marco valenti scrive

marco valenti scrive

27 dicembre 2019

La politica spiegata col pallone



La politica spiegata con il gioco del pallone


Nel nostro Paese sono quasi tutti esperti di calcio.

Ne parlano con animo e con passione. Molti vedono le partite in televisione; altri allo stadio; tantissimi leggono i giornali sportivi e chiacchierano, più o meno tifosi e con più o meno calore, con amici, colleghi di lavoro, avventori al bar. Si intendono di tecnica, si informano dei profili dei giocatori professionisti, ascoltano le radio private e vedono le trasmissioni televisive che parlano di pallone.
È di gran lunga lo sport più popolare.
Alcuni addirittura lo praticano, dividendosi tra chi lo fa per puro diletto e chi ne fa una professione agonistica.

Si accede a questo universo da bambini e difficilmente ci si distacca.

L’idea vincente che lo rende facilmente attraente è che per provarlo basti uno spazio, un pallone, due cose qualsiasi a delimitare una immaginaria porta da difendere o da violare (secondo se attacchi o difendi). Il calcio è una metafora della vita.
Forse è adoperabile come metafora della società italiana e della sua politica. Del nostro vivere la politica italiana e nella società italiana.
L’accesso al mondo del gioco del pallone, l’alfabetizzazione allo stesso, l’attività del praticarlo sono molto anticipati rispetto alla politica.

Di calcio se ne sente parlare prima e si sente parlare di desto o sinistro ben prima di indagare le categorie di Destra e Sinistra; i concetti di attaccante e difensore vengono assorbiti prima di quelli di progressista e reazionario. Soprattutto, evidentemente, l’ingresso nel calcio tifato e giocato è antecedente all’essere elettore o eleggibile.
Chi diventa un giocatore professionista lo diventa per qualità atletiche personali ma anche per averle coltivate con passione e dedizione fin da piccolo: campetti, strade, scuole di calcio, oratori, squadre minori giovanili.


Passione e dedizione per le quali sovente i ragazzi che arrivano ad esordire prima della maggiore età nel professionismo hanno trascurato lo studio scolastico per prepararsi adeguatamente e al meglio al calcio.

Certamente ci vuole fisico e fortuna ma è fuor di dubbio che se non sei capace non ci arrivi a diventare un professionista e, tanto meno, arrivi in serie A. L’affermazione avviene attraverso una selezione spietata e un continuo esser giudicati e valutati in base al rendimento.
Comunque – chi più chi meno – tutti hanno dei “fondamenti del gioco” e ben presto la consapevolezza se potranno o meno avere un futuro da lavoratore nel campo (e sul campo).

Le regole del gioco poi, per quanto possano essere complesse, sono note e accettate universalmente. Se si discute (lo si fa moltissimo) è su una decisione arbitrale; non sulle regole del gioco.

Prendiamo una qualsiasi classe di età di tifosi e di appassionati di calcio maggiorenni e assimiliamoli agli elettori e agli appassionati di politica dello stesso anno.
Mio figlio è nato nel 1994 e perciò ha 25 anni. Sui giornali quotidiani dell’epoca, in quei giorni, si parlava del primo governo Berlusconi (così: per dire). Quindi – tanto è un esempio – prendiamo i venticinquenni. Votano da sette anni ma sono spesso scarsamente alfabetizzati sulle regole di funzionamento, leggi e norme, della “cosa pubblica” per la quale votano e pensano che non abbia rilevanza nella loro esistenza.

Accade molto spesso: non minimizzate il problema e non sottovalutatelo.

Dipende dal livello di studi, dalla famiglia di appartenenza, dall’ambiente sociale dove si è cresciuti e si vive. Se sei nato da genitori borghesi e laureati e ti sei laureato, e vivi in un bel quartiere è diverso dall’essere nato in periferia, o in un piccolo paese, da genitori poco abbienti e poco istruiti. Se vedi mostre d’arte e concerti o passi le sere al baretto è diverso. Se usi il congiuntivo o meno è diverso. Elabori in modo differente quello che ti capita e capita intorno a te.
Se in casa si leggono libri e giornali, se si guarda la televisione e cosa si guarda in televisione. Dipende da cosa si cerca nel web, da come lo si adopera. Ci sarebbero un sacco di considerazioni da fare, spero ne conveniate, ma non è questo il punto.

Torniamo al parallelismo proposto e, quindi, in politica ci possono essere tifosi (senza sapere come funziona la cosa pubblica) o, altrimenti, non votanti. Privi delle basi. Non per colpa loro ma perché non le hanno osservate, non gliele hanno insegnate, non hanno avuto la necessità o l’interesse di conoscerle. Però votano o, comunque, possono votare.
A venticinque anni non solo possono votare: possono anche essere eletti. Come dire che oltre a tifare possono scendere in campo. Possono scendere in campo non conoscendo il gioco ma venendo eletti da altri che magari sono solo elettori-tifosi ma non conoscono il gioco.
Un giovanotto qualunque nella politica può finire in serie A senza aver mai giocato.
A quel punto ha titolo per giocare e pulpito dal quale parlare, ma è lecito pensare che la qualità del gioco peggiori, che le squadre politiche italiane siano niente rispetto a quelle degli altri Paesi fino a scomparire da qualsiasi competizione internazionale. Che altri si disamorino della politica o che tifino sempre meno motivatamente, che parlino a vanvera, che il livello dei discorsi (sul calcio) precipiti in risse dove uno vale uno.

Potrete anche pensare che stia uscendo dalla metafora e percorra iperboli impazzite: lo ho messo in conto.
Ma considerare tutta la categoria dei giovani come una risorsa preziosa da ascoltare e da valorizzare come nuova classe politica e dirigente del Paese sarebbe come affermare che tutti i giocatori di calcio con almeno quindici anni di esperienza siano da mantenere nel calcio giocato. In un caso gioventù e vigoria sono sopravvalutati rispetto alle capacità; nell’altro lo sono l’esperienza e la professionalità rispetto alla vigoria. Non vi è dubbio. Salvo eccezioni.
Aggiungo che questo mio modesto contributo è tardivo. Non può reggere più il giovanilismo se un Ministro ha due terzi dei miei anni ed io ancora sono un lavoratore attivo.
Non sono i babyboomers come me che hanno preso il Potere e i posti ma persone di ogni età, ogni estrazione, ogni censo.
Uno vale uno.
Io, per quel che vale, non ho tolto “aria e ossigeno” a nessuno: pertanto se suonate al mio citofono per lamentarvi avete sbagliato interno.

Avete sbagliato parecchio.

Ci tengo particolarmente a ribadirlo.

Ma tutto scorre come se nulla fosse. Siete sicuri che sia normale?

Magari, se volete, proseguo con i diversi ruoli del gioco del pallone. Oppure mi taccio.

1 commento:

Costretto al test di verifica dal proliferare di spam. Mi spiace. Spero molto in tanti commenti e spero che, a prescindere dal fatto che non vengano moderati da me, siano di buon gusto e vengano firmati. Buona lettura e buon commento a tutti.