marco valenti scrive

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17 dicembre 2020

Piero e la verdura

 



Pietro Valenti (Piero per tutti) ha disegnato sempre. Per tutta la vita.




Piero, tra le cose che amava disegnare aveva gli alberi. In tutte le forme e - come sempre - secondo il suo estro e la sua interpretazione.

Quando esercitava la professione di Architetto mentre eseguiva prospettive meravigliose dei suoi progetti a volte diceva "mettiamoci un po' di verdura": allora gli interni di una abitazione si riempivano di piante,

Lui diceva "così c'è più sapore".



16 dicembre 2020

Orwell. Frasi





Nel tempo dell'inganno universale, 

dire la verità è un atto rivoluzionario.


Tutti, o quasi, i comunisti da salotto che prima della guerra si agitavano furiosamente contro le atrocità naziste, non appena la guerra ha cominciato a diventare una seccatura hanno dimenticato le atrocità naziste e hanno palesemente perso ogni simpatia per gli ebrei.

 

All'età di cinquant'anni ogni uomo ha la faccia che si merita.


Fra tutti i tipi dell'essere umano, soltanto l'artista si assume la responsabilità di dire che non può lavorare.


La vita sulla terra è dura perché il pianeta è povero di tutto ciò che è necessario all'esistenza.


Tutti gli uomini sono uguali, 

ma alcuni sono più uguali degli altri.



16 novembre 2020

Vademecum per quando ti vogliono far cambiare operatore

 



Piccolo utile e insieme dilettevole (per me) vademecum da usarsi laddove arrivino telefonate non aspettate di persone che vi invitano a cambiare gestore di telefonia fissa e internet nella vostra abitazione.

In alternativa piccolo vademecum per sopravvivere a che vi rompe le scatole perché deve pur sbarcare il lunario e la vita è dura per tutti, anche per lui che vi sta telefonando.

In alternativa piccolo promemoria perché le cose, che – purtroppo – sono come sono, cambino.

 

Siete oggetto di telefonate di sconosciuti, sovente dall’accento non autoctono, diversi dai vostri prossimi, pur troppo prossimi per altre considerazioni, che vi invitano a cambiare la contrattualistica che regola il vostro accesso al mondo della comunicazione telefonica?

 

Risposte possibili:

  1. ·      si;
  2. ·      no;
  3. ·      va’ a cag(bip) : son capitato qui per caso.

 

Se la risposta è no:

1.    avete un gran fortuna (complimenti);

2.    questo post è assolutamente inutile ma potete leggerlo per puro diletto.

Se la risposta è sì:

1.    andate avanti con la lettura perché:

a.    potrebbe essere utile

b.    potrebbe essere inutile ma ci vuole poco a portarla a termine.

c.     Anche no.

Se la risposta è la terza:

1.    il mio transito intestinale è ottimo e di piena soddisfazione senza bisogno di modifiche ma grazie del suggerimento.

 

Le fattispecie dalla molestia nella propaganda telefonica possono essere raggruppate secondo modalità estremamente diverse e un sistema con i propri sottosistemi non ne esclude altri. In questa (breve) trattazione ci soffermeremo su alcune differenziazioni ben sapendo di semplificare in tal modo un problema complesso e di non tener conto di numerosi fattori. 

Tra le questioni a noi pur note che non prenderemo in considerazione citiamo:

a.    siamo nel libero mercato;

b.    il mondo è bello perché vario;

c.     anche loro devono pur campare e se campare significa rompere le balle è un lavoro sporco ma qualcuno dovrà pur farlo;

d.   vorrei vedere te in india a imparare la lingua e poi lavorare con il telefono con gli indiani;

e.    ho ventuno anni, non ho un lavoro serio e non c’è altro da fare: mi hanno fatto ‘sta proposta e mi sono detto che, in fondo, era meglio di altre cose; oppure ho passato i cinquanta, sono stato espulso dal mondo del lavoro e non c’è altro da fare ecc. ecc.

f.     è assolutamente legale, anche se mi pagano un tanto a contratto stipulato: comunque non pago la telefonata;

g.    Numerose altre che mi sfuggono. Il fatto che sfuggano a me è ininfluente perciò numerose altre.

 

Ecco le fondamentali casistiche in cui raggruppiamo la molestia operata ai vostri danni da quello che, operatore commerciale per conto terzi, vuole convincervi a cambiare operatore di telefonia.

1.    stavate proprio appennicati dopo pranzo:

2.    comunque è dopo pranzo;

3.    stavate facendo qualcosa o, comunque, pensavate di voler fare qualcosa o, per lo meno, qualcosa da fare c’era;

4.    in tv c’era una cosa imperdibilissima;

5.    non avevate un cavolo da fare (ma non è un buon motivo per avere le balle rotte).

 

La fattispecie uno è gravissima. In questo caso le risposte alla telefonata sono irriportabili, per la maggior parte, e tuttavia facilmente immaginabili. Il consiglio, utile, è quello di estirpare il telefono dalla presa prima di dormicchiare sereni magari perfino sognando.

La situazione numero due è comune. Ci sono stati casi in cui l’utente, normalmente, non sarebbe stato a casa nel post prandiale e la telefonata lo ha sorpreso. Ha avuto un moto interiore, una domanda inconscia che suonava più o meno così: “chi ca*** glielo ha detto che sarei stato in casa oggi pomeriggio alle due e mezza?”. Rilassati: sono seriali e non dimenticano. Ovvero vanno per grandi numeri ma non se ne scordano manco uno, di numero: richiamano. 

Argomento con più chiarezza? Se non ti trovano riprovano perché, prima o poi, a casa ci devi tornare una caspita di volta, magari per sbaglio, magari per sfizio, magari per peccare, di pomeriggio presto.

Orbene i casi uno, due e tre, differentemente gravi, hanno risposte suggerite abbastanza simili.

La differenza si sostanzia totalmente nel tipo di reazione.

Reazioni e loro efficacia:

1.    Riattaccate mentre parlano: rapido ma parzialmente efficace perché potrebbero richiamarvi convinti sia stato un problema di linea;

2.    Dite di non essere chi si occupa di telefonia nella casa o dite di essere il maggiordomo; non efficace perché richiameranno;

3.    Insultate (più o meno pesantemente): efficace ma un po’ cafone;

4.    Minacciate dicendo frasi da film del tipo “Bastardo: so chi sei e dove abiti. Attento a te!”: di sicuro effetto ma poco credibile e un po’ gangster.


Nel caso in cui la telefonata molesta arrivi in un momento in cui non eravate occupati in nulla di impegnativo alle reazioni appena esposte se ne aggiungono altre.

5.       state a sentire e accettate il cambio di gestore alla fine della conversazione: corretto. Amate il rischio e ci tenete al risparmio. 

Non lamentatevi se nel cambio di operatore resterete diversi giorni senza linea telefonica o diverse settimane a rincorrere telefonicamente tecnici del gestore che vi dovranno aiutare a ricalibrare parametri tecnici di connessione a internet di cui voi non capite assolutamente un acca. 

Postilla di non secondaria importanza: se sei tu che vuoi parlare con un operatore (e non con un nastro registrato) mentre aspetti puoi invecchiare.

6.       state a sentire ma non accettate il cambio di gestore: corretto. Non amate il rischio e non vi importa di risparmiare pochi euro al mese. Sarà dura spiegare perché non accettate e all’altro capo della cornetta sentirete una sequela di lamentele e obiezioni che vi metteranno a dura prova e, forse, vi indurranno a chiudere la conversazione. Rileggete i punti da 1 a 4 e chiedetevi perché non li avete usati subito.


Chiudiamo questa breve e non esaustiva trattazione con le reazione più azzeccata ed efficace. Tale è se non siete interessati ad abboccare alla nuova proposta commerciale ma avete tempo da impiegare.

Ascoltate il vostro interlocutore ponendo anche qualche domanda su quale sia la società da cui dipende direttamente e su da quale ufficio chiami, sui termini del contratto e sui tempi. Fatelo parlare un po’. 

Poi attaccate una articolatissima filippica sulle differenze sostanziali tra un contratto in visione, magari anche a mezzo internet o posta elettronica e una proposta ascoltata da un utente telefonico anonimo. 

Parlate lentamente e con calma e ogni tanto verificate che il vostro interlocutore vi stia seguendo: è una cosa che di solito fanno loro quando voi rimanete in silenzio per essere certi della vostra attenzione.

 A seguire raccontate una disavventura qualsiasi occorsa a voi o a qualche vostro conoscente nell’accettare un contratto proposto telefonicamente: se non la avete inventatela come se foste in tribunale alla arringa finale. 

Il risultato, sperimentato e garantito al 100% è che non arriverete ai saluti perché, disperato per il tempo che sta perdendo con voi, il molestatore vi attaccherà il telefono in faccia e non richiamerà mai più.

Caso, tra l’altro estremamente raro, e da sottolineare è che sarete soddisfatti che vi abbiano attaccato il telefono in faccia.

Guardate, infine, sul display del telefono la durata della telefonata e gioite di quanto tempo gli avete fatto perdere.

Il mio record personale è di 9 minuti e 46 secondi.


Posso migliorare.


Marco Valenti                             

 

 


15 novembre 2020

Torta di pane e mele

 



Una ricetta, come la dava la nonna

In altro post quando il nostro limone (ahinoi andato) ci regalava preziosi enormi frutti ricchi di profumo e spessore, 

avevo scritto la ricetta della torta dipane con vino e ciliegie.

Il pane avanza, abbastanza spesso, vuoi per errori di valutazione, vuoi per cambio di programma.

Il pane non si butta.

Più frequentemente lo lascio seccare per farne una buona grana per le mie “ricette con la mollica”.

Oggi invece ho rispolverato una ricetta di riuso di casa.

Perché una ricetta, come la dava la nonna, perché non ho dosi da indicare, il q.b. detta il risultato.

A volte il cibo va osservato, bisogna guardare come reagisce. 

Metto a bagno il pane. 

Quanto latte serve? 

Quanto basta ad ammorbidirlo e renderlo lavorabile con la forchetta o le mani…ma  l’impasto non deve essere troppo liquido.

Aggiungo cannella, tanta, a piacere, a gusto.

Mescolo fino a fare impasto.

Intanto ho preso delle mele rimaste lì un po’, in questo caso tre, le ho sbucciate, affettate, irrorate con qualche goccia di limone per non farle scurire, e condite con due o tre cucchiai di zucchero.

All’impasto aggiungo uvette (q.b, sempre a gusto, nel mio gusto tante) e aggiusto, assaggiando, lo zucchero.

Metto la metà delle mele nell’impasto.

Una volta reso più omogeneo possibile, lo metto in una teglia da forno con il bordo abbastanza alto.

Scegliete la forma che contenga l’impasto ma lasci uno spessore di almeno 4 cm.

Ho aggiunto all’impasto anche un goccio di latte in cui ho sciolto mezza busta di lievito.

Dispongo in superficie le mele, spingendole leggermente nell’impasto perché abbiamo l’umidità sufficiente a cuocersi, spolverizzo ancora con cannella e zucchero, inforno.

180° circa un’ora di cottura.

Lo stecco deve uscire umido, ma non asciutto.

Il tempo di cottura è in relazione a tutti i quanto basta.

Aspetto i vostri risultati.


6 novembre 2020

Cometa e bugie dopo venti anni

 


Il 3 novembre 2020 è uscito il mio ultimo romanzo. Ritengo possa chiudere un cerchio che avevo aperto ancor prima che passasse la cometa del '97 ed essere l'ultimo libro che verrà pubblicato a mio nome.

Continuerò a scrivere, meraviglioso privilegio, senza metterci il nome. 

Comunque non è detto che tutti gli altri miei titoli usciti prima di questo, tolti dal mercato per mia decisione, non ritrovino una degna e diversa via editoriale. 

Se si trova il complice adatto succederà. 

Cometa e bugie dopo venti anni è uscito nella collana Intrecci di Edizioni Dialoghi e può, per il momento, essere acquistato da tutti sul loro sito. Presto sarà disponibile su altre piattaforme di vendita e presso alcune librerie indipendenti.

Vi lascio il link diretto al libro.

CLICCA QUI

A seguire una quarta di copertina e un cenno su quanto uscito prima di Cometa e bugie dopo venti anni.

Resto pronto, come sempre con piacere, a parlare dei libri che ho scritto nelle forme che vorrete, di persona o in collegamento, convinto che un libro sia di chi lo legge (fatemelo sapere).

"La parola è dell'orecchio che la ascolta".

Grazie e tutti,

Marco Valenti


QUARTA DI COPERTINA "ESTESA"

Quando nel 1997 la cometa Hale-Bopp è visibile nel cielo, la vita di alcune persone cambia per questioni d’amore, di passione, e dei loro opposti. Queste vite si intrecceranno con sviluppi imprevisti a causa dell'incapacità di vedere le cose e i sentimenti come sono veramente. Tutto esplode per consuetudini, eccessi, bugie che si immaginano verità.

“Ci fu chi mentì sapendo di mentire e chi sperò di non mentire, chi lo volle e chi ci si trovò.”

Questo romanzo racconta cosa è stato di queste vite nei venti anni successivi al passaggio della cometa. Evoluzioni, crescite, nuove consapevolezze e cambiamenti non senza qualche inaspettato epilogo.

Non è un sequel di Cometa e bugie, ma una sua nuova scrittura e insieme qualcosa di più largo che, inevitabilmente, la contiene.

Un’altra storia.

“Vada come vada il cuore è un grido, è pazienza infinita, è di costanza e di dolore, è di gioia e di costruzione, è un tessuto prezioso.

Per fortuna o purtroppo, per fortuna e purtroppo, tutto il resto è banalità del caso: più o meno attrezzati, ci si fanno i conti. O prima o poi.”

 

Bibliografia di Marco Valenti: La prima pubblicazione, nel 2007, Un senso alle cose (TheBoopenLed Editore) era un romanzo epistolare (in epoca contemporanea) scritto a quattro mani con Paolo Scatarzi. Successivamente ha autoprodotto il romanzo breve con tre racconti in appendice Cometa e bugie e la raccolta di racconti Quel colore delle foglie in autunno (quando stanno per cadere) e pubblicato il suo terzo romanzo, RIP (2014 – Antonio Tombolini Editore). Ha scritto per la rivista di letteratura Il Colophon. Le opere finora pubblicate, per sua scelta, sono fuori commercio: Cometa e bugie dopo venti anni (2020 - Edizioni Dialoghi) è l’unico libro in commercio.





19 ottobre 2020

Quel che penso di "Le città invisibili"

 



LE CITTA’ INVISIBILI

Romanzo di Italo Calvino (1923 – 1985)

Prima edizione EINAUDI 1972


Ho letto per la prima volta questo libro a una decina d’anni dalla sua uscita quando ero uno studente di Architettura. Lo ho riletto molte volte e anche immediatamente prima di questa recensione del 2016, Anche dopo lo ho riletto e spesso ne ho letto e ne leggo frammenti.




Inno alla fantasia, stimolo ad innumerevoli combinazioni di ragionamento, evocativo, onirico e intellettuale, compendio provato delle future sei lezioni americane di Italo Calvino (Six memos for the next millenium Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità , Molteplicità, Coerenza).

 


Calvino, partendo dal Milione, immagina che Marco Polo discuta con Kublai Khan, re dei Tartari, e a questi narri delle città che l’imperatore di uno sterminato territorio non farà in tempo a vedere.

 Relazioni di viaggio. 

Un dialogo tra i due apre, e un altro chiude, ciascuno dei nove capitoli del libro. 

Il rapporto tra i due e il dispiegamento di informazioni, umori, preoccupazioni e ansie dell’imperatore sono quello che tiene insieme il romanzo. 

Questi dialoghi potrebbero esser letti a prescindere dal libro e costituirebbero, da soli, una narrazione compiuta. 

Il corpo di ogni capitolo, chiaramente, sono le città. In tutto cinquantacinque città, immaginarie, dal nome di donna. 

Siamo nella letteratura del gioco combinatorio.

 

La presentazione di una delle copie diverse che possiedo di questo libro (un Oscar Mondadori del millennio corrente) utilizza il testo di una conferenza che Calvino tenne agli studenti della Colunbia University, il 29 marzo 1983, su questo libro, undici anni dopo la sua prima uscita per Einaudi. 

Ne cito due brani soltanto.

“Credo che non sia solo un’idea atemporale di città quello che il libro evoca, ma che vi si svolga (…) una discussione sulla città moderna. (…) Penso di aver scritto qualcosa come un ultimo poema d’amore alle città, nel momento in cui diventa sempre più difficile viverle come città. Forse stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana, e Le città invisibili sono un sogno che nasce dalle città invivibili”.

Già questo basterebbe, oggi, a rendere il libro indispensabile.

 

La città è infatti in ciascuno di noi come idea di comunità, di progetto, di sviluppo collettivo. 

Insita. 

Sia che la abitiamo sia che ne visitiamo alcune in giro per il mondo. 

Tuttavia ciascuno ha della stessa un suo vedere e una ricerca di risposte alle proprie domande. 

E case e palazzi e piazze a volte sogna, come quinte dei propri sentimenti notturni, o vagheggia e immagina.

 

Le 55 città di Calvino sono appunti, poesie in prosa, e di ognuna solo un modo, un aspetto, una caratteristica.

In più un indizio di legame, dichiarato ogni volta, tra la città e qualcosa: la memoria, il desiderio, i segni, gli occhi, i morti, il nome o il cielo.

Poi città diverse: sottili, continue, nascoste.

In base a questi sottoraggruppamenti ogni lettore, se vuole, può giocare a percorrere diversamente la lettura o la rilettura.

 

Se la città è (anche) un simbolo, infatti, nel libro ci sono cinquantacinque sfaccettature simboliche, punti di vista, desideri diversi rivolti alla stessa città e, da questo, un racconto smontabile e rimontabile come mattoncini Lego, come un film di Fellini (penso a Lavoce della luna), come la vita.

 

Le città invisibili possono essere un’unica città, o il modo di guardare la città; il modo di interrogare la città è il modo di interrogarsi come cittadini della vita. 

Sulla vita.

Allo stesso modo di come una esposizione di 55 quadri è unica ed insieme è unico ciascun dipinto le città di Calvino ti restano nell’anima.

Letto la prima volta al primo anno nella facoltà di Architettura; adoperato nell’insegnare Arte; citato a brani e frasi per motivare comportamenti civici coesi e coerenti. 

Le città invisibili è sul mio comodino da più di trenta anni: in continua lettura.


Kublai domanda a Marco: — Quando ritornerai a Ponente, ripeterai alla tua gente gli stessi racconti che fai a me?


— Io parlo, parlo, — dice Marco, — ma chi m'ascolta ritiene solo le parole che aspetta. 

Altra è la descrizione del mondo cui tu presti benigno orecchio, altra quella che farà il giro dei capannelli di scaricatori e gondolieri sulle fondamenta di casa mia il giorno del mio ritorno, altra ancora quella che potrei dettare in tarda età, se venissi fatto prigioniero da pirati genovesi e messo in ceppi nella stessa cella di uno scrivano di romanzi d'avventura. 

Chi comanda al racconto non è la voce: è l'orecchio”.

 

Una ultima dichiarazione, ininfluente: la mia città preferita, da sempre, ha nome Zemrude.

Marco Valenti

 






Quando nel duemilasedici una rivista di letteratura online che ritenevo prestigiosa, diretta da un editore in cui avevo riposto la mia totale fiducia affidandogli la pubblicazione di un mio romanzo, mi concesse l’opportunità di recensire uno dei libri più importanti della mia vita fui entusiasta e l’unico rammarico fu quello di restare nei quattro minuti di lettura. 

Oggi non esiste più l’Editore e il mio pezzo di allora è difficilmente reperibile. 

Poiché ci tengo molto lo ripropongo nel mio blog. 

Di Italo Calvino e delle sue opere si parla molto, ed è un bene, ma mai abbastanza.


18 ottobre 2020

Tonno, melanzane, salsa a crudo e vino giusto

 


Complice una pescheria piuttosto cara, ma eccellente, sulla strada del ritorno dal lavoro, siamo tornati a casa con quattro belle fette di tonno, freschissime e succulente.

Il Tonno, pescato nel medio Tirreno, era lì in pescheria che ci chiamava all’acquisto.

Abbiamo rimuginato su tante ricette poi, pensando ad una melanzana nel frigo, al cuore e all’umore che pensa tanto alla Sicilia, abbiamo deciso di fare così.



La melanzana, fritta a dadini, è diventato il contorno dei tranci che, scottati nella padella appena unti, salati e pepati, sono stati serviti con un battuto freddo di olive nere, capperi (di Pantelleria per davvero), pomodorini saporiti e tanta tanta menta tagliata con la mezzaluna.






Sull’abbinamento con il vino abbiamo pensato ad un bianco fermo con una gradazione che reggesse il passo di un piatto di pesce dal sapore intenso e abbiamo provato un Bianchello del Metauro, Superiore del 2019, biologico. 

Ne siamo stati contentissimi. 

I vini Bio, se veri e se buoni, hanno una marcia in più: il Bianchello Tenuta Campioli dell’Azienda Fiorini, con i suoi tredici gradi è stato un amico al servizio del piatto. Senza sopraffazione tra cibo e bevanda si sono fatti compagnia esaltandosi a vicenda.



Quasi mai mi permetto di parlare di vini perché non ho patenti e parole adeguate per farlo e preferisco lasciare link utili.

Potete partire da questo per saperne di più.

Riconoscimenti di nota

Il sito dell'Azienda

Semplicità ed esaltazione del sapore.

Una cena veramente eccellente: il ristorante di casa funziona bene.


24 settembre 2020

Lettera dalla Capitale


Roma, 9 febbraio 2019

Caro amico, 
mi chiedi come vadano le cose qui a Roma nell’ultima tua ed io ho esitato un po’ prima si risponderti. 
Come sai ho abbandonato da qualche mese la mia Vespa 300 per uno scooter 150 con ruote più grandi, ABS, Euro 4 e, un po’, da estimatore da sempre della Vespa, mi è dispiaciuto. 
Ti starai chiedendo cosa c’entri con la città e ti rispondo subito. 

Roma, dall’area più centrale – Piazza Venezia e il Campidoglio – fino a tutte le sue periferie, fino al territorio metropolitano con i suoi quattro milioni di abitanti ha una situazione stradale da città bombardata. 
Provo a spiegarti, amico mio, ma non è facile.

5 settembre 2020

Papà, io e Nino Benvenuti

 


Mio padre, classe 1924, era un appassionato di pugilato.

Televisione in bianco e nero, da piccolo stavo con lui sul divano di casa a guardare gli incontri di box e ad imparare dai suoi commenti.

Più in là negli anni mi disse che alle Olimpiadi del ’60 aveva rimediato i biglietti a bordo ring per la fase finale: quarti, semifinale e finale del 5 settembre.

Mi disse “non ci sono andato per colpa tua”.

Il giorno dei quarti di finale mia madre ebbe le doglie e venni al mondo.

Papà si perse Benvenuti vs Mitsev, il giorno dopo Benvenuti vs Lloyd; il 5 settembre l’oro olimpico di Nino Benvenuti contro il russo Jurij Radonjak nella categoria Pesi Welter. Ci fu quella di Cassius Clay nei Mediomassimi e quella di Francesco De Piccoli nella categoria dei Pesi Massimi.

Cassius Clay è stato immenso. De Piccoli non me lo ricordo, probabilmente perché ebbe una carriera professionistica breve e meno fortunata di Nino Benvenuti.

Con papà ricordo bene di aver visto i tre mitici incontri di Benvenuti con Griffith e aver tifato per lui fino all’ultimo incontro perso con Carlos Monzon e al suo ritiro.

“Non ho visto la finale delle Olimpiadi di Roma per colpa tua” mi è rimasto impresso. Era, sia chiaro, detto in modo scherzoso – una specie di ricordo mancato – ma mi veniva ripetuto spesso. Magari dopo un bell’incontro visto insieme o quando discutevamo su chi fossero stati i migliori pugili di sempre.

Qualche anno fa ero a “Più libri più liberi”. In anticipo per la presentazione che mi interessava, entrai in sala a vedere la precedente nella quale Gianni Clerici presentava un suo libro sul tennis: sul palco, tra gli altri, Nino Benvenuti.

Un omone, di una certa età, brillantissimo, che risponde con intelligenza alle domande che gli vengono poste.

La presentazione finisce.

Vinco la mia assoluta timidezza di fronte a qualsiasi persona famosa e riesco a parlargli. È più alto di me e quando ci stringiamo la mano mi rendo conto che potrebbe stritolarla. Ha una bella faccia e uno splendido sorriso. Dopo brevissimi convenevoli gli racconto la storia.

Concludo sorridendo con un teatrale “Pensi! Me lo ha sempre rinfacciato di averla persa. Poi a bordo ring…”.

Nino Benvenuti, fulmineo: “è andata peggio a me: io sul ring c’ero!”.

Marco Valenti




Le Olimpiadi di Roma hanno passato i sessant'anni. Pure io...


28 agosto 2020

Ha mai letto dei Chironi, di Nuoro?





Vorrei condividere con voi la fortuna che ho avuto  per aver letto una trilogia letteraria meravigliosa.
Era il 2015 ma ci tengo a parlarne di nuovo
Insieme e nello stesso anno mi sono lasciato trascinare dai tre libri di Marcello Fois, la cosiddetta trilogia dei Chironi, iniziata con l’uscita di “Stirpe” (2009), proseguita con “Nel tempo di mezzo” (2012) e terminata (forse) con “Luce perfetta” (2015).
La stirpe è quella dei Chironi e le vicende partono quando Michele Angelo Chironi, nel 1889, vede per la prima volta (ma riconosce subito) Mercede. Lui è un fabbro e siamo a Nùoro, ma potrebbe essere un pescatore ad Aci Trezza o un abitante di Macondo.


Stirpe.
Einaudi  
Numero di pagine: 249 | Formato: Copertina rigida
Isbn-10: 8806157736 | Isbn-13: 9788806157739 | Data di pubblicazione: 01/09/2009

È il 1889, eppure si direbbe l'inizio del mondo. Michele Angelo e Mercede sono poco più che ragazzini quando s'incontrano per la prima volta, ma si riconoscono subito: "lui fabbro e lei donna". Quel rapido sguardo che si scambiano è una promessa silenziosa che li condurrà dritti al matrimonio, e che negli anni verrà rinnovata a ogni nascita. Dopo Pietro e Paolo, i gemelli, arriveranno Gavino, Luigi Ippolito, Marianna... La stirpe dei Chironi s'irrobustisce e Nuoro la segue di pari passo. Le strade cambiano nome e si allargano, accanto alla pesa per il bestiame spuntano negozi e locali alla moda, e se circolano più soldi nascono anche bisogni che prima non c'erano. Come i balconi da ingentilire lungo via Majore, a esempio, e Michele Angelo che sa del ferro come nessun altro, ed è capace di toccare la materia con lo sguardo prima di plasmarla - si spezza la schiena in officina per garantire prosperità alla sua famiglia. Ma "la felicità non piace a nessuno che non ce l'abbia", e infatti quei Chironi venuti su dal nulla, così fortunati, sono sulla bocca di tutti. È l'inizio della stagione terribile: i gemelli vengono trovati morti, mentre la Prima guerra mondiale raggiunge anche Nuoro, e bussa alla porta di casa Chironi proprio quando Gavino e Luigi Ippolito - taciturno e riflessivo il primo, deciso e appassionato il secondo - sono in età per essere arruolati.


Nel tempo di mezzo
Einaudi
Numero di pagine: 263 | Formato: Copertina rigida
Isbn-10: 8806202650 | Isbn-13: 9788806202651 | Data di pubblicazione: 14/03/2012

Vincenzo Chironi mette piede per la prima volta sull'Isola di Sardegna - "una zattera in mezzo al Mediterraneo" - nel 1943, l'anno della fame e della malaria. Con sé ha solo un vecchio documento che certifica la sua data di nascita e il suo nome, ma per scoprire chi è lui veramente dovrà intraprendere un viaggio ancora più faticoso di quello affrontato col piroscafo che l'ha condotto fin li. A Nuoro trova ad attenderlo il nonno, Michele Angelo maestro del ferro, che gli farà da padre e da complice in parti uguali -, e soprattutto sua zia Marianna, che vede nell'inaspettato arrivo del nipote l'opportunità per riscattare un'esistenza puntellata dalla malasorte. Anni dopo, quando ormai a Nuoro la presenza di Vincenzo Chironi sembra scontata, naturale come il mare e le rocce, la forza del sangue torna a far sentire il suo richiamo. Perché quando Vincenzo conosce Cecilia, che ha "gli occhi di un colore che non si può spiegare", innamorarsi di lei gli sembra l'unica cosa possibile. Anche se è promessa sposa di Nicola, con cui lui è mezzo parente... Se è vero che "la disobbedienza chiama il castigo", forse è anche vero che quell'amore è l'ultimo anello di una catena destinata a non aver fine. Dopo l'epopea di "Stirpe", Marcello Fois - con una lingua capace di abbracciare l'alto e il basso, e di potenziare lo scorrere del tempo - dipinge un mondo in cui i paesaggi sono vivi come i personaggi che li abitano.




Luce perfetta
Einaudi

Numero di pagine: 306 | Formato: Copertina rigida
Isbn-10: 8806216503 | Isbn-13: 9788806216504 | Data di pubblicazione: 2015

Cristian è intraprendente e deciso, "uno di quegli uomini che, a certe donne particolarmente intuitive, fanno l'effetto di parlare anche quando tacciono". Maddalena è altrettanto tenace, e ha dalla sua la forza di saper immaginare e insieme difendere - il proprio futuro. Sarebbero perfetti l'uno per l'altra, se il loro destino comune non avesse il nome di Domenico. Il sentimento che lega Domenico a Cristian "da un punto di vista della linea parentale genetica non ha nessun valore, ma da quello della linea parentale affettiva è quanto basta per dare senso a una vita intera". Anche se hanno cognomi diversi, infatti, i due ragazzi crescono come fratelli. E quando - passati i furori dell'adolescenza - Nuoro si organizza per apparecchiare la festa di fidanzamento di Domenico e Maddalena (nel frattempo rimasta incinta), diventa chiaro a tutti che per Cristian non c'è più spazio. Se non fosse che lui è un Chironi, appartiene cioè a una famiglia "sempre caduta in piedi, perché il suo destino è di sembrare lì lì per precipitare, ma poi questo non accade mai". Tanto che quando si mette in mezzo Mimmíu - padre di Domenico, zio adottivo di Cristian - diventa evidente che la stirpe dei Chironi è troppo ingombrante per poter essere tollerata. Del resto "non si conosce veramente qualcuno finché non lo si può paragonare a se stessi".


Marcello Fois ha assorbito un universo letterario e immaginifico altissimo, ha il suo vissuto sardo ma ne sa trarre l’etica oltre la storia e delle storie particolari, tante, intrecciate, ora drammatiche ora intrise di sentimenti, per riuscire così a rilasciare una storia particolare che diventi paradigma della Storia universale. 
In tre libri c’è quello che siamo stati e quello che siamo diventati, l’originale e la sua imitazione, le determinatezze di un’epoca ed il disfarsi delle certezze.
Nei tre libri Fois rimanda a tutto quello che ha ascoltato, quello che ha vissuto, le immagini di film ben impresse nella mente, i libri che lo hanno nutrito. 
Ma forse è quello che ha fatto crescere me e lui riesce solo ad evocarmelo. 
C’è Verga e Deledda, ci sono Bertolucci di Novecento e Scola de La famiglia, Flaiano di Tempo di uccidere, ed è tutto un calibrare senza eccedere, mosso da quella meravigliosa dolenza, che del dolore è consapevole coscienza e moto ad incedere nella vita. 
In tutto questo la potenza della nostra Storia e del linguaggio del narrare, una interpretazione moderna, disincantata dalle emulazioni, dalle glorificazioni, da tutte le retoriche e quindi limpida e unica.

“Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l’autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira” (“Il giovane Holden” J.D. Salinger). 
Se qualcuno conosce Marcello Fois mi ci metta in contatto: entrambi siamo nati nell’anno delle Olimpiadi a Roma, diteglielo, e fategli sapere che sono un buon conversatore, che me la cavo in cucina e con il bere, che sono un uomo rispettoso e mite e che non sarei mai uno stalker.
Grazie

Marco Valenti


Post scriptum. 
Piccolo sassolino dalla scarpa. 
Al prossimo lettore esterofilo incancrenito che magnificherà scrittori nordici, o oltreoceanici, nipponici o altro e parlerà della morte del romanzo nell’Italia contemporanea potrò rispondere: “Ma Fois lo hai letto?