleghi (con Borromini pubblico accusatore)
e relativa "cospicua multa". Forse è un madrigale di Giovan Battista
Marino che gli offre il destro di prendersi una rivincita su nemici e
detrattori, utilizzando la Medusa come "raffinata metafora barocca sul
potere della scultura e sul valore dello scultore". Marino fa dire ad una
mirabile testa di Medusa: "Non so se mi scolpì scarpel mortale,/ o
specchiando me stessa in chiaro vetro/ la propria vista mia mi fece tale".
Il potere della Medusa di pietrificare chi la osserva, qui si trasforma nella
"Medusa" di marmo che pietrifica cioè ipnotizza gli osservatori con
la trasformazione del marmo in materia viva, il volto della Gorgone sfortunata
e le serpi guizzanti come capelli.
Ma la "Medusa" viene anche messa in rapporto da
Irving Lavin col busto di "Costanza Bonarelli" datato fra il 1636 e
il 1638, un rapporto di contrapposizione morale. La bella Costanza, moglie
dello scultore Matteo Bonarelli, fido collaboratore del Bernini, concedeva
infatti grazie indifferentemente a Gian Lorenzo e a Luigi. Questa "par
condicio" mandava in bestia Gian Lorenzo che arrivò a inseguire il
fratello con la spada sguainata fin dentro la basilica di Santa Maria Maggiore.
A quel punto la madre scrisse una supplica nel 1638 al cardinale Francesco
Barberini che facesse rinsavire Gian Lorenzo che si comporta "quasi che
sia lui il Padron del mondo". La Medusa (Costanza) che pietrifica (nel
peccato) chi la osserva e se ne bea.
Il marmo della "Medusa" è un "marmo di
Carrara, particolarmente buono, bianco, trasparente, già usato dal Bernini nel
gruppo di 'Apollo e Dafnè della Borghese" spiegano Sante Guido e Giuseppe
Mantella, i restauratori che hanno condotto l'intervento (con Maurizio Faretti
per le indagini scientifiche). Bernini ha usato un unico blocco e in questo
blocco ha scolpito anche le serpi, una ad una. Le parti di serpenti attaccate
sono dovute a restauri posteriori al Bernini, come si ricava dalle rotture.
Piccolo utile e insieme dilettevole (per me) vademecum da
usarsi laddove arrivino telefonate non aspettate di persone che vi invitano a
cambiare gestore di telefonia fissa e internet nella vostra abitazione.
In alternativa piccolo vademecum per sopravvivere a che vi
rompe le scatole perché deve pur sbarcare il lunario e la vita è dura per
tutti, anche per lui che vi sta telefonando.
In alternativa piccolo promemoria perché le cose, che –
purtroppo – sono come sono, cambino.
Siete oggetto di telefonate di sconosciuti, sovente
dall’accento non autoctono, diversi dai vostri prossimi, pur troppo prossimi
per altre considerazioni, che vi invitano a cambiare la contrattualistica che
regola il vostro accesso al mondo della comunicazione telefonica?
Risposte possibili:
si;
no;
va’
a cag(bip); son capitato qui per caso.
Se la risposta è no:
avete
un gran fortuna (complimenti);
questo
post è assolutamente inutile ma potete leggerlo per puro diletto.
Se la risposta è si:
andate
avanti con la lettura perché:
potrebbe
essere utile
potrebbe
essere inutile ma ci vuole poco a portarla a termine.
Anche
no.
Se la risposta è la terza:
il
mio transito intestinale è ottimo e di piena soddisfazione senza bisogno
di modifiche ma grazie del suggerimento.
Le fattispecie dalla molestia nella propaganda telefonica
possono essere raggruppate secondo modalità estremamente diverse e un sistema
con i propri sottosistemi non ne esclude altri. In questa (breve) trattazione
ci soffermeremo su alcune differenziazioni ben sapendo di semplificare in tal
modo un problema complesso e di non tener conto di numerosi fattori. Tra le
questioni a noi pur note che non prenderemo in considerazione citiamo:
siamo
nel libero mercato;
il
mondo è bello perché vario;
anche
loro devono pur campare e se campare significa rompere le balle è un
lavoro sporco ma qualcuno dovrà pur farlo;
vorrei
vedere te in india a imparare la lingua e poi lavorare con il telefono con
gli indiani;
ho
ventuno anni non ho un lavoro serio e non c’è altro da fare: mi hanno
fatto ‘sta proposta e mi sono detto che, in fondo, era meglio di altre
cose; oppure ho passato i cinquanta, sono stato espulso dal mondo del
lavoro e non c’è altro da fare ecc. ecc.
è
assolutamente legale, anche se mi pagano a contratto stipulato: comunque
non pago la telefonata;
Numerose
altre che mi sfuggono. Il fatto che sfuggano a me è ininfluente perciò
numerose altre.
Ecco le fondamentali casistiche in cui raggruppiamo la
molestia operata ai vostri danni da quello che, operatore commerciale per conto
terzi, vuole convincervi a cambiare operatore di telefonia.
stavate
proprio appennicati dopo pranzo:
comunque
è dopo pranzo;
stavate
facendo qualcosa o, comunque, pensavate di voler fare qualcosa o, per lo
meno, qualcosa da fare c’era;
in
tv c’era una cosa imperdibbilissima;
non
avevate un cavolo da fare (ma non è un buon motivo per avere le balle
rotte).
La fattispecie uno è gravissima. In questo caso le risposte
alla telefonata sono irriportabili, per la maggior parte, e tuttavia facilmente
immaginabili. Il consiglio, utile, è quello di estirpare il telefono dalla
presa prima di dormicchiare sereni magari perfino sognando.
La situazione numero due è comune. Ci sono stati casi in cui
l’utente, normalmente, non sarebbe stato a casa nel post prandiale e la
telefonata lo ha sorpreso. Ha avuto un moto interiore, una domanda inconscia
che suonava più o meno così: “chi ca*** glielo ha detto che sarei stato in casa
oggi pomeriggio alle due e mezza?”. Rilassati: sono seriali e non dimenticano.
Ovvero vanno per grandi numeri ma non se ne scordano manco uno, di numero:
richiamano. Argomento con più chiarezza? Se non ti trovano riprovano perché,
prima o poi, a casa ci devi tornare una caspita di volta, magari per sbaglio,
magari per sfizio, magari per peccare, di pomeriggio presto.
Orbene i casi uno, due e tre, differentemente gravi, hanno
risposte suggerite abbastanza simili.
La differenza si sostanzia totalmente nel tipo di reazione.
Reazioni e loro efficacia:
Riattaccate
mentre parlano: rapido ma parzialmente efficace perché potrebbero
richiamarvi convinti sia stato un problema di linea;
Dite
di non essere chi si occupa di telefonia nella casa o dite di essere il
maggiordomo; non efficace perché richiameranno;
Insultate
(più o meno pesantemente): efficace ma un po’ cafone;
Minacciate
dicendo frasi da film del tipo “Bastardo: so chi sei e dove abiti. Attento
a te!”: di sicuro effetto ma poco credibile e un po’ gangster.
Salto la fattispecie numero quattro un po’ perché non ho un
apparecchio televisivo ma anche perché alcuni decoder hanno la funzione pausa:
resta comunque un aspetto intermedio tre la prime tre situazioni e la quinta.
Nel caso in cui la telefonata molesta arrivi in un momento
in cui non eravate occupati in nulla di impegnativo alle reazioni appena
esposte se ne aggiungono altre.
6. state a
sentire e accettate il cambio di gestore alla fine della conversazione:
corretto. Amate il rischio e ci tenete al risparmio. Non lamentatevi se nel
cambio di operatore resterete diversi giorni senza linea telefonica o diverse
settimane a rincorrere telefonicamente tecnici del gestore che vi dovranno
aiutare a ricalibrare parametri tecnici di connessione a internet di cui voi
non capite assolutamente un acca.
7. state a
sentire ma non accettate il cambio di gestore: corretto. Non amate il rischio e
non vi importa di risparmiare pochi euro al mese. Sarà dura spiegare perché non
accettate e all’altro capo della cornetta sentirete una sequela di lamentele e
obiezioni che vi metteranno a dura prova e, forse, vi indurranno a chiudere la
conversazione. Rileggete i punti da 1 a 4 e chiedetevi perché non li avete
usati subito.
Chiudiamo questa breve e non esaustiva trattazione con le
reazione più azzeccata ed efficace. Tale è se non siete interessati ad
abboccare alla nuova proposta commerciale ma avete tempo da impiegare.
Ascoltate il vostro interlocutore ponendo anche qualche
domanda su quale sia la società da cui dipende direttamente e su da quale
ufficio chiami, sui termini del contratto e sui tempi. Fatelo parlare un po’.
Poi attaccate una articolatissima filippica sulle differenze sostanziali tra un
contratto in visione, magari anche a mezzo internet o posta elettronica e una
proposta ascoltata da un utente telefonico anonimo. Parlate lentamente e con
calma e ogni tanto verificate che il vostro interlocutore vi stia seguendo. A
seguire raccontate una disavventura qualsiasi occorsa a voi o a qualche vostro
conoscente nell’accettare un contratto proposto telefonicamente: se non la
avete inventatela come se foste in tribunale alla arringa finale. Il risultato,
sperimentato e garantito al 100% è che non arriverete ai saluti perché,
disperato per il tempo che sta perdendo con voi, il molestatore vi attaccherà
il telefono in faccia e non richiamerà mai più.
Caso, tra l’altro, estremamente raro e da sottolineare è che
sarete soddisfatti che vi abbiano attaccato il telefono in faccia.
Guardate, infine, sul display del telefono la durata della
telefonata e gioite di quanto tempo gli avete fatto perdere.
Il mio record personale è di 9 minuti e 43 secondi.
Posso migliorare.
Colonna sonora: Steve Wonder "I just called to say I love you"
Succede un po’ a tutti di svegliarsi con una canzone in testa. Spesso sono canzoni popolari ascoltate un bel po’ di anni prima che si riaffacciano, inaspettate, e te ne ricordi qualche brano, magari la melodia o il ritornello. A me è capitato, prepotentemente, di percorrere la strada da casa al lavoro con questa canzone nel cervello, sempre più presente metro dopo metro al punto che mentre parcheggiavo la vespa cantavo incurante degli sguardi dei passanti. Si: in auto, come in Vespa, come per casa canto e fischio. Ciascuno ha le sue modalità nell’aggredire il mondo: una canzone li seppellirà (o ci salverà: non so). A parziale giustificazione va detto che la canzone in questione è splendida, struggente, romantica. “L’ultima occasione”, 1965, un quarantacinque giri cantato da Mina, parole di Del Monaco e musica di Jimmy Fontana, cantata anche da Ornella Vanoni, Claudio Baglioni, Francesco Renga. Se girate un po’ sul tubo troverete diversi video.
Una come te io non la troverò mai più una come te. No, non posso più chiederti tempo per cambiar perché sarebbe inutile sarebbe solo per pietà ed io non voglio più pretendere le cose che non merito da te. E perderò così anche quest'ultima occasione che mi dai e sarà tardi quando cercherò di te. Ma non posso più chiederti tempo per cambiar perché sarebbe inutile sarebbe solo per pietà ed io non voglio più pretendere le cose che non merito da te. E perderò così anche quest'ultima occasione che mi dai e sarà tardi quando cercherò di te di te...