marco valenti scrive

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19 novembre 2014

PASSOCANNONE E POLPO




PASSOCANNONE E POLPO

Come al solito nella mia enoteca del cuore si discute. 
Da ORGANIC%L, a Roma in Viale Jonio, prima di scegliere un vino si ragiona. 
Questa volta la partenza era cosa abbinare ad una tiella di polpo e io ero partito con l’idea di un bianco secco di buona gradazione ma poi, parlando in dettaglio della ricetta, la presenza di pomodoro e la piccanza del piatto, hanno portato Alessio (uno degli amici della vineria) a farmi ragionare meglio. 

Abbiamo passato in rassegna un po’ di rosati fino a convincerci su un rosso siciliano che ancora non avevo degustato.

Ha funzionato. 
Dopo un primo momento di scaramuccia con il peperoncino, il vino ha sprigionato tutti i suoi sentori armonizzandosi e imponendo aromi diversi con l’andare del pasto. 
Il Passocannone (questo il vino) non si è soltanto dimostrato adeguato al cibo: ha duettato con la tiella alla grande.

Ne è avanzato giusto per un calice e il giorno appresso si è comportato magnificamente con una fettuccina al gorgonzola e noci.

Grazie, come sempre, ai consigli di ORGANIC%L.

A seguire quel che c’è da sapere sul vino e la ricetta della tiella di polpi.





PASSOCANNONE

Nerello mescalese
Azienda Agricola Passocannone
via Nazionale 2 - 95012 Passopisciato
Castiglione di Sicilia (CT)
tel. 335 6476635

Annata 2009
(in quell’anno era ancora I.G.T.; dal 2012 ha la D.O.C. Etna).

Rosso rubino intenso, limpido, brillante e consistente e viene ottenuto da vitigno autoctono Nerello Mascalese in purezza. All’esame olfattivo offre fragranze vinose ed inebrianti, distinguibili separatamente per la presenza di aromi fruttati e di profumi appena percepibili di rosmarino, eucaliptus e fiori autunnali.

Il vino Passocannone viene prodotto nella omonima contrada che fa parte della frazione di Passopisciaro ed ha la fortuna di trovarsi nel cuore della zona DOC dell’Etna Rosso prodotto con Nerello Mascalese
Coltivato da sempre nella tenuta della famiglia Del Campo confinante con l’abitato di Passopisciaro frazione di Castiglione di Sicilia e con la proprietà degli eredi di Ettore Majorana per circa 2 km e mezzo di confine. La tenuta è attraversata dalla statale 120 dell’Etna e delle Madonie e si trova a circa 700m s.l.m. Il vino è prodotto con Nerello Mascalese e sin dai tempi dell’unità d’Italia veniva esportato dal porto di Riposto verso tutti i mercati europei ed in particolare verso l’Inghilterra. Il Passocannone è quanto di meglio possa produrre la zona dell’Etna nord grazie al terreno drenante e biodinamico per definizione (rinnovato dalle piogge di cenere dell’Etna);  i terrazzamenti sono tutti in posizione ben ventilata e mai colpiti da nebbie persistenti. L’ottima uva perfettamente sana al momento della vendemmia non può che produrre un ottimo vino. L'Etna Rosso era molto amato da Frank Sinatra (che lo cercava nei ristoranti Siciliani in America) e da Ettore Majorana, grande fisico atomico che qui trascorreva il periodo di villeggiatura di luglio e agosto con la sua famiglia, fino all'anno della sua misteriosa scomparsa, nel 1938. La posizione geografica è unica, non solo per la magnificenza dell'Etna, ma anche per gli spettacoli come il doppio arcobaleno che si verifica in presenza della corrente d'aria proveniente dalla Val Demone.
VITIGNO: Nerello mascalese 100%

Prendo le notizie dal sito ViniSiciliawww.winisicilia.it
Appartiene allo storico gruppo dei vitigni “Nigrelli” descritti da Sestini (1760)  nelle sue memorie sui vini della Contea di Mascali. Allevato tradizionalmente ad alberello, è il vitigno più diffuso nell'areale etneo dove si coltiva da tempo immemorabile. Presumibilmente ha legami con gli antichi vini dell'Etna celebrati da Omero e dagli storici latini.
Caratteristiche del vitigno
Pianta mediamente vigorosa, presenta una elevata variabilità intravarietale, foglia medio-grande, intera o trilobata, di forma pentagonale o cuneiforme; grappolo medio, spesso alato, più o meno compatto, acini medio-piccoli, sferoidali o ellissoidali corti, buccia spessa e consistente di colore blu-violacea.  Maturazione tardiva.
Caratteristiche del vino
Il vino è elegante e di grande personalità, tendenzialmente tannico, di colore rosso rubino con riflessi granati, l'ottima struttura e il buon corredo aromatico lo rendono adatto all'invecchiamento.
DOC: Etna, Faro, Contea di Sclafani, Marsala, Riesi, Sambuca di Sicilia.

TIELLA DI POLPI – la ricetta

Ingredienti:
 - per la pasta: 600 gr. di farina, sale fino, 4 cucchiai d’olio extra vergine d’oliva, 2 bicchieri d’acqua tiepida, un quadratino di lievito da pane.
 - per il ripieno: 1,200 Kg di polpi veraci (caratterizzati dalla doppia fila di ventose sui tentacoli) puliti, prezzemolo, aglio, olive di Gaeta snocciolate, pomodoro a pezzi, sale e peperoncino.
Preparazione
- per la pasta: si fa una fossetta con la farina nella quale si aggiunge sale fino, olio e l’acqua nella quale si è preventivamente sciolto il lievito. 
Si impasta il tutto fino ad ottenere una pasta morbida e vellutata che viene divisa in panetti poco più grandi di un pugno (occorrono due panetti per tiella) che vengono lasciati a crescere per un’ora avvolti in una tovaglia. 
Il panetto cresciuto si stende con un matterello per ottenere due dischi, di diametro leggermente superiore alla teglia, nei quali si metterà il ripieno.

- per il ripieno: i polpi puliti e lessati si tagliano a pezzetti, si condiscono con molto prezzemolo e aglio tritati, pomodori a pezzi, olive di Gaeta snocciolate, poco sale e peperoncino. 
Il tutto, così preparato, si lascia in un colabrodo affinché diventi più asciutto possibile. 
Si trasferisce quindi in una ciotola e si aggiunge olio d’oliva. 
Il primo disco viene disteso su una teglia unta d’olio, si aggiunge il ripieno, si copre con il secondo disco facendo aderire i bordi, si taglia il superfluo, si fanno dei piccoli pizzi sui bordi con le dita e dei buchi con la forchetta sul disco superiore. Si cosparge con un filo d’olio e si mette nel forno a 200° per circa 30 minuti. 
Si mangia tiepida o fredda.


13 giugno 2014

il lato francese delle ostriche

Il lato francese delle ostriche...



Ho già parlato di ostriche e ho raccontato del banco del pesce in un mercato vicino casa e di come ho accompagnato le sue ottime ostriche di Anzio.
Spingete su clic e potrete ripassare anche l’abbinamento.

Un po’ di tempo fa ho scoperto che il medesimo spacciatore ha arrivi settimanali di ostriche dalla Bretagna e dalla Normandia.

Il sito ufficiale della Francia (tanto per sottolineare che su un bel po’ di cose sono più avanti di noi) vi spiega meglio di quanto potrei fare io le diverse caratteristiche e tutte le zone di produzione.
Concedetevi un secondo CLICK.

Mi sono procurato dieci ostriche: quattro normanne e sei bretoni.

Avendo in casa dei fiori di sale di Noirmoutier (che è in Vandea – altra zona di ostriche) ci ho lavorato del burro con un trito di prezzemolo. Spalmato su crostini di pane caldo avrebbe accompagnato le ostriche.




Serviva il vino. 
Desideravo che fosse d’oltralpe come il sale e le ostriche e sono tornato dagli amici di Organic%l, enoteca di vino biologico.




Anche se loro sanno della mia preferenza per i bianchi fermi insistono (quando dopo lunga discussione siamo in finale) per un leggero perlage che smorzi appena il grasso del burro e delle ostriche.

Muscadet. 
Ci attestiamo vicino Nantes, vicino a Vallet. 
Non siamo tanto distanti dall’isola di Noirmoutier da dove viene il sale. Siamo tra il fiume e l’oceano. 
Viti di più di 40 anni, solo fertilizzanti organici. 
Perlage leggero e a grana finissima. Colore giallo paglierino. Profumato di fiori più che di frutta, appena agrumato. Sapido e persistente.

Mi hanno anche spiegato che “sur lies” sta per “sulle fecce”. Trattasi di una alternativa al metodo di affinamento in bottiglia e che la feccia è, in questo caso, formata dai lieviti dopo la loro attività di fermentazione: se dovessi spiegarmela direi residui di lieviti morti. 
Probabilmente detta così non è elegante ed è poco corretta ma il concetto è quello. 
Le cellule morte dei lieviti cedono ancora qualcosa al vino prima che sia imbottigliato.

Un crostino imburrato, un’ostrica, un sorso di Muscadet Sèvre  & Maine sur lie 2011.
Si inseguono, si contrappongono e si esaltano. Ti lasciano prendere tutto il tempo che desideri tra un gesto e il successivo.
Fanno festa insieme, si corteggiano.
Le ostriche scelte sono carnose, grosse, profumate e saporite oltre ogni immaginazione.
Mentre le proviamo sappiamo che fino a due giorni prima erano vive nell’oceano francese.



Prima dell’ultima ostrica osiamo lasciare il Muscadet e cambiamo registro. Chiamiamola una botta di coraggio che ha funzionato. Premeditata e riuscita nel nostro caso ma consigliata soltanto se si ha voglia di lavorare sugli abbinamenti per contrasto.

Sauternes Aoc Chateau Haut-Monteils 2003 

Domaine de Monteils.

Il Sauternes è un vino dolce che non ha simili tra gli altri vini. Con grossolana approssimazione potrei parlare di alcuni passiti siciliani, magari di Lipari, ma solo perché mi concedo di essere grossolano e pressappochista.


Il dolce del vino smorzava magnificamente il sale del burro e dell’ostrica così come prima il Muscadet l’aveva esaltato e accompagnato in modo trionfale. 

Coppie diverse ma ugualmente affascinanti: una sincronizzata in un valzer perfetto e l’altra a meravigliarti con un rock acrobatico.


A misfatto compiuto, sorpreso del risultato straordinario mi sono tuffato nel web perché qualcuno riuscisse a spiegarmi la meraviglia che ci aveva preso con l’accostamento tra il dolce liquoroso del Sauternes e il sapore del burro salato e quello dell’ostrica. Con un certo orgoglio vi mostro una cosa che ho trovato nel selvaggio web:

http://www.coquinaria.it/archivio/vino/abbinamenti/contrasto.html

Non è stata una cena economica dato che considerando anche il Sauternes siamo andati oltre i 50 euro. Considerando che il Sauternes lo abbiamo ammortizzato, ovviamente, nel tempo quel che posso dirvi è che a conti fatti siamo stati trattati meglio che in molte trattorie.

Quando si parla di cibo e di vino da un certo livello in su bisognerebbe saper usare quelli che vengono definiti descrittori: parole comunemente condivise per raccontare alcune sensazioni provate. 

Mi scuso per il mio grossolano lessico ma vi auguro una esperienza analoga a quella che vi ho appena accennata.




17 aprile 2014

In vino veritas





Concordo totalmente con il pensiero espresso da Baudelaire: chi sono io, del resto, per contraddirlo?
Mi riservo, prima o poi, un bel post pieno di frasi sul vino.

Parlo di vini solo quando mi sono piaciuti molto, spesso abbinati con ricette che ho sperimentato e che sono riuscite.
Ne parlo senza patenti di esperto però ne parlo con gioia: un buon vino contribuisce al piacere. Provo a capirne di più ma non so se riuscirò mai a distinguere un sentore di ribes da uno di mirtillo: magari è importante ed è per questo che spesso lascio un collegamento a qualche sito che parla di un particolare vino con maggiore proprietà di linguaggio.

Mi aiuta confrontarmi con amici gaudenti e da qualche tempo con la competenza e la passione di una piccola ma appassionata enoteca che ha aperto vicino casa mia, a Roma, in viale Jonio e che doverosamente ringrazio (mai abbastanza!).
Ciao Organic%l, alla salute!

Auguro a tutti di bere bene, di gioirne e di avere l’occasione di sorprendersi anche per una bottiglia e saluto con qualche immagine di vini che ho gustato e dei quali ho parlato: se fate clic sul nome del vino sotto ogni foto  si apre il mio articoletto qui nel  blog.

Prosit!

24 marzo 2014

Damaschito del Vulture: una lettera



Carissimo amico mio,
sto imparando che un vino è come un libro e come una persona: non bisogna avere aspettative da lui ma predisporsi ad aspettare. Aspettare con animo consapevole quello che ci dirà.

Nel caso del vino (ma non solo) manco ancora di consapevolezza.

Non padroneggio quel lessico da iniziati che deriva dall’aver studiato le tecniche di degustazione e averle applicate ed esercitate nel tempo, una bottiglia dopo l’altra.

Come un uomo che abbia visioni e pensieri poetici ma non conosca la metrica difficilmente potrà comporre poesie credibili così io resto ancora un cialtrone quando parlo di vino.

Però la vita è lunga e intanto, nella vita, sto imparando ad attendere senza avere aspettative preconcette.

Resta la gioia della sorpresa e dello stupore di fronte ad un’opera dell’ingegno umano, o di fronte all’uomo stesso, quando un amico o un libro ma anche un vino ti colpiscono per arguzia e capacità narrative.

Così nascono amicizie vere, aldilà dell’idem sentire o dell’appartenenza, oltre le aspettative e le apparenze.

Allo stesso modo di come ho incontrato Céline e il suo potentissimo “Viaggio al termine dellanotte” (solo per farti un esempio) ho conosciuto questo Aglianico del Vulture. 

Sono rimasto stordito non già per gradazione alcolica ma per una complessità narrativa che ancora non sono in grado di testimoniare con le parole giuste. 

Continuo a parlare di vino e cibo e ricette balbettando entusiasmo e cialtroneria.

Resta che le ricette delle quali parlo, almeno, mi sono venute bene. Resta che a volte i vini mi sorprendono.

Ero ad un “simposio” di bella gente più esperta di me, ad un “non corso” di vino e degustazione: è una

21 ottobre 2013

Bianco pomice ostriche senza vergogna







Ci sono dei momenti che abbiamo bisogno di coccolarci, di volerci bene e di provare gusto e piacere.

Si tratta di fare qualcosa in controtendenza con crucci e avversità, fatiche e contrattempi.

Una mattina presto in un banco di pesce al mercato le ostriche, freschissime e piuttosto difficili da trovare.





Complice un sabato di ottobre di quelli che solo Roma sa regalare scatta l’idea di un pranzo in giardino.

Sistemata la spesa si va via, velocissimi perché il vino che abbiamo in mente ha bisogno di un passaggio in frigorifero, dagli amici di Organic%l - l’Enoteca vicino casa (*).



Mi affaccio e saluto con un “Oggi abbiamo le ostriche: che mi consigli?”.

Sorriso, saluti, la prima risposta è “Champagne”.

No. Troppo facile: in Francia ci berrebbero un Sauternes”.


Capito. Non ne abbiamo”.

Andiamo a comprare i limoni e torniamo”.

Quindi ci si saluta e andiamo a comprare dei limoni buoni.

Quando torniamo dopo un quarto d’ora sul banco c’è una fila di una mezza dozzina di bottiglie esposte per le nostre chiacchiere e la nostra scelta, da un rosso francese a un paio di spumanti importanti italiani passando per un bianco francese e uno siciliano.

Piacevolissima mezzora in cui si conviene di scegliere un bianco le cui viti affondino in terre di mare e che abbia corpo e profumo. Se la chiacchierata dura soltanto mezzora è per dare un po’ di frigo al vino scelto.



Gli amici di Organic%l  – che ringrazio sempre – oltre che a Roma nel loro negozio sono sul principale social forum a questo indirizzo: https://www.facebook.com/Organicool?fref=ts





Il vino Bianco Pomice 2011, della Tenuta di Castellaro a Lipari è stato tredici gradi e mezzo di sorpresa straordinaria: perfetto con

7 luglio 2013

Diavolo di vino



Penso di aver fatto capire, nei post sul “bere con un senso”, che avendone i mezzi investirei di più sul vino che metto in tavola. La realtà mi vede barcamenarmi alla ricerca di ottimali combinazioni tra qualità e prezzo pagato.


Nell’accostarsi al bere un ruolo lo hanno le bottiglie, le loro etichette, le informazioni che contengono e l’efficacia della grafica proposta. 

Siamo in un tempo di marketing, di brand, di packaging in una società di mercato che prova a piazzare prodotti come fossero poesie, sogni, bisogno di appartenenza.


Da un po’ mi capita di servire a tavola lo stesso vino bianco fermo, sfuso, in caraffa.

Nessun commensale, nessun amico si è lamentato ma neppure ha chiesto informazioni su cosa stesse bevendo. Tra i miei amici ce ne è di quasi astemi ma anche qualcuno che di bere ne mastica anche più del cialtrone che sono io.
Forse da un lato era l’assenza della bottiglia e dall’altro una pudicizia a domandare, magari temendomi in disgrazia? Scherzo (come troppo spesso faccio).

12 marzo 2013

cacchione maroso!



Cacchione maroso!

Le vineria naturale ORGANIC%L è a un passo da casa e le loro gentilezza, disponibilità e competenza sono garanzie che mi aiutano a bere bene e mi stimolano a continuare a raccontare qui, su questo blog, alimentando la tag “bere con un senso” e a parlare di Vini, di Ricette e di godimento e civiltà.

La premessa è d’obbligo.



Si ragionava di una confezione di aringa e di un’altra con un trancio di salmone affumicato al naturale; giravano tra noi due ipotesi di gloria culinaria, abbinamenti di yogurt e patate lesse, riso profumato a stemperare il salato, tartine per accogliere quell’avanzo di cipolline in agrodolce.

Ripercorrevo la disponibilità di bianchi in cantina senza convincermi e perciò siamo entrati a chiacchierare di menù e eccellenze enologiche a corto raggio, una sessantina di chilometri da Roma, di vino biologico e di vino biodinamico, del tocai portato nel Lazio dagli agricoltori veneti con la bonifica pontina del duce e di vitigni che hanno ormai perso il loro nome ma gli somigliano.

Siamo usciti con una ventina di minuti e una decina di euro spesi bene: in mano una bottiglia di bianco del duemiladieci e tredici gradi e mezzo da rinfrescare in frigorifero prima di cena.




L’aringa è finita spezzettata tra le patate lesse ancora calde e una salsa di yogurt greco e una punta di maionese e due pezzettini a virare a pesce le tartine con le cipolline fatte in agrodolce con l’uva sultanina e i pinoli: il salmone in un letto di riso bianco col profumo del finocchio selvatico e un filo d’olio buono.





Su tutto e sopra a tutto il vino Maroso dell’Azienda I Pàmpini, di Acciarella (Latina).
Più a Sud di Anzio, tra Nettuno e il Circeo, a ben poca distanza dal mare.
A me, che adoro il salato, il salmastro, il torbato dei single malt delle Isole scozzesi mi è splosa una sinfonia nel gusto e nel cervello.
Il nome che danno al vitigno Bellone, nipote non riconosciuto di Tocai, è Cacchione.

Producono con uve biologiche, lavorano bio – biologico e biodinamico -  e straordinariamente bene, pochi solfiti e assenza di schifezze.
Profumo di frutta e retrogusto mandorlato e in bocca il sapore del mare.
Lascio foto della cena e link che sanno parlare meglio di me sul Maroso, sul biologico e sul biodinamico.

Una descrizione di una degustazione del Maroso:

Un articolo sul biologico, il biodinamico, i regolamenti:

L’Azienda:





Loro si chiamano organic%l, stanno a Roma al 305 di viale jonio, organizzano cose belle e vendono solo cose buone. http://www.organicool.org/