Ciascuno di noi è una bottiglia. Più o meno pieno di cose, da fare e da dire, di bisogno di esternare e comunicare con le altre bottiglie.
Nella formazione cresciamo, da bottiglietta da trentatré centilitri a fiasco da un litro o da un litro e mezzo. Quella è la capacità. Capacità di contenere, di produrre, di offrire, di relazionarsi col mondo liquido che ci circonda.
Adulti facciamo i conti con periodi di disagio che, prima o poi, capitano e a volte si ripetono. Nei momenti di difficoltà siamo più silenziosi, meno brillanti, e soprattutto sentiamo un po’ di fatica e di oppressione.
Allora proviamo ad analizzare la nostra fase di affaticamento e, a volte, frettolosamente ci autodiagnostichiamo un principio di depressione. Altre volte ci viene diagnosticato.
Nella fretta si può commettere l’errore di non considerare il rapporto tra la bottiglia e la quantità in essa contenuta.
Se sei svuotato, sei una bottiglia da un litro ma ne contieni mezzo, svogliato e apatico guardi nel vuoto senza riuscire a trovare ragioni di azione può darsi che tu sia un po’ depresso.
Se invece avresti cento cose da fare e da dire ma una oppressione di vario genere ti impedisce di agire come vorresti non sei depresso ma compresso: sei una bottiglia da un litro che ne contiene uno e mezzo.
Hai accumulato, sei troppo pieno, non hai potuto sversare sul mondo che ti è vicino quanto avresti voluto.
L’unica cosa che accomuna il depresso con l’oppresso (o, meglio, compresso) è un senso di disagio e di inadeguatezza.
Il sintomo, però, non fa diagnosi.
Il rischio è di fare come quello che si sente un po’ strano e va al bar a prendersi un caffè senza sapere se il suo malessere sia da pressione bassa o troppo alta.
Ciascuno fronteggia come meglio può avversità, disagi, contrattempi e incomprensioni: personalmente so di essere un troppo pieno, una bottiglia soltanto da tre quarti che a volte si trova con un litro e mezzo compresso dentro.
Ci ho messo un bel po’ a capirlo però ora lo so con chiarezza e provo, come meglio posso, a raddrizzare le cose.
A volte reputo giusto fermarmi e pensare, con calma, per non scoppiare e in questo modo raramente mi arrabbio veramente.
Vi assicuro, comunque, che la metafora della bottiglia ha una sua logica e funziona: pensateci.
Voi che bottiglia siete?
le cose ci sono, sono lì a rispondere ai nostri sguardi più o meno sicuri, alle domande che non facciamo e nemmeno sappiamo, a salvarci e a condannarci: sempre e pur tuttavia solo cose. Sarebbero chiare se noi non fossimo così confusi. Non sono le cose a comandare ma l'atteggiamento che abbiamo noi di fronte ad esse. Come ci poniamo, come scegliamo se parlare o meno e cosa dire e cosa tenere per noi e non condividere. Cosa lasciare andare.
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