Immagrarsi...
Ero piccolo.
L’uomo non aveva ancora messo piede sulla Luna.
Nonna Enza mi accudiva.
Saggia, attenta, maniacale nel
supplire al mio essere orfano.
Paranoica dell’acqua calda e dell’igiene e della
pulizia.
Aveva vissuto la miseria e la seconda grande guerra.
Lunghi bagni in acqua calda. Saponetta e strofinare. Altra acqua
calda. Benessere da dopoguerra.
Le piegoline alle dita delle mani per il calore dell’acqua e
il lungo tempo di immersione. Lo stesso alle piante dei piedi.
Poi il tempo dell’uscita della vasca da bagno. Fumo, vapore.
Condensa.
Le piante dei piedi, calde e percorse da pieghe, a contatto con il
pavimento di maioliche umide e fredde.
Quella sensazione di contrazione e fastidio.
Quel sentire
ogni piegolina. Fastidio che non ha parole per essere espresso.
Il bisogno di esprimere la sensazione di fastidio fisico e
non avere il lessico per dirlo.
“Cos’hai Marcolino?”
“Nonna!”
“Dimmi”
“I piedi!”
Intanto strofinio di asciugamani sul corpicino e sui
capelli.
“Nonna: mi si immagrano!”.
Ecco.
Nonna Enza capiva.
Poi, comunque, le piegoline
sparivano dai miei piedini piatti.
Insomma non andavo ancora alle scuole
elementari, non sapevo leggere e scrivere ma già inventavo parole.
Termini.
Stabilivo
un contatto in una lingua sconosciuta e inesplorata con la nonna.
Insomma ci capivamo.
Avrebbe abbassato la temperatura dell’acqua nella vasca, o
steso un asciugamano sulle mattonelle fredde e umide di condensa.
C’era, ci sarebbe stato sempre, c’è ancora, amore
sconfinato.
Mancava il web, lo sconvolgimento delle norme comuni che
dicono quel che è vero e quel che è invenzione.
Mancava l’eco della stampa
sciocca che informa senza essersi informata prima. Mancava il protagonismo di
oggi. Il maestro che mi avrebbe accompagnato per cinque anni ancora non c’era.
Comunque non avrebbe portato “ i piedi mi si immagrano” alla ribalta scrivendo
alla Accademia della Crusca.
No.
Non era giusto.
Magari le piante dei miei piedi sarebbero potute essere “piegolose”
e la Crusca mi avrebbe perfino risposto.
Mi avrebbe spiegato , semplicemente,
che non basta inventare una parola per brevettarla; che servono un sacco di
persone che la riconoscano come parola, che la adoperino, che la assumano,
perché venga presa in considerazione.
Se così fosse stato (ma non poteva) la mia famiglia ed io ci
saremmo un po’ vergognati per aver disturbato ed avremmo domesticamente
ringraziato i Professori dell’Accademia per averci risposto.
Forse sarei stato talmente intimidito da tacere per sempre
la parola “immagrarsi”.
Magari eravamo poco “petalosi”, certamente più pudichi e con
il senso della misura.
Buon senso.
Posso dirvi una cosa a distanza di cinquant’anni? Vi giuro
che i piedi mi si immagravano un sacco.
Non so se potete capirmi.
Però lo spero.
Verbo,
riflessivo v.
tr. [der. di magro] (io dimagrisco, ecc.)
1.
Una
parte del mio corpo si contrae, dimagrendo, rattrappendosi in seguito ad uno
sbalzo di temperatura. Proprio dei piedi che dopo essere stati immersi in acqua
calda in una vasca si ritrovano pieni di piegoline a contatto con le mattonelle
fredde del pavimento della stanza da bagno. “I piedi mi si immagrano”
2.
(decida
liberamente l’Accademia della Crusca)
3.
omissis
Dai, Marco! Perché togliere al fantasioso bambino 'petaloso' (e alla sua maestra!) il suo momento di celebrità? Comunque, evviva il verbo 'immagrarsi'! Lo sottoscrivo...
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