Ripubblico adesso un post scritto nel 2010 e a Roma. Lo faccio mentre si parla di immondizia e di chi rovista tra i rifiuti pensando di perseguire qualcuno. Accattone, questuante, rifiuto e rifiutato. Tempi sciocchi. Consideratelo una ironia, o una allegoria, o un appello inascoltato: non importa...
Tempo fa ho fatto una passeggiata nei giardini della Mole Adriana, Castel Sant’Angelo. Anche lì ho trovato le cornacchie. Uccelli spazzini e spietati, sprezzanti, piluccavano immondizia e facevano scempio dei cestini dei giardini.
Per scempio, lo dico per chiarezza, intendo che buttavano immondizia per terra, prendendola dai cestini, e cercavano cibi e avanzi.
Venti anni fa (e più, ahimè) mi chiedevo come fare con piccioni (luridi e infestanti) e storni; mi domandavo come preservare le specie avicole di Roma.
Troppo piccoli passerotti e usignoli per resistere.
Oggi corvi, cornacchie e gabbiani stanno distruggendo l’ecosistema della capitale. Distruggono, avanzano, demoliscono, attaccano. Sono impavidi, sfacciati, se ne fregano di tutto e di tutti. Nei giardini non c’erano più passerotti né altri volatili. Il corvo sporco lo ho trovato padrone incontrastato.
Nel mio terrazzo merli, tortore, passerotti ancora. Sopra gracchiare di corvo. Due tortore sono nate qui, nel mio terrazzo. I merli cercano refrigerio nel mio innaffiare (chi se ne frega della odiosa e inutile zanzara) ma la minaccia è anche qui.
Ieri ho sentito un gabbiano, addirittura. Non lo ho avvistato ma c’era.
Arrivano.
Stanno arrivando.
Nessuno fa niente e cornacchie e gabbiani arriveranno.
Nell’indifferenza generale cacceranno passerotti e merli.
Presi da problemi più grandi ce ne disinteressiamo. Quelli, i volatili nuovi e cattivi, scacciano e sterminano le specie più deboli e mansuete.
Si impongono nell’indifferenza generale e passeggiare per un giardino diventa lo squallore del vedere all’opera uccelli raccogli immondizia e ammazza tutto.
Noi, gradatamente, ci abituiamo e nessuno dice nulla.
Il giorno che una cornacchia si poserà davanti ai miei occhi sul mio terrazzo tirerò fuori la mia fionda.
Lo farò perché sono inviperito che mi cambi la città e che nessuno dica nulla. Si vede che non è di moda.
Un po’ come il fatto che tempo fa si parlava del proliferare dei topi in città e oggi non se ne parla più.
Mentre aspetto arrivi la moda di arrabbiarsi per il proliferare di gabbiani, corvi e cornacchie ai danni di tutti gli altri uccelli scrivo questo piccolo post.
Mi diverte infinitamente pensare che, se volete coglierla, questa mia è una formidabile metafora.
Fionda inclusa.
Il post è squisitamente nel tema ma se l’avete colta, la metafora, mi sa di buono.