marco valenti scrive

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27 gennaio 2019

Il mare nero dell'indifferenza





LILIANA SEGRE - IL MARE NERO DELL'INDIFFERENZA


Editore: People

Pagine: 110

Formato:brossura

EAN: 9788832089011


"Ci aprivano la bocca, ci esaminavano in ogni angolo del corpo per vedere se potevamo ancora lavorare. Chi era troppo stanca o troppo magra, o ferita, veniva eliminata. Bastavano pochi secondi agli aguzzini per capire se era meglio farci morire o farci vivere. Io vedevo le altre, orrendi scheletri impauriti, e sapevo di essere come loro.

Gli ufficiali e i medici erano sempre eleganti, impeccabili e tirati a lucido, in pace con la loro coscienza. Era sufficiente un cenno del capo degli aguzzini, che voleva dire “avanti”, ed eri salva. Io pensavo solo a questo quando ero lì, a quel cenno. Ero felice quando arrivava, perché avevo tredici anni, poi quattordici. Volevo vivere.

Ricordo la prima selezione. Dopo avermi analizzata il medico notò una cicatrice. «Forse mi manderà a morte per questa…» pensai e mi venne il panico. Lui mi chiese di dove fossi e io con un filo di voce ma, cercando di restare calma, risposi che ero italiana. Trattenevo il respiro.

20 gennaio 2019

Inventando con colatura di alici





Quando non si è cuochi, in cucina si fa quel che si può con quello che si ha.
Il resto lo fanno il gusto, la memoria di un sapore, il tentativo di replicare un piatto assaggiato altrove, la voglia di sperimentare dosando ingredienti amici.
Durante le vacanze di Natale avevo mangiato il mio primo piatto di spaghetti con la colatura di alici.

Le origini della colatura di alici risalgono ai Romani, che producevano una salsa molto simile alla colatura odierna, chiamata garum. (sempre grazie, cara wikipedia) La ricetta venne poi in qualche modo recuperata nel Medioevo da parte dei gruppi monastici presenti in Costiera, i quali ad agosto erano soliti conservare sotto sale le alici in botti di legno con le doghe scollate e poste in mezzo a due travi, dette mbuosti; sotto l'azione del sale, le alici perdevano liquidi che fuoriuscivano tra le fessure delle botti. Il procedimento si diffuse successivamente tra la popolazione della costa, che la perfezionò con l'utilizzo di cappucci di lana per filtrare la salamoia. È oggi rinomata quella di Cetara, in costiera amalfitana, ma ce ne sono di ottime in tutto il sud Italia.

Oggi al supermercato il mio occhio è caduto su una bella bottiglietta ambrata: l’ho acquistata ed ho deciso di fare la mia pasta.
In un primo momento ho pensato ai capperi da mettere nell’intingolo, ma poi la ricetta, come dicevo in apertura, l’ha fatta la dispensa.
Sono ancora buoni (per poco e pochi ne restano) i pomodori acquistati in agosto, gli invernali gialli.
Per prima cosa ne ho affettati cinque o sei. Non a spicchi: a rondelle. Ho messo un pochino di zucchero di canna sul fondo della padella e li ho sommariamente caramellati. Appena dorati ho aggiunto un filo d’olio e ho lasciato ancora rosolare.
Ho aggiunto due o tre sfoglie di aglio (congelato in teste, proveniente dalla campagna romagnola che produce bio, stessa provenienza dei pomodorini), un altro filo di olio e due bei cucchiai di polpa di pomodori secchi, di provenienza materana (ah, ad avere ancora dei cruschi!)
Il non avere pensato in anticipo alla ricetta non mi ha dato tempo di preparare i pomodori secchi di Pachino presi a Marzamemi.
Ho cotto duecento grammi di spaghetti grossi in acqua non troppo salata, ed intanto ho preparato la mollica a modo mio. Su questo blog la ho spiegata QUI .

Ho scolato la pasta al dente e l’ho saltata nella padella con due cucchiai di colatura di alici.
Poi ho preparato i piatti mettendo a guisa di parmigiano la mollica e versato ancora un giro di colatura che non ha visto fiamma sul piatto pronto.



Ingredienti:
Salsa: colatura di alici, pomodori d’inverno, aglio, olio, pomodori secchi sottolio.
Mollica: pangrattato, olio, alici, pecorino.
Ottimo pranzo. 
Sarà da ripetere, magari provando a mettere anche due foglie di menta.

6 gennaio 2019

Ci si può perdere




Ci si può perdere come palloncini nel vento che prendono strade diverse.

Ci si può perdere per un disguido, per un fraintendimento.

Per un "l'ultima volta ho chiamato io e perciò tocca a lui", per decine e decine di stupidi motivi.

“Ci si può perdere per troppa buona educazione”. 

4 gennaio 2019

Re, Magi e mogi



Re Magi

Escono fuori dalla scatola delle statuine del presepe con tutti gli altri intorno al giorno dell’Immacolata.

Si trovano poggiati da una parte, in un cantuccio, e sbirciano l’allestimento in corso d’opera.
La capannella sul muschio, l’asino, il bue, Maria e Giuseppe.
Poi, attorno, si popola di pecore e pastori, acquaiolo e fornaio, artigiani e casette varie.

Melchiorre, Gaspare e Baldassarre si guardano tra loro con aria interrogativa, mentre il presepe s’affolla e lo spazio a disposizione diminuisce.
Comunque diminuisce: che sia un controbuffet o un tavolino basso, una mensola o uno scrittoio riadattati per il Natale lo spazio si riempie inesorabilmente.
Loro tre, nella migliore delle ipotesi, faranno vetrina da un’altra parte della casa, da dove vedranno le luci a intermittenza, l’attesa del 25, la foto affollata.

Poi il Bambino, finalmente: loro – peraltro elegantissimi – sempre da un’altra parte.
Soli.
Al massimo un cammello o un paio di dromedari.
Manco sanno se c’è posto nel presepe affollato come un mercato.
Stanno fermi, i Re, nelle loro belle vesti.
Aspettano che registi e sceneggiatori li chiamino in scena giusto l’ultimo giorno.
Una parte ingrata.

Magari li tengo in scena qualche giorno...

3 gennaio 2019

Buon anno nuovo






Scrivo sempre meno qui nel Blog, per diversi motivi.

Ma un nuovo anno merita ogni buon augurio.

Amici sinceri, affetto e salute.

Pace, giustizia, lavoro.

Star meglio tutti.

Serenità e

impegno.

Gioia.


Marco