Ci sono momenti
Quella sera in giardino rifletté su come ci
siano dei momenti che tracciano confini importanti.
Possono essere fatti accaduti, come volti, come canzoni sospese, come
lacrime, e sono gli stessi limiti di un’area da gioco, la zolla d’erba di un
campo di calcio strisciata di gesso bianco.
Dentro; fuori.
Non si tratta di faticose elucubrazioni e neppure di dimostrazioni
filosofico matematiche piene di passaggi per arrivare a tesi: sono istanti.
Non contano scricchiolii percepiti o piccole scosse di avvertimento ma lo
schianto. Magari dopo il momento che ha tracciato il confine ci si prende del
tempo per ragionarci sopra o per fortificare quel confine o giustificarselo o
anche presidiarlo ma quello sta lì, come un nuovo fiume profondo.
Non è importante allora neppure l’oggetto che ha tracciato il confine, il
campo o il limite: conta la consapevolezza e l’accettazione. Da quel momento in
poi sai e accetti che c’è chi gioca e chi non, chi c’è in squadra e chi vivrà
per sempre in panchina.
Quella sera in giardino, in questa metafora calcistica, lui fece la sua
formazione tipo, come un allenatore che deve giocare una partita, e relegò gli
altri in panchina o in tribuna.
Si tira una bella linea tra i buoni e i cattivi, tra i tuoi e gli altri, e
non ti importa più un accidenti di quelli che sono dall’altra parte perché non
sono tuoi. Accetti che non ti appartengano; te ne fai una ragione o, ancora
meglio, non ne ricerchi più il motivo ma con semplicità constati che non ci
sono.
Tutto quel che hai fatto prima di quell’istante per conquistare il mondo ed
esserne accettato e amato, accettando e amando, smette di avere lo stesso
significato.
Così trovi la tua calma e la tua forza interiore, ci stai bene dentro e hai
più chiara la percezione delle distanze tra te e le altre persone o, se ci
sono, la loro prossimità.
Lui, che aveva combattuto una lunga guerra di trincea, aveva fatto quel che
si doveva fare e lo aveva fatto per un tempo amaro e lungo.