Affronto gli aforismi sulla lettera S con sicurezza: esse come scrittura o come scrittore. Lo faccio diversamente dagli altri temi trattati poiché scrivo. Racconto storie, propongo cose scritte da me perché vengano lette da altri.
Non sono uno scrittore: sono un architetto che lavora come funzionario statale: il mio lavoro non è scrivere. Non sono un autore perché le cose che scrivo non sono riconosciute e neppure rappresentate.
Tuttavia scrivo, racconto, provo a dire cose che reputo sia bello raccontare e qualcuno vi si riconosce, leggendole, e ne trae del buono. Questo mi compensa di notti impiegate al computer a raccontare, o a limare cose raccontate, e mi appaga e mi distrae dal peso delle cose.
"Scrivere come una forma di preghiera". (Franz Kafka, Preparativi di nozze in campagna),
o, forse, per molti è vero che "Lo scrivere implica, nel migliore dei casi, un’esistenza solitaria. Lo scrittore lavora da solo e, se è un buono scrittore, deve ogni giorno affrontare l’eternità o la mancanza di eternità” (E. Hemingway, Discorso in occasione del conferimento del Nobel).
Non lo so. Quel che so è che è, come un lavoro, fatica. Non è con questo termine che a Napoli si chiama il lavoro? Dicono: “vado a faticare”. Sarà vero, quindi, che
"Quel che si scrive con fatica, si legge con facilità” (Nikolaj Zukovskij, citato da Nabokov, la difesa).
Magari, invece, è “Un modo di parlare senza essere interrotti” (Jules Renard, Diario).
Difficile categoria da definire quella degli scrittori. Forse sono solo un cantastorie, uno storyteller, ma in fondo “Ci sono solo due specie di scrittori. Quelli che lo sono e quelli che non lo sono. Nei primi forma e contenuto stanno insieme come anima e corpo, nei secondi… vanno insieme come corpo e vestito” (Karl Kraus, Detti e contraddetti).
Non lo so ma mi fermo per due motivi: paura del “discorso importante” e timore di parlare, ancora, delle cose che scrivo. Sono dei pericoli e degli errori che ho fatto.
“Uno scrittore serio non va confuso con uno scrittore solenne. Uno scrittore serio può essere un falco o un bozzagro o magari anche un pappagallo, ma uno scrittore solenne è sempre un gufo della malora” (E. Hemingway, Morte nel pomeriggio).
“Uno scrittore che parla dei suoi libri è insopportabile quasi come una madre che parla dei suoi figli” (Benjamin Disraeli, Discorso ad un banchetto a Glasgow, il 19 novembre 1873).
Interessante... di sicuro la qualità della scrittura si affina con l'esercizio e col tempo. Passerò spesso di qui.
RispondiEliminaA presto!