marco valenti scrive

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15 febbraio 2011

la larghezza



Sono un fruitore di motoveicolo. Lo uso da trenta anni per piacere una volta, per necessità quotidiana da sempre e ogni giorno. Nella tag “i diari della vespa” su questo blog ne offro un piccolo spaccato.
Orbene, ciò premesso, tempo fa mentre scendevo per il muro torto (tortuosa arteria stradale ben nota a chi calpesta le strade romane) consideravo per l’ennesima volta come sia sempre più difficile per uno scooterista svicolare e raggiungere il semaforo prossimo venturo. Ripensando spesso a me un tempo teen ager su un ciclomotore ricordavo ardimentosi e fruttuosi slalom senza riuscire a ripeterli e mi supponevo cinquantenne un po’ rimbecillito.
Banalmente mi dicevo che dovevo essere invecchiato non poco se non riuscivo più a fare slalom come facevo un tempo tra gli autoveicoli.
Mi rammaricavo, da un po’, del non riuscire più in evoluzioni tali da portarmi più rapidamente in pole position allo scatto del successivo prossimo (?) semaforo. In tutto questo mi convincevo, giorno dopo giorno, di una sopraggiunta maturità, assenza di sconsideratezza, che mi aveva inevitabilmente portato ad una prudenza di guida, ad una sorta di maturità, per la quale zig-zagare era roba dello scorso millennio e mi ci andavo abituando.
Brutalmente mi dicevo che mi ero fatto vecchio e non era più cosa mia svicolare come facevo da ragazzo.
Ci facevo l’abitudine a questo pensiero: un po’ come la cataratta, o la prostata.
Mentre scendevo questa tortuosa e mal disegnata via romana a due corsie mi sono trovato nella impossibilità di superare una coppia di auto che avevo davanti e, immobile ed inane, le ho considerate per ciò che oggettivamente erano in termini di marca e modello.
Una Multipla Fiat e un Suv straniero, di cui taccio sciovinisticamente il nome, occupavano la larghezza della carreggiata inevitabilmente.
Gli specchietti retrovisori delle auto medesime facevano ulteriore barriera ad ogni tentativo di incedere.
Ci hanno messo l'obbligo di specchietto a destra e a sinistra: non è indifferente se si svicola.
Impossibile passarle.
Le guardavo. Larghe inespugnabili fortezze e piedi a terra attendevo il loro movimento senza poter fare altro che riflettere.
Ho riflettuto e trovo di non essere poi tanto più rincitrullito o meno incosciente rispetto ai miei venti anni.
Ho capito che non sono io che ho perso facoltà né le strade che si sono fatte più impervie bensì le auto che si sono fatte di era in era più opulente, larghe, svaccate, comode, capienti.
Ostentano comodità, braccioli comodi come poltrone di casa, misure da vasca da bagno invece che di doccia. Dominano l’asfalto e lo occupano inesorabilmente come a ammonirci che il benessere raggiunto non si molla più e. anzi, cerca amplificazione da culo largo, da gadget, da padronanza completa di carreggiata.
Mi spiego meglio e con chiarezza: non sono io che non so più svicolare ma sono loro che producono e vendono auto più larghe.
Non più lunghe: più larghe.
Il brivido su un cinquanta nel superare un autobus è oggi il brivido di superare una spampanata multipla, o un suv, o una esagerazione di portaerei camuffata da auto.
Il ricordo va per forza a quando su una cinquecento fiat (quella vera del tempo) in quattro a bordo si percorrevano centinaia di chilometri, buste in braccio. Un’altra Italia, un altro Paese.
In un periodo di magra però mi chiedo, e vi chiedo: ma ‘sti quaranta centimetri di larghezza in più ci servono davvero? Siamo tutti ingrassati inesorabilmente e non possiamo fare a meno di auto che sono, di fatto dei salotti (manca solo buffet e controbuffet) o (forse) ci hanno indotto a comperare poltrone quando ci bastavano sedie?
Non ho la pretesa di voler individuare quale sia stato il momento ma presumo ci sia stato un momento in cui abbiamo cominciato, tutti, chi più chi meno, ad esagerare. Abbiamo esagerato, solo per esempio, comprando macchine più larghe dei nostri deretani ma, oggettivamente, abbiamo sovrabbondato nel soddisfacimento dei nostri bisogni, sarà stato “il mercato” o la voglia (reale o indotta?) di gratificazione delle nostre fatiche.
Tant’è ma le strade si son fatte strette per il mio vespone e le tasche di tutti noi vuote per finanziamenti destinati a pagare il superfluo.
Chi più chi meno.
Non oso auspicare un dibattito me spero suscitare qualche piccola considerazione in qualcuno convinto che, tra drogati di consumo e di mercato, alberghino ancora spazi per fermarsi e pensare.
Non so se mi sono spiegato ma so che lo vorrei tanto.

2 commenti:

  1. je ne comprends rien au texte , mais j'adore la photo ! ^^

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  2. Se è vero (etc...) che, come ha detto qualcuno che non ricordo "la tecnologia è il futuro non pensato", l'allargamento delle macchine lo rappresenta benissimo.... come al solito non si è pensato ad allargare le strade! ma quanti sono quelli che, per i pochi che si sono allargati, si stanno invece restringendo sempre più?

    Giuseppe

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Costretto al test di verifica dal proliferare di spam. Mi spiace. Spero molto in tanti commenti e spero che, a prescindere dal fatto che non vengano moderati da me, siano di buon gusto e vengano firmati. Buona lettura e buon commento a tutti.