Lesson N. 3: parcheggiando, ancheggiando
Mimima
moralia.
Parcheggio la mia Vespa tra due automobili, a spina di
pesce. Scendo e la metto sul cavalletto. Inavvertitamente la mia anca urta lo
specchietto retrovisore esterno destro di una berlina di grossa cilindrata,
color grigio canna di fucile: lo specchietto si piega di pochi gradi. Meno di
trenta gradi grazie alla mia goffaggine.
Entro rapidamente del negozio a far quel che dovevo
riproponendomi di sistemare il retrovisore prima di ripartire. Penso che
accorgersi in marcia che lo specchietto destro, lontano dal guidatore, è
inclinato può costituire un pericolo.
Dopo pochissimi minuti esco dal negozio. Un signore, capelli
bianchi, a occhio un sessantino, è già seduto alla guida dell’auto grigia
mentre la moglie sistema qualcosa nel bagagliaio posteriore: i finestrini sono
abbassati ed io mi chino per parlare al guidatore.
“Buonasera. Sto andando via. Le volevo dire che,
inavvertitamente, dopo aver parcheggiato ho urtato il suo specchietto con l’anca.
Mi scuso. Glielo sistemo subito”.
Lo faccio.
La moglie, più giovane del marito e con i capelli
più biondi e più tinti, guarda lo specchietto e mi apostrofa.
“E mica solo ce l’hai piegato! A Gino: anvedi come l’ha
sgraffiato!”.
A Roma “anvedi” sta
per osserva, guarda, constata.
Io constato che la plastica grigia del
retrovisore reca tracce vistose di un urto violento. Scoppio a ridere e mi
rivolgo alla signora bionda per scelta.
“Signora! Ma le pare che urtando con l’anca avrei potuto
combinare tutto questo!”.
“E che ne so io come l’ha fatto? A Gi’: vie’ a vede’ ‘n po’.”.
Ehi, Gino: vieni un po’
a vedere.
Mentre smetto di ridere e, basito, comincio ad innervosirmi
per fortuna registro la seguente conversazione tra Gino, che resta seduto in
auto, e la moglie che scopro chiamarsi Annamaria.
(Confido in un minimo di dimestichezza con la calata romanesca e evito di tradurre.).
“Annamari’! Già ce stava er graffio! Nun è stato er signore!”.
“Ma che stai a di’? Ma l’hai visto che graffio?”.
“T’ho detto che c’era già: lascia perde’”.
“Ma sei sicuro? Vie’ a guarda’ meglio, a Gi’!”.
“T’ho detto sali!”.
Mi infilo il casco, mi chino nuovamente sul finestrino destro
e dico buonasera a Gino. Incontro occhi chiari, tristi: mi sorride un
buonasera.
Metto in moto e parto rimuginando.
Io non voglio smettere mai di essere educato, penso, ma se
Gino avesse dato retta ad Annamaria e fosse sceso simulando indignazione per il
torto subìto?
Lezione: restiamo educati lo stesso, a dispetto di un mondo
che rotola nella barbarie.
Sottolezione derivata: se urtate uno specchietto retrovisore
rimettetelo subito nella corretta posizione.
In questo blog ci sono due “lessons” che precedono questa.
La nr.2
parla di nespoli e la nr.1
di vicini di casa.
Io credo siano utili: secondo te sto male?
Stai benissimo! Sono gli altri, troppi, a stare male.
RispondiEliminaBuona serata