marco valenti scrive

marco valenti scrive

26 luglio 2010

sliding doors e Gg


Sliding doors.

Il film è una commedia romantica del 1998, di Peter Howitt, con Gwyneth Paltrow, e narra il “cosa sarebbe successo” se non fossero avvenuti taluni fatti assolutamente occasionali alla protagonista.
Un film carino, garbato e curioso, che mi sento di consigliare.
La vita prende delle pieghe, in sostanza, legate ad eventi casuali.
Ciascuno di noi, sottoscritto incluso, attraversa inconsapevolmente le proprie sliding doors e capita che giri a destra piuttosto che a sinistra e che le cose cambino; questo comporta, a grappolo, cambiamenti nelle vite di altre persone.

Un incontro, simpaticissimo e totalmente casuale, avuto da me nell’agosto del 2007, è stato una clamorosa sliding door e so che coinvolgendomi a caduta ha comportato un gran numero di fatti che riguardano un discreto numero di persone.
Mi trovavo in vacanza con mio figlio in un villaggio turistico; tra gli altri ospiti GG, un ragazzo simpatico di una decina d’anni meno di me, era lì con la figlia in una situazione simile, per alcuni versi, alla mia; ci è capitato di scambiare chiacchiere con piacevolezza e sincerità.
Avendo saputo che avevo storie scritte, che erano allora sogni nel cassetto, mi ha consigliato, da espertissimo internauta qual era ed è, diversi siti per provare a pubblicare e per condividere opinioni sui libri.

Devo anche a lui l’aver pubblicato i primi due libri con l’editore Boopen (
www.boopen.it) e soltanto a lui devo l’essermi iscritto alla più bella comunità virtuale di lettori esistente sul web, Anobii (www.anobii.com; consiglio chi ama i libri di farci un giro).

Proseguo partendo da questi eventi.
Su Anobii ho conosciuto amici;
persone di Anobii (cosiddetti “Anobiiani”) hanno letto il mio libro;
ho conosciuto personalmente diversi anobiiani e sono amico di alcuni di loro;
con una donna splendida (Delia), anche lei conosciuta sul sito, ho una relazione sentimentale;
un mio carissimo amico ha conosciuto questa deliziosa persona e sono diventati amici;
Delia ha fatto conoscere al mio amico una sua amica francese;
l’amica francese e il mio amico ora stanno insieme.

Le considerazioni sarebbero tante così come le persone coinvolte;
mi sembra davvero parecchio e credo che diverse persone potrebbero dire, con me: grazie GG!
Emmevù

23 luglio 2010

Fari




Ancora disegna. È più pigro, per i motivi che ho argomentato sufficientemente, ma ancora disegna. Gli hanno regalato un calendario con le immagini di fari. Sono quei calendari a tema: gatti, cavalli, cascate, fari…

Ha preso carta e penna e ci ha perso un po’ di tempo.

C’è poesia e intento compositivo. Mano. Mi viene voglia di condividere con voi questi schizzi. Tornerò illustrando oggetti più antichi e affidabili. Ovviamente.

Ma i fari non sono bellissimi?

14 luglio 2010

ansia da scooter


Riesco ad aggiungere ansie al mio viaggiare in modo imperfetto e voglio raccontare l’ultima arrivata in ordine di tempo.

Il primo tratto dei miei spostamenti, dei miei viaggi, avviene il più delle volte con il mio scooter.

Da casa, trolley tra le gambe, mi reco alla stazione dove lascio il velocipede e prendo il treno; l’aeroporto è servito da un trenino e, quindi, anche quando mi aspetta un volo la procedura è la stessa.

Non sono possessore di autorimessa e quindi il mio due ruote rimane parcheggiato vicino casa, su strada.

Il modello di ciclomotore che uso attualmente è un Piaggio Liberty, 150cc, e – per quanto non sia in cima alle mie preferenze in materia di due ruote – svolge egregiamente il suo mestiere. Tuttavia ha una particolarità costruttiva, singolare, che porta all’ansia di cui voglio parlare. Sul lato destro del mezzo, una trentina di centimetri sotto la sella, è visibile un bulbo che ha la funzione di portare il carburante dal serbatoio al motore. Orbene è possibile smontarlo con una botta secca e prosciugare il serbatoio.

In altri termini: gli dai un calcio, ci metti sotto una lattina o una bottiglia di plastica, ti procuri un po’ di benzina. Al mattino, quando vado a slegare il mezzo, trovo il danno. Se riesco rimetto il bulbo nel suo alloggiamento riutilizzando la fascetta (quando non rotta) con un cacciavite a croce e spingo fino al più vicino distributore aperto. A volte capita che nella manovra si rompa il bulbo. In questo caso serve attendere l’apertura di un meccanico, spingere fin lì il motorino, accordarsi sui tempi di riparazione e proseguire in altro modo.

Ho lo stesso motorino da alcuni anni e quanto vi ho raccontato è successo, più o meno, una decina di volte.

Bene. Immaginate di avere un treno che parta alle otto di mattina (o un aereo alle nove, nove e trenta) e che servano almeno venti minuti di scooter per arrivare in stazione. A me capita.

E se qualche grandissimo cornuto ha fatto self service?

Ecco la nuova ansia.

Se lo becco, vi assicuro, diventa questione da codice penale. Come si dice dalle mie parti “mi rovino”.

Una moto-rimessa pubblica chiede cifre irragionevoli, cambiare il mezzo ha, pur esso, i suoi costi e, pertanto, non ho soluzioni prossime.

Ne avrei fatto a meno. Suggerimenti?

11 luglio 2010

insalata riciclata


Mia nonna paterna Enza, Provvidenza all’anagrafe di Palermo, era nata all’inizio del novecento e, pertanto, aveva vissuto tutte e due le guerre mondiali. Aveva visto negli occhi la fame, durante la seconda grande guerra e le era rimasto il senso del risparmio. Radicato senso del non sprecare nulla, soprattutto (ma non soltanto) quando si parlava di cibo. Grattava il pane vecchio, sbucciava frutta e verdura con parsimonia, inventava ogni cosa pur di non fare immondizia del cibo.

Cercava lo sconto, postulava piccoli arrotondamenti al ribasso sui conti del mercato, riciclava quanto era possibile ed oltre. Il boom economico, la crescita, l’austerity degli anni settanta, le targhe alterne la lasciarono indifferente ed indefessa a difendere il buon senso del risparmio, del senso della misura, del denaro, di ogni piccola cosa. Ogni piccolo gesto per lei contribuiva ad un disegno di logica di consumo sostenibile. Non era calcolatrice e non era avara: sto parlando di buon senso innato.

Mi ha cresciuto e di lei ho preso qualcosa in questo senso. Significa cose totalmente altre rispetto alla tirchieria: mi riferisco ad un buon senso nelle cose piccole, alla logica dei piccoli numeri, al buon comportamento che ci hanno fatto dimenticare, sbagliando o perseguendo un disegno di consumo indotto, in una società che consuma più di quanto le proprie tasche consentirebbero.

Oggi, periodo decisamente di vacche magre, ci vorrebbero centinaia di “nonna Enza” e farebbero meglio di nuovi ecologisti modaioli o di catastrofisti dell’ultima ora.

Mi son trovato a sperimentare una ricetta stupida che mi ha fatto tornare in mente la nonna e quanto ho esposto.

Sarà capitato anche a voi di acquistare insalate miste già preparate al mercato (o al supermercato).

Piccola annotazione, detta tra parentesi: nei supermercati, di fronte alle buste pronte e lavate, non dimenticate di leggere il prezzo al chilo. Potereste scoprire con sorpresa che una rucola o un lattughino, poiché puliti e imbustati, hanno il prezzo del miglior filetto…

Mi scuserete se dico cose ovvie ma, vi assicuro, ho avuto sobbalzi di sorpresa nell’esercitare quanto vi ho detto.

Torniamo a noi. Capita che l’insalata invecchi, che prenda un inizio di bruno che mai si addice al consumo fresco e condito: ho il modo per rimediare e ve lo porgo.

In una padella antiaderente mettete un bicchiere d’acqua, l’insalata “anziana” lavata e mondata del “troppo anziano”, un po’ di cipolla affettata finemente, una manciata generosa di olive nere disossate e lasciate andare. Aggiungete un filo d’olio e coprite per non bruciacchiare ma stufare.

Prima di servire lasciare sciogliere una manciata di ricotta tosta grattata, o di pecorino: il coperchio lo consente in pochissimi istanti di fine cottura.

Uscirà fuori un piatto gustosissimo e tutta la soddisfazione di non aver sprecato.

Un bacio a nonna Enza.

Provateci.

Ci ho bevuto del bianco dei Castelli romani, ho accompagnato con due fette di pane casareccio ed un pezzetto di formaggio saporito: ho fatto pranzo gustosissimo.

9 luglio 2010

gigolò

Gigo gigolò

Uno nasce nel 1943 e il secondo nel 1951. Sono cresciuto con le loro canzoni e trovo che alcune siano veramente molto belle. Ora, nuovamente, suonano insieme in giro per l’Italia pezzi dei loro infiniti repertori. In scaletta un pezzo nuovo, un remake italiano di “I’m just a gigolò”, una canzone vecchissima (anni trenta) interpretata da moltissimi e nei ’90 da Lou Bega: cantato da due sulla sessantina come Lucio Dalla e Francesco De Gregori diverte molto per ironia.

Un po’ di autoironia farebbe bene a parecchie persone (sottoscritto incluso, ovviamente): perciò canticchio in continuazione questa canzone.

Emmevù.

http://www.youtube.com/watch?v=btzyFwnCB2I&feature=player_embedded

Solo un gigolò
Un pupazzo nella neve
In mezzo a un campo nella notte
Un passero sul filo
Di un pensiero che si siede
Un pesce innamorato della rete
Un cane e un emigrato
Un uomo mai chiamato
Seduto sul portone di una chiesa
Cosa fai
Dove vai
Io son sempre stato qua
Nel fondo della notte
Sono un gigolò
Un triste gigolò
Che canta
Ho un fiore in una scarpa
Un vecchio sulla strada
La mano sulla spada
Negli occhi
Un cielo o una finestra
Un alter ego
Uno mai nato
Un po' dimenticato
Sdraiato
Con la luna sotto al naso
Cosa fai
Come fai
Volare fino là
Nel cono della notte
Ah I love you baby
Ah I love you baby
Sono un gigolò
Un matto di Lyon
Tra i passi tristi della gente
Sul treno sono un cuore
Che mischi il suo dolore
Nell'acqua buia della notte
Bella gigolò
Grande gigolò
Principe del marciapiede
E occhio che ci sta
E occhio che gli va
E il trucco c'e'
Ma non si vede
Gigo gigolò
Gigo gigolà
La notte passa
E il tempo vola
E canta che ti basta
E basta che ti va...
La vita passa
E fa la ola
E gigo gigolà
E gigo gigolò
La notte ha una carezza sola
E il cuore incaprettato
Di un uomo innamorato
Però
Però che batte ancora
Ah I love you baby