le cose ci sono, sono lì a rispondere ai nostri sguardi più o meno sicuri, alle domande che non facciamo e nemmeno sappiamo, a salvarci e a condannarci: sempre e pur tuttavia solo cose.
Sarebbero chiare se noi non fossimo così confusi. Non sono le cose a comandare ma l'atteggiamento che abbiamo noi di fronte ad esse. Come ci poniamo, come scegliamo se parlare o meno e cosa dire e cosa tenere per noi e non condividere.
Cosa lasciare andare.
Ci sono canzoni che assumono significati personali, privati. Ci sono pezzi di molti anni fa che tornano alla mente. Ci sono brani da poter scoprire o riscoprire e date nelle quali vale la pena tirarle fuori. Era sul volo Air France da Buenos Aires. Questa canzone la ha scelta e la ha cantata con noi nel concerto di Roma. Oggi sarebbe stato – è – il suo compleanno. Auguri, Claudia.
Marco <iframe width="420" height="315" src="//www.youtube.com/embed/1CQvwj6jhTo" frameborder="0" allowfullscreen></iframe> “Vorrei comprare una strada” New Trolls.
vorrei comprare una strada nel centro di nuova york
la vorrei lunga e affollata di gente di ogni eta'
e tanta luce nei buffi tubi di vetro colorato
una fontana con mille bambini che giocano
un gatto grigio che scalda assonnato il suo angolo
e voli alti contro i colori dell'arcobaleno
e al tramonto vorrei sedermi all'ombra di un grattacelo
In alcuni casi ci sono pensieri di altri, frasi da romanzi, aforismi, brani di teatro che rappresentano meglio delle parole che potrei scrivere ciò che penso.
Il Blog le esporrà sotto la nuova etichetta "Frasi".
Attaccherei con la televisione.
O attaccherei la televisione?
Emmevù
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La televisione è la prima cultura genuinamente democratica, la prima cultura disponibile a tutti e retta da ciò che la gente vuole. La cosa più terribile è ciò che la gente vuole.
Barnes Clive
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La televisione è l’unico sonnifero che si somministra con gli occhi.
Vittorio De Sica
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“Buon giorno, signor De Filippo: qui è la televisione.”
Le cose sono come sono e non come vorremmo che fossero. Altrimenti non sarebbe neanche piano: sarebbe leggera discesa priva di impervio. Invece le cose che ci capitano solo lì. Ci dicono "Ehi?" e ci tengono attenti. Mentre le cose sono come sono. Sono come sono e non come ce le raccontano o come ce le raccontiamo. Tocca cominciare a farci i conti. E' ora. Adesso è ora, non tra un po'...
Giugno 2009. Un mesetto fa sono stato in Umbria, per lavoro. Un pomeriggio ero a Gubbio, con funzionari Europei e Regionali. Gli Eugubini, per chi non lo sapesse, sono considerati gente un po’ matta (con riferimento alla loro geniale imprevedibilità) e, in pieno centro storico esiste la “fontana dei matti” (in Largo Bargello). Soltanto girando tre volte attorno a questa fontana e facendosi poi schizzare da un eugubino si acquista la cittadinanza onoraria di Gubbio, cioè la patente da matto. …Ero vestito elegantemente: credo sia per questo che sono stato bagnato poco. Ho la patente: poi non dite che non ho avvisato.
Emmevù
p.s.: tra tanti mattacchioni in Europa ce ne è uno con la patente...
Ecco qui. Un nuovo nome, una nuova grafica e la consapevolezza di essere pieno di voglia di continuare a raccontare. Aggiunte arriveranno, come nuovi capitoli e nuove finestre, con la calma dovuta. Questo resta un luogo di piccole riflessioni e suggestioni dalle cose attorno, un punto di vista personale che cerca sponda e condivisione in chi legge. Il libro scritto a quattro mani e due teste rimane nel cuore e nella amicizia tra Piesse ed Emmevù, tra Paolo e Marco, resta nelle pagine di questo Blog fino ad oggi, in parte del mio sentire anche di qui in avanti. Sottoscrivo ogni cosa del post di Paolo. Per quanto detto quindi “Un senso alle cose” non è più un titolo di questo blog, che se ne slega. Nessuno sconvolgimento epocale: fin dall’inizio ciascuno di noi ha firmato, in totale autonomia, quanto ha postato e Piesse, per scelta condivisa, avrà sempre licenza di scrivere qui in totale libertà ed in qualsiasi momento abbia voglia. Non intendo altro che assumermi la responsabilità di questo viaggio che continua. Emmevù.
Questo Blog cambia nome, e aspetto, da lunedì prossimo.
La vita si modifica, ogni giorno. Il più delle volte non ce ne accorgiamo. Cambiamenti radicali, veri sovvertimenti di principio, maturano quasi naturalmente perché mimetizzati al ritmo millimetrico di giornate solo all’apparenza incolori. Di solito, se ne prende atto all’improvviso, con una consapevolezza istantanea e tardiva; quando nulla si può fare più, per salvare ciò cui tenevamo.
Uno dei presupposti del romanzo che scrivemmo insieme era proprio quello di cogliere queste evoluzioni, nostre, proprie, e dell’esistenza in genere; segnarne il passo; congelarne la dinamica in tempo utile a capire; e istigare ognuno a farlo. Vivere di lucidità, sapendosi poi “…ubriacare solo quando ne abbiamo davvero voglia”. Anziché vivere ubriachi e svegliarsi di soprassalto in un cesto di rammarichi.
Nel Blog, nominato dal romanzo, abbiamo fin qui riversato un legittimo desiderio di enfasi. Una congerie di principi, che sentivamo insieme, e sapevamo condivisi da chi ha avuto la gentilezza di leggere, seguire e commentare.
Ora, prima che l’abito si gualcisca, cambiamo aria. Sulla base di quegli stessi principi, andiamo avanti; affinché il romanzo “Un senso alle cose”, che vive di una sua vita propria, resti punto di partenza, e non diventi ingannevole punto di arrivo.
Il contributo che davamo a queste pagine era diverso. Per quantità, non per qualità. Se all’inizio ciò era peculiare, negli ultimi tempi ha marcato una diversità di aneliti. Dato che la nostra è una vera amicizia, ne abbiamo parlato. Abbiamo individuato i segni di un cambiamento; gli scenari di un cammino che, seppure affiancati inscindibilmente da una stima profonda e integra, ci vede percorrere, per il momento, sentieri differenti.
Questo era, ed è, il senso che noi vogliamo dare alle nostre cose.
Guardo l'aperta campagna dal finestrino di un treno e mi trovo costretto ad ammettere una ignoranza pressoché totale sulle colture che si susseguono in una epifania di campi, serre, frutteti. Me ne rammarico e me ne vergogno un po'. A volte ci stupiamo e sorridiamo della ignoranza altrui ma ora mi trovo irrimediabilmente cittadino a constatare di non sapere e di non avere idea di come colmare questo pauroso distacco dai tempi e dai ritmi della terra. Emmevù
Pranzo, solitario, in albergo durante un viaggio di lavoro e traggo consolazione da gran buon cibo prima di una riunione che spero, in cuor mio, meno faticosa del prevedibile. Il cameriere, già visto in viaggi precedenti, mi accompagna al tavolo che è vicino - troppo vicino - a una coppia. Sono un lui e una lei che pranzano ed hanno interessi di lavoro comuni ma mancano di altre prossimità. Per me trota ai ferri ed erbe, patate al forno, pomodorini gratinati: della coppia non so perchè sono alle mie spalle. Entrambi inanellano frasi che non posso non sentire e, non ignorando i temi trattati, le banalità impressionanti (di lui soprattutto) quasi mi spingono all'intervento. Non lo faccio, ovviamente, ma il bianco che bevo da piacere qual è diventa medicina. Cauterizza. Solo parzialmente giova un altrimenti strepitoso dolce ai frutti di bosco. Ciascuno pranza dove capita e ne paga le conseguenze. Caffè e via in camera a sciacquarmi il viso e impupazzarmi per la riunione. Mi chiedo: l'uso di un Ipod (o di un Walkman) al ristorante è da considerarsi violazione delle buone regole? emmevù
Tirare il collo a una bottiglia di rosso DOCG di 14 gradi mangiando formaggio di fossa (sul formaggio, prometto, ci tornerò in altro post) in compagnia di un amico con cui si fanno le ore piccole. Il fresco del giardino. Discutere animatamente, mai animosamente, di politica, vita (in)civile, scrittura, blog. Andare in fondo al senso delle cose, magari trovando significati diversi. Ecco: questo è bere con un senso.
Emmevù.
p.s.: il cretino che stamattina ha citofonato, sbagliando, alle sette e un quarto ha maledettamente molto ma molto meno senso