le cose ci sono, sono lì a rispondere ai nostri sguardi più o meno sicuri, alle domande che non facciamo e nemmeno sappiamo, a salvarci e a condannarci: sempre e pur tuttavia solo cose. Sarebbero chiare se noi non fossimo così confusi. Non sono le cose a comandare ma l'atteggiamento che abbiamo noi di fronte ad esse. Come ci poniamo, come scegliamo se parlare o meno e cosa dire e cosa tenere per noi e non condividere. Cosa lasciare andare.
marco valenti scrive
24 settembre 2020
Lettera dalla Capitale
Roma, 9 febbraio 2019
Caro amico,
mi chiedi come vadano le cose qui a Roma nell’ultima tua ed io ho esitato un po’ prima si risponderti.
Come sai ho abbandonato da qualche mese la mia Vespa 300 per uno scooter 150 con ruote più grandi, ABS, Euro 4 e, un po’, da estimatore da sempre della Vespa, mi è dispiaciuto.
Ti starai chiedendo cosa c’entri con la città e ti rispondo subito.
Roma, dall’area più centrale – Piazza Venezia e il Campidoglio – fino a tutte le sue periferie, fino al territorio metropolitano con i suoi quattro milioni di abitanti ha una situazione stradale da città bombardata.
Provo a spiegarti, amico mio, ma non è facile.
5 settembre 2020
Papà, io e Nino Benvenuti
Mio padre, classe 1924, era un appassionato di pugilato.
Televisione in bianco e nero, da piccolo stavo con lui sul
divano di casa a guardare gli incontri di box e ad imparare dai suoi commenti.
Più in là negli anni mi disse che alle Olimpiadi del ’60 aveva
rimediato i biglietti a bordo ring per la fase finale: quarti, semifinale e
finale del 5 settembre.
Mi disse “non ci sono andato per colpa tua”.
Il giorno dei quarti di finale mia madre ebbe le doglie e
venni al mondo.
Papà si perse Benvenuti vs Mitsev, il giorno dopo Benvenuti
vs Lloyd; il 5 settembre l’oro olimpico di Nino Benvenuti contro il russo Jurij
Radonjak nella categoria Pesi Welter. Ci fu quella di Cassius Clay nei
Mediomassimi e quella di Francesco De Piccoli nella categoria dei Pesi Massimi.
Cassius Clay è stato immenso. De Piccoli non me lo ricordo,
probabilmente perché ebbe una carriera professionistica breve e meno fortunata
di Nino Benvenuti.
Con papà ricordo bene di aver visto i tre mitici incontri di
Benvenuti con Griffith e aver tifato per lui fino all’ultimo incontro perso con
Carlos Monzon e al suo ritiro.
“Non ho visto la finale delle Olimpiadi di Roma per colpa tua”
mi è rimasto impresso. Era, sia chiaro, detto in modo scherzoso – una specie di
ricordo mancato – ma mi veniva ripetuto spesso. Magari dopo un bell’incontro
visto insieme o quando discutevamo su chi fossero stati i migliori pugili di
sempre.
Qualche anno fa ero a “Più libri più liberi”. In anticipo per
la presentazione che mi interessava, entrai in sala a vedere la precedente nella
quale Gianni Clerici presentava un suo libro sul tennis: sul palco, tra gli
altri, Nino Benvenuti.
Un omone, di una certa età, brillantissimo, che risponde con
intelligenza alle domande che gli vengono poste.
La presentazione finisce.
Vinco la mia assoluta timidezza di fronte a qualsiasi persona
famosa e riesco a parlargli. È più alto di me e quando ci stringiamo la mano mi
rendo conto che potrebbe stritolarla. Ha una bella faccia e uno splendido
sorriso. Dopo brevissimi convenevoli gli racconto la storia.
Concludo sorridendo con un teatrale “Pensi! Me lo ha sempre
rinfacciato di averla persa. Poi a bordo ring…”.
Nino Benvenuti, fulmineo: “è andata peggio a me: io sul ring
c’ero!”.
Marco Valenti
Le Olimpiadi di Roma hanno passato i sessant'anni. Pure io...