Cara Signora Bionda di cui ignoro il nome,
mi rivolgo a te con una lettera aperta: purtroppo (per tua fortuna) non conosco il tuo nome né il tuo indirizzo.
Cara Signora Bionda che guidi un’auto di grossa cilindrata, voluminosa, nel traffico cittadino, è dal mio scooter che ti ho visto cambiare corsia senza mettere la freccia: sembravi, nella tua manovra lenta, una barca a vela che scarroccia in preda a vento forte e correnti, sembravi essere alticcia malgrado fosse mattina.
Probabilmente abituata ad una poca presenza di controlli sulle strade della città, sicura nel tuo macchinone, protetta da tanto volume, ritenevi possibile fare quel che stavi facendo.
Non parlo dell’inesorabile e non segnalato cambio di corsia perché quello era una conseguenza ed io è della causa che voglio parlarti.
Pacatamente.
Per quanto possa essere pacato chi ogni giorno prende un motoveicolo e si affida al proprio occhio esperto ma sa che non basta e, pertanto, deve invocare la buona sorte ogni santo giorno.
Cara Signora Bionda: tu stavi componendo un messaggio con il tuo telefono portatile.
Che sia proibito, e sanzionabile, è una ovvietà ma volevo dirti, pacatamente, che dietro la tua testolina bionda e ben messa in piega hai un cervello che dimostri essere piccolo, stupido, pericoloso e criminale.
Tra tutte le cose che ti auguro riporto l’unica cristianamente scrivibile, ma sappi che ne ho in mente almeno una decina che non posso mettere per scritto e che preferisco lasciare alla tua immaginazione: io mi auguro con tutto il cuore che tu venga fermata da un poliziotto municipale severo, possibilmente di cattivo umore, e che tu possa pagare il massimo della pena previsto per il tuo comportamento alla guida.
La speranza è ultima a morire.
Con ciò ti saluto, senza la benché minima cordialità,
tuo disgustatissimo,
Emmevù
le cose ci sono, sono lì a rispondere ai nostri sguardi più o meno sicuri, alle domande che non facciamo e nemmeno sappiamo, a salvarci e a condannarci: sempre e pur tuttavia solo cose. Sarebbero chiare se noi non fossimo così confusi. Non sono le cose a comandare ma l'atteggiamento che abbiamo noi di fronte ad esse. Come ci poniamo, come scegliamo se parlare o meno e cosa dire e cosa tenere per noi e non condividere. Cosa lasciare andare.
che fatica essere una persona che va in giro in scooter
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