Ci sono momenti
Quella sera in giardino rifletté su come ci
siano dei momenti che tracciano confini importanti.
Possono essere fatti accaduti, come volti, come canzoni sospese, come
lacrime, e sono gli stessi limiti di un’area da gioco, la zolla d’erba di un
campo di calcio strisciata di gesso bianco.
Dentro; fuori.
Non si tratta di faticose elucubrazioni e neppure di dimostrazioni
filosofico matematiche piene di passaggi per arrivare a tesi: sono istanti.
Non contano scricchiolii percepiti o piccole scosse di avvertimento ma lo
schianto. Magari dopo il momento che ha tracciato il confine ci si prende del
tempo per ragionarci sopra o per fortificare quel confine o giustificarselo o
anche presidiarlo ma quello sta lì, come un nuovo fiume profondo.
Non è importante allora neppure l’oggetto che ha tracciato il confine, il
campo o il limite: conta la consapevolezza e l’accettazione. Da quel momento in
poi sai e accetti che c’è chi gioca e chi non, chi c’è in squadra e chi vivrà
per sempre in panchina.
Quella sera in giardino, in questa metafora calcistica, lui fece la sua
formazione tipo, come un allenatore che deve giocare una partita, e relegò gli
altri in panchina o in tribuna.
Si tira una bella linea tra i buoni e i cattivi, tra i tuoi e gli altri, e
non ti importa più un accidenti di quelli che sono dall’altra parte perché non
sono tuoi. Accetti che non ti appartengano; te ne fai una ragione o, ancora
meglio, non ne ricerchi più il motivo ma con semplicità constati che non ci
sono.
Tutto quel che hai fatto prima di quell’istante per conquistare il mondo ed
esserne accettato e amato, accettando e amando, smette di avere lo stesso
significato.
Così trovi la tua calma e la tua forza interiore, ci stai bene dentro e hai
più chiara la percezione delle distanze tra te e le altre persone o, se ci
sono, la loro prossimità.
Lui, che aveva combattuto una lunga guerra di trincea, aveva fatto quel che
si doveva fare e lo aveva fatto per un tempo amaro e lungo.
La morte di Giovanni era la pace, non una resa, ed era l’istante ed era il solco.
La morte di Giovanni era la pace, non una resa, ed era l’istante ed era il solco.
Le reazioni, le manifestazioni di cordoglio, la prossimità; le assenze, le
teste girate dall’altra parte, le frasi di circostanza prive di sentimento, le
mancanze; ogni cosa apparve serenamente limpida già dalle prime ore dopo la
morte, al funerale, nei giorni che seguirono.
Per lui tutto fu pace e ogni cosa fu valutata in modo partigiano e in modo
esatto.
Esatto: participio passato del verbo esigere. Riscosse quel che venne dato
e lo pesò. Un cuore addolorato di un grande dolore ha, nel pesare, la lucidità
e l’esattezza di un mercante.
Fu un guerriero dopo il conflitto. Stanco ma mai stordito, conscio,
straordinariamente vigile, vide ogni reazione degli altri e annotò ogni assenza
così come seppe vedere ogni diversa modalità di presenza.
Ci furono modi diversi sia nel palesarsi che nel rimanere nascosti, con
tutte le declinazioni moderne a sommarsi alle più consuete: la presenza di
persona, le telefonate, i telegrammi, i messaggi di posta elettronica, i
messaggi nei cosiddetti social forum. Tutto questo come l’assenza di tutto
questo.
Al netto delle convenzioni Luca annotò ogni gesto e ogni mancanza di
gestualità e con una ferocia esatta, rivolta per prima verso se stesso e le
proprie pregresse convenzioni. Dispose ognuno nello scacchiere delle persone
conosciute. Bianchi. Neri. Re, regine, pedoni, caselle vuote bianche e caselle
vuote nere.
Alla fine della sua guerra non perdonò nulla a
nessuno e l’unica concessione che lasciò al mondo fu quella di poter scalare
con una giusta flessibilità la sostanza dalla forma. Anni prima dell’evento per
la società come era strutturata la forma era sostanza e, certamente, qualcuno
si mosse a condoglianza secondo quello schema netto da ipocrisie: qualcun altro
meno.
Gioì di alcune forme e di parecchie sostanze manifestategli ma, con
altrettanta intensità, volle classificare le assenze e stigmatizzare il
disgusto per alcune manifestazioni di pura formalità. Non ci fu una sola cosa
che non accettò e non smise di voler bene ma seppe per sempre chi non lo amava;
assaporò il dolce e l’amaro e riconobbe gli ipocriti.
Niente è come era durante la guerra e niente potrà mai essere come era
prima che la guerra iniziasse.
estratto da: RIP - Marco Valenti (2014)
Romanzo per la collana di narrativa Officina Marziani
Antonio Tombolini editore
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