marco valenti scrive

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20 dicembre 2016

Il naso (parte 1 di 2)


Questo mio racconto faceva parte di "Cinque canti di separazione" (fuori catalogo): vorrei condividerlo. Viene diviso in due parti per facilitarne la lettura via web.

Marco Valenti


IL NASO



La prima volta non ci fece caso.
Stava tornando a casa dal lavoro divorato dal traffico caotico del venerdì sera, quello che somma indistintamente i rientri con le uscite, operai e impiegati stanchi con più abbienti in fuga per la serata o per tutto il fine settimana. Pensava a lei e la sua assenza riempiva il tragitto e rendeva sopportabili le lunghe code di automobili e secondario il disagio automobilistico.
Antonella in primo piano, il suo sorriso e i suoi occhi intensi avidi di lui: tra i due frammenti, nell’ovale regolare del viso un’assenza.

Arrivato a casa si spogliò di cravatta e camicia e saccheggiò di birra gelata il frigorifero; i sorsi lunghi e voraci gli provocarono un singhiozzo esasperante con conseguente tasso di nervi in crescita. Accartocciò il pacchetto di sigarette vuoto e ne aprì subito un altro.
Accese e la rivide nell’atto di accendere due sigarette e porgergliene una espirandogli addosso una nuvola azzurra. Le sue labbra ridotte a poco più che un cerchio dall’espressione del tirar fuori il fumo, la testa a scuotere i lunghi capelli neri. La mano sinistra che porge la sigaretta, la destra che passa sulla tempia e tira indietro i capelli appena scossi. L’orecchia regolare e tonda, la mano lunga e grande. Di nuovo un indefinito, stavolta percettibile. Ripensò a lei che sorrideva, ripassò con sofferenza i suoi lineamenti scossi nei loro amplessi abissali, l’abbronzatura delle settimane a sciare quanto il pallore delle sere affaticate con gli occhi incavati da occhiaie da troppo lavoro: ovunque colse lo stesso vuoto.
Lorenzo non trovava il suo naso.
Un industriale ed industrioso ricorso alle birre dal frigo, frammezzato appena da qualche fetta di pane in cassetta, liscio, lo ricondusse a minimizzare la cosa e a perdersi piuttosto dietro alle ferite della sua uscita di scena.
Me ne vado, aveva detto lei, e quando stasera tornerai non sarò più qui. Otto mesi fa. Una discussione come un’altra, aveva pensato lui, è almeno una quindicina di giorni che è strana, irascibile che non si sa come prenderla; stasera torno e si fa pace. Le parole di lei gli erano parse poco più che uno scherzo

31 gennaio 2013

In cucina


 
 
Tavolo di cucina, le sette e tre quarti, un mercoledi. Prima colazione.

Pausa.

“Che hai stamattina?”.

“Anche stanotte non ho dormito bene. Non mi hai sentita ma alle quattro ero già in piedi.”.

Pausa.

“Ho capito. Preoccupata?”.

Pausa.

“C’ho l’angoscia e mi sveglio. Penso e non mi riesce più di dormire.”.

“Come posso aiutarti?”.

“Troppo tardi.”.

Pausa.

“Ah.”

Pausa più lunga.

“Sono oltre.”.

 
Lì lui si alza e va in bagno.

Per la prima volta si è scordato di finire il caffè.
 
 
(Marco Valenti - "in cucina" - da Cinque canti di separazione - 2007)

1 novembre 2010

in cucina

In cucina

Tavolo di cucina, le sette e tre quarti, un mercoledi. Prima colazione.

Pausa.

“Che hai stamattina?”.

“Anche stanotte non ho dormito bene. Non mi hai sentita ma alle quattro ero già in piedi.”.


Pausa.


“Ho capito. Preoccupata?”.


Pausa.


“C’ho l’angoscia e mi sveglio. Penso e non mi riesce più di dormire.”

“Come posso aiutarti?”.

“Troppo tardi.”.


Pausa.

“Ah.”.


Pausa più lunga.


“Sono oltre.”.





Lì lui si alza e va in bagno.





Per la prima volta

si è scordato

di finire

il caffè.



(da "Cinque canti di separazione" di Marco Valenti)