(Lesson number 1)
Il giardino del piano terra che abito, nella zona
prospicente soggiorno e cucina, è più basso di alcuni gradini; più basso di
alcuni metri è il caseggiato che c’è di fronte.
Le finestre del piano del palazzo di fronte al mio, in un
certo piano, si aprono al livello di calpestio del giardino e ci separano oltre
il giardino una decina di metri di rimesse condominiali. Quelle finestre erano
sempre state chiuse finché, alcuni mesi fa, una famiglia di origine filippina
ha iniziato a fare dei lavori interni all’appartamento e ci si è stabilita.
Già mentre stavano risistemando l’appartamento io
traguardavo ogni possibile introspezione visiva tra la loro casa e la mia, sia
interna che esterna, e valutavo l’efficacia della vegetazione che si frappone
tra di noi in funzione di schermo dalle loro possibili curiosità.
La paura inconscia di essere indagato da nuovi sguardi mi ha
fatto architettare l’idea di rialzare la ringhiera di confine ed ho messo un
paio di pali più alti di un buon metro rispetto il parapetto, riproponendomi di
ridipingere la ringhiera esistente prima di srotolare una rete metallica e
farvi arrampicare del gelsomino americano.
Profumato, efficace, sempreverde.
Un po’ di pigrizia e altre cento cose da fare hanno fatto si
che io non abbia ancora provveduto e, nel frattempo, la vita dei miei nuovi
dirimpettai è entrata a regime.
Una famiglia silenziosa, un ragazzo con la passione per i
videogiochi, una signora operosa, qualcun altro: non saprei con esattezza.
Serrande quasi sempre abbassate, magari con la bascula
aperta in fuori per far passare un po’ più di aria, luci basse, mai una voce un
po’ più alta, movimenti misurati e discreti.
Solo una volta un uomo che si sporgeva per fumare una
sigaretta.
Mai altro rispetto a quanto sto dicendo.
Ho appreso una lezione che non mi ha fatto cambiare il mio
proponimento ma il punto di vista alla base della attuazione dello schermo
immaginato.
Ora io non credo che sia giusto che io possa vederli e
violare, anche senza intenzione alcuna, la loro intimità domestica e mi
vergogno (anche se solo un po’) per l’impostazione che all’inizio avevo dato a
tutta la faccenda.
Ecco.
Altre "lezioni" sul mio blog? Pigia qui
Ecco.
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Un quadro di vita interessante e narrato con efficacia linguistica. Vivo una situazione analoga, e quello che hai provato e provi, lo sento anch'io, da quando, accanto alla mia cascina ristrutturata, c'hanno piazzato un palazzotto di due piani che niente a da spartire con il tessuto abitativo che lo attornia (cascine, corti rurali etc...).
RispondiEliminaBuona giornata
Vivo in un appartamento al III piano, intorno a me ho alberi, alberi e delle villete, ma molto più basse...quando il cielo è terso vedo le montagne...in realtà sarei io l'osservatore che scruta nella vita altrui vista l'altezza dove sono...ma in realtà, complice il loro giardino ed il loro cortile, dovrei davvero munirmi di binocolo per vedere quello che accade nelle case di fronte. Sono sempre sorpresa però dal nostro atteggiamento, rispetto ad alcuni paesi dove sono andata...finestre con tende minuscole che sono in realtà spesso allestite come piccoli quadri...secondo me, non è che non ci siano "guardoni", forse c'è una diversa forma di rispetto...Bello però il film di Hitchcock, un James Stewart alla grande, peccato ci fosse Grace Kelly che non ho mai sopportato...e dopo la mia solita ciacolata buon fine settimana!
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