Quando ero ragazzo ho votato per Berlinguer e per il suo
partito. Oggi si direbbe che sto facendo outing.
All’epoca si muoveva la critica, da parte di chi non aveva
simpatia per Enrico Berlinguer e per il Partito Comunista italiano, che il
segretario non avesse titolo a rappresentare gli interessi delle classi
lavoratrici e del comunismo per un motivo che provo a sintetizzare così: “Berlinguer
c’ha mezza Sardegna”.
Il senso era che poiché Enrico Berlinguer era un possidente
e aveva proprietà diffuse nella sua Regione non poteva essere comunista (“la
proprietà privata è un furto”) e non poteva avere titolo a rappresentare il
Partito e contrastare il governo democristiano.
All’epoca ci ragionai.
Malgrado fossi giovane ragionavo
molto.
Non ho mai saputo quali fossero le fortune economiche di Berlinguer ma
non mi pento di averlo votato e credo che quello che diceva fosse giusto.
L’attacco era uno slogan che, a mio parere, non aveva
fondamenti ostativi alla attività politica del soggetto in questione.
Era uno slogan che oggi definiremmo populista e di facile
presa ma che sottintendeva un ragionamento politico.
Sono passati molti anni.
Gli slogan e le frasi ad effetto hanno la loro importanza.
Sono efficaci e lasciano il segno.
Non ho nulla contro gli slogan e tornando all’esempio che ho
fatto credo che chiunque abbia diritto ad avere idee sociali e politiche e a
professarle liberamente.
Auspico che questo avvenga civilmente e fuori da
disposizioni e atteggiamenti censori.
Auspico poter parlare di frasi e slogan (anche mediante
frasi e slogan) e di poter ragionare sempre su quello che c’è dietro lo slogan.
Se dietro non c’è un pensiero consapevole difendibile è impossibile dialogare.
Non è sulle frasi fatte o sugli slogan o sulle parolacce che si può ragionare:
serve parlare di pensieri articolati e saper articolare compiutamente le
proprie argomentazioni.
Servirebbe dialogare a qualsiasi livello:
disperatamente e ostinatamente.
Al concerto del primo maggio, a Roma, il cantante Piero Pelù
ha detto – dal palco – che l’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri
(Matteo Renzi) è “Il boy scout di Gelli”.
Considerando che Licio Gelli era il
capo di una loggia massonica coperta (la P2) e che viene considerato architetto
di notevoli nefandezze di ordine politico e di potere la frase era chiaramente
offensiva.
La risposta di alcuni esponenti del partito del Premier
(partito erede di quel P.C.I di Enrico Berlinguer) è stato che Pelù è un
milionario e che non sa quel che dice, che essendo ricco non ha titolo ad
attaccare il Premier, che non rappresenta “la gente” e che facesse il cantante
e pensasse a cantare.
Una serie abbastanza copiosa di critiche.
Io non so se Piero Pelù sia ricco o ricchissimo e magari
possegga mezza Sardegna (o un quarto di Toscana) ma quel che vorrei chiarire è
che non può essere questo il problema o il campo dei ragionamenti.
Battute contro il Presidente di turno dal concerto del primo
maggio ce ne sono state sempre e spesso sono state feroci.
Rispondere che “Dovrebbe stare zitto perché è ricco” mi
riporta a Berlinguer.
Sono francamente persuaso che la maggioranza dei miei
compatrioti sia stupida (resa instupidita) e che dietro a slogan e frasi ci sia
pochino ma spero che una piccola minoranza abbia seguito quel che ho scritto.
Oggi la Pagina Facebook Berlinguer festeggia l’aver
raggiunto 400.000 Like.
Tempi moderni.
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