Re Magi
Escono fuori dalla scatola
delle statuine del presepe con tutti gli altri intorno al giorno dell’Immacolata.
Si trovano poggiati da una
parte, in un cantuccio, e sbirciano l’allestimento in corso d’opera.
La capannella sul muschio, l’asino,
il bue, Maria e Giuseppe.
Poi, attorno, si popola di
pecore e pastori, acquaiolo e fornaio, artigiani e casette varie.
Melchiorre, Gaspare e
Baldassarre si guardano tra loro con aria interrogativa, mentre il presepe s’affolla
e lo spazio a disposizione diminuisce.
Comunque diminuisce: che sia un
controbuffet o un tavolino basso, una mensola o uno scrittoio riadattati per il
Natale lo spazio si riempie inesorabilmente.
Loro tre, nella migliore delle
ipotesi, faranno vetrina da un’altra parte della casa, da dove vedranno le luci
a intermittenza, l’attesa del 25, la foto affollata.
Poi il Bambino, finalmente:
loro – peraltro elegantissimi – sempre da un’altra parte.
Soli.
Al massimo un cammello o un
paio di dromedari.
Manco sanno se c’è posto nel
presepe affollato come un mercato.
Stanno fermi, i Re, nelle loro
belle vesti.
Aspettano che registi e
sceneggiatori li chiamino in scena giusto l’ultimo giorno.
Una parte ingrata.
Magari li tengo in scena qualche giorno...
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