marco valenti scrive

marco valenti scrive
Visualizzazione post con etichetta Vespa. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Vespa. Mostra tutti i post

27 giugno 2013

parcheggiando ancheggiando (lesson nr. 3)


Lesson N. 3: parcheggiando, ancheggiando

Mimima 
moralia.

Parcheggio la mia Vespa tra due automobili, a spina di pesce. Scendo e la metto sul cavalletto. Inavvertitamente la mia anca urta lo specchietto retrovisore esterno destro di una berlina di grossa cilindrata, color grigio canna di fucile: lo specchietto si piega di pochi gradi. Meno di trenta gradi grazie alla mia goffaggine.
Entro rapidamente del negozio a far quel che dovevo riproponendomi di sistemare il retrovisore prima di ripartire. Penso che accorgersi in marcia che lo specchietto destro, lontano dal guidatore, è inclinato può costituire un pericolo.

9 marzo 2013

Upgrade GTS




C’è un link, tra quelli a destra alla voce ARGOMENTI, che si chiama “i diari della vespa”.
Parla di Vespa, di ricordi, di viaggi, di traffico, di agi e disagi; parte da quando ho acquistato la vespa gts 250 bordeaux nel settembre 2010 raccontando come e perché e prosegue – post dopo post – a raccontare cose.


Un figlio cresciuto e neopatentato che condivide con me la passione per questo straordinario prodotto del nostro Paese, il desiderio di esaudire un suo desiderio, la voglia di far bene e di giocare insieme mi fanno scrivere un'altra pagina di diario della Vespa.

Ho regalato il gioiello rosso 250 a mio figlio.
È – ovviamente – felicissimo.
Per me un “upgrade”: una Vespa gts 300 sport, classe 2010.



Solo a mio figlio avrei ceduto la coccolatissima rossa.
Resta in famiglia.
Lascio parlare le foto.

Ne parleremo ancora.











19 settembre 2012

la mia vespa e l'economia mondiale


Si è fermata.
Un paio di settimane fa, senza segnali premonitori, la mia amata Vespa si è fermata: il motore si è spento. La ho riaccesa e parcheggiata davanti al meccanico
Un avviso a cui ho risposto subito.
Il meccanico ci ha perso due giorni e la ha riparata.
Iniettore, statore, freno di dietro, candela, liquidi e filtro: la rottura dei primi due pezzi era imprevedibile nel modo più assoluto mentre il resto era in programma.



Ora la vespa sta benissimo e posso continuare a usarla e coccolarla, ma il punto di cui voglio parlare è un altro.


Il prezzo pagato per la riparazione supera un terzo dello stipendio netto mensile da me percepito in busta paga.


Premesso che

avere un lavoro statale, a tempo indeterminato, è una fortuna e premesso che il mio meccanico è onesto e la voce più rilevante di quanto ho pagato è riferita al costo dei pezzi di ricambio (nuovi e originali Piaggio) c’è qualcosa che non va.

Considerato che

 non possiedo altri mezzi di locomozione, che faccio manutenzione programmata alla Vespa e che la tratto come una signora c’è qualcosa che non va.

Dato che

 il mio livello di spese destinate ad attività ludiche e vacanziere, all’acquisto di cose effimere e superflue, a regali e vizi, è molto contenuto c’è qualcosa che non va.

Rilevato che

l’incidenza della spesa sostenuta è non compatibile con il mio livello retributivo e incide sulla qualità della mia vita personale, i casi sono due.

I casi sono i seguenti e una fattispecie non esclude l’altra:  
  1. i prezzi dei ricambi sono ingiustificatamente alti;
  2. il mio livello retributivo è ingiustificatamente basso.

Se in questo Paese, isole comprese, zone confinanti e area euro, si vuole rilanciare l’economia la cosa va risolta.
Tutto ciò narrato per favorire un momento di riflessione e senza null’altro suggerire.
In fede,
MV.


Colonna sonora: “Cosa sarà” – Dalla – De Gregori



cosa sarà
che ti spinge a picchiare il tuo re
che ti porta a cercare il giusto
dove giustizia non c'e'
cosa sarà
che ti spinge a comprare di
tutto anche se e' di niente
che hai bisogno
cosa sarà
che ti strappa dal sogno
oh cosa sarà

8 maggio 2012

Enza e la vespa


Portoferraio.
Una estate non meglio precisabile tra il 1955 e il 1958.

I miei genitori in vacanza.
Io ancora un’idea: di là da venire.
Enza, che non ho fatto in tempo a conoscere, e Piero, di cui posto disegni e malattia.
Architetto lui, studentessa di architettura lei: sposi, giovani, felici, in vacanza.
Lui ha una signora macchina fotografica 
e un bell’occhio a dirigerla.

È una Leika dell’epoca.
Lei non ha che poco più di venti anni. 
Mora, piccina, capricciosa e vispa.





L’albergo ristorante Taddei non c’è più.
La mamma non ha fatto proprio in tempo a esserci, nella mia vita, se non per pochi mesi.

Rovistando e provando invano a fare ordine, però, esce fuori una foto mai vista con Enza a far la diva.
In Vespa.
(Mai vista in Vespa).

Perché la posto?
Per Enzina, l’Elba, la foto, la vespa.
Amori.

15 settembre 2011

Roma Todi (giri per l'Umbria) Todi Roma: il sommario


Ogni viaggio ha un suo carnet.
Chiaro, tecnico, essenziale per chi vuole cimentarsi con analoghe situazioni.
Questo, pertanto il sommario di quello che è accaduto. Freddo. A beneficio di chi volesse prendere nota e approfittare della mia piccola esperienza.

Nota di viaggio in vespa.

Modello Gts 250.

Partenza: Roma, Colosseo.

-
Giorno 1. Roma Todi. No autostrada: Via Flaminia ed E45. km 145.
-
Giorno 2. Todi, Lago Trasimeno, Castiglione del Lago, Perugia, Todi. km 185.
- Giorno 3. Todi,Terni, Cascata delle Marmore, Spoleto, Acquasparta, Todi. km 155.
-
Giorno 4. Todi, Montefalco, Bevagna, Todi. km 90.
-
Giorno 5. Todi Roma.

- Totale chilometri: 725. Costo carburante inferiore a cinquanta euro.

9 settembre 2011

Prologo di un viaggio in Vespa (in Umbria)





Ogni narrazione ha il suo prologo.

In questo si svelano i protagonisti e gli antefatti di quello che sarà l’oggetto del racconto. Io vi voglio dire di un bellissimo viaggio in Umbria insieme a mio figlio in sella alla mia Vespa Gts 250, durato cinque giorni con partenza da Roma e centro operativo a Todi.

L’antefatto è mio figlio che vuole fare un viaggio con me e la Vespa e, orgoglioso del mezzo come del conducente, vagheggia sconfinati itinerari da Roma alla Costa Azzurra, a Berlino, a Ovunque nella convinzione che l’avventura valga la pena e che io sia Highlander (l’ultimo rimasto).

L’altro elemento è la mia voglia di vacanza con lui e con la Vespa ma in una situazione un po’ più consona alle non infinite capacità del mezzo e del conducente.

Il prologo è quindi una cena di fine luglio in un bel ristorante del Ghetto a Roma dove, tra una portata e l’altra, calo una frase preparata da tempo: “Riguardo al viaggio di questa estate ci ho pensato su e vorrei unire avventura e lusso”.
Il termine “lusso” in mio figlio diciassettenne ha il suo potere e catturo la sua attenzione.

Il pacchetto lo avevo bene in mente. 

Un albergo molto bello dove ero stato, per lavoro, a lambire il centro storico della splendida Todi e l’idea di lasciare il bagaglio in albergo e fare gite partendo già dal cuore della Regione, viaggiare leggeri, evitare romantiche e dure notti in sacco a pelo sulla spiaggia con un occhio a guardare che non si rubino la beneamata vespa.
Se si sommano i suoi diciassette anni ai miei cinquantuno e si divide per due, in fondo, siamo vecchi per tutto questo. Meglio una mezza pensione con una piscina ed un centro benessere ad accoglierci dopo ogni gita.
Sia chiaro: la racconto ora che siamo tornati. Non avevo certezza ma sentore di un buon risultato.

Mentre chiaccheravo, durante la cena, le sue dita si muovevano veloci a guardare le immagini dell’Hotel dal suo Iphone. Magie per i dinosauri come sono io.
Prima del dessert il suo consenso.
Potere e fascino della mezza pensione.
Sapere che, comunque vada, comunque sia andata la giornata, sarai accolto ed accudito come a casa da gente che sa come lenire le fatiche di un cwentinaio di chilometri in vespa con una cena ed un vino eccellenti.
È roba di focolare.
Partiti il 4 settembre e tornati l’otto dopo Todi, Trasimeno, Marmore, Perugia,Spoleto, e un bagno meraviglioso di verde ed accogliente Umbria.

Seguite il viaggio sul blog scegliendo una delle tag di questo post.

15 febbraio 2011

la larghezza



Sono un fruitore di motoveicolo. Lo uso da trenta anni per piacere una volta, per necessità quotidiana da sempre e ogni giorno. Nella tag “i diari della vespa” su questo blog ne offro un piccolo spaccato.
Orbene, ciò premesso, tempo fa mentre scendevo per il muro torto (tortuosa arteria stradale ben nota a chi calpesta le strade romane) consideravo per l’ennesima volta come sia sempre più difficile per uno scooterista svicolare e raggiungere il semaforo prossimo venturo. Ripensando spesso a me un tempo teen ager su un ciclomotore ricordavo ardimentosi e fruttuosi slalom senza riuscire a ripeterli e mi supponevo cinquantenne un po’ rimbecillito.
Banalmente mi dicevo che dovevo essere invecchiato non poco se non riuscivo più a fare slalom come facevo un tempo tra gli autoveicoli.
Mi rammaricavo, da un po’, del non riuscire più in evoluzioni tali da portarmi più rapidamente in pole position allo scatto del successivo prossimo (?) semaforo. In tutto questo mi convincevo, giorno dopo giorno, di una sopraggiunta maturità, assenza di sconsideratezza, che mi aveva inevitabilmente portato ad una prudenza di guida, ad una sorta di maturità, per la quale zig-zagare era roba dello scorso millennio e mi ci andavo abituando.
Brutalmente mi dicevo che mi ero fatto vecchio e non era più cosa mia svicolare come facevo da ragazzo.
Ci facevo l’abitudine a questo pensiero: un po’ come la cataratta, o la prostata.
Mentre scendevo questa tortuosa e mal disegnata via romana a due corsie mi sono trovato nella impossibilità di superare una coppia di auto che avevo davanti e, immobile ed inane, le ho considerate per ciò che oggettivamente erano in termini di marca e modello.
Una Multipla Fiat e un Suv straniero, di cui taccio sciovinisticamente il nome, occupavano la larghezza della carreggiata inevitabilmente.
Gli specchietti retrovisori delle auto medesime facevano ulteriore barriera ad ogni tentativo di incedere.
Ci hanno messo l'obbligo di specchietto a destra e a sinistra: non è indifferente se si svicola.
Impossibile passarle.
Le guardavo. Larghe inespugnabili fortezze e piedi a terra attendevo il loro movimento senza poter fare altro che riflettere.
Ho riflettuto e trovo di non essere poi tanto più rincitrullito o meno incosciente rispetto ai miei venti anni.
Ho capito che non sono io che ho perso facoltà né le strade che si sono fatte più impervie bensì le auto che si sono fatte di era in era più opulente, larghe, svaccate, comode, capienti.
Ostentano comodità, braccioli comodi come poltrone di casa, misure da vasca da bagno invece che di doccia. Dominano l’asfalto e lo occupano inesorabilmente come a ammonirci che il benessere raggiunto non si molla più e. anzi, cerca amplificazione da culo largo, da gadget, da padronanza completa di carreggiata.
Mi spiego meglio e con chiarezza: non sono io che non so più svicolare ma sono loro che producono e vendono auto più larghe.
Non più lunghe: più larghe.
Il brivido su un cinquanta nel superare un autobus è oggi il brivido di superare una spampanata multipla, o un suv, o una esagerazione di portaerei camuffata da auto.
Il ricordo va per forza a quando su una cinquecento fiat (quella vera del tempo) in quattro a bordo si percorrevano centinaia di chilometri, buste in braccio. Un’altra Italia, un altro Paese.
In un periodo di magra però mi chiedo, e vi chiedo: ma ‘sti quaranta centimetri di larghezza in più ci servono davvero? Siamo tutti ingrassati inesorabilmente e non possiamo fare a meno di auto che sono, di fatto dei salotti (manca solo buffet e controbuffet) o (forse) ci hanno indotto a comperare poltrone quando ci bastavano sedie?
Non ho la pretesa di voler individuare quale sia stato il momento ma presumo ci sia stato un momento in cui abbiamo cominciato, tutti, chi più chi meno, ad esagerare. Abbiamo esagerato, solo per esempio, comprando macchine più larghe dei nostri deretani ma, oggettivamente, abbiamo sovrabbondato nel soddisfacimento dei nostri bisogni, sarà stato “il mercato” o la voglia (reale o indotta?) di gratificazione delle nostre fatiche.
Tant’è ma le strade si son fatte strette per il mio vespone e le tasche di tutti noi vuote per finanziamenti destinati a pagare il superfluo.
Chi più chi meno.
Non oso auspicare un dibattito me spero suscitare qualche piccola considerazione in qualcuno convinto che, tra drogati di consumo e di mercato, alberghino ancora spazi per fermarsi e pensare.
Non so se mi sono spiegato ma so che lo vorrei tanto.

13 dicembre 2010

appunti sulla vespa rossa


Ci fu, ovviamente, un prima della Vespa così come un dopo. Il mio prima fu di disatteso desiderio di ciclomotore, mi irretirono di promesse di automobile a diciotto anni per sedare il mio bisogno di indipendenza. Quando mollarono verso i diciassette con un Piaggio Boxer, rosso, capii dopo il primo momento di gioia che mi avevano fregato. L’automobile non l’avrei vista mai.

Avevo ragione.

Il ciclomotore rosso si azionava a pedali. All’epoca c’era davvero una continuità con la bicicletta. Pedalavi per accenderlo. Roba di liceo e di anni settanta.

Però indipendente o se dicente tale.


Il mio vespone rosso lo lasciai impietosamente alla mercé delle intemperie. Fece il suo dovere, anno dopo anno, ma inevitabilmente il colore andò sbiadendosi e quel bel rosso Ferrari lasciò inesorabilmente il posto ad un pallido e sbiadito rosa.

Antico.

Con la dignità un po’ blasé come certi alberghi. Col sussiego non chiesto a certi anziani si teneva senza lamenti ma ogni inverno, e ogni grandine, e ogni pioggia, lasciava un conto da pagare.

Sempre sorridendo, a volte sputacchiando, la mia Vespa faceva il suo.


Mio figlio, piccolo, in piedi sulla pedana della Vespa. Felice si teneva con i pugni serrati sui sostegni del parabrezza. Era felice di una avventura continuamente nuova ed io con lui.

Comandante. Pilota. Capitano. Padre.

Era meglio delle giostrine. Chi ha avuto sia un figlio che una vespa capisce meglio di chi ne ha avuto solo uno. Intendo un figlio; o una Vespa.