In treno da Roma a Pesaro un
giorno di Agosto.
Da quando ho aperto questo
blog nel 2008 uno degli argomenti che tratto sono i viaggi. La tag è “viaggi
(taccuini con un senso)" e alterna piccole memorie di belle cose a sensazioni e
appunti brevissimi di viaggio, ma anche timori, inadeguatezze, piccole manie e
paure che provo quale “imperfetto viaggiatore”.
Quel che mi è capitato sull’intercity
Roma (17,40) – Pesaro (20,51) prova ulteriormente la mia imperfezione.
Avevo prenotato il posto 10A,
lato finestrino, e questo – sappiatelo – se viaggi da solo è già un errore.
I
posti 10 fronteggiano i posti 9, divisi da un tavolino: buoni se hai deciso di
fare un viaggio in tre o in quattro e chi si siede al 9A di fronte e al 10B al
tuo lato lo conoscevi da prima di salire ma pessimi se sei estraneo agli altri
tre che invece si conoscono, salgono come te alla Stazione di Roma Termini e
chiacchiereranno in marchigiano fino a Jesi (20,07).
Al mio fianco (10B), a
sbarrarmi il corridoio, un giovane maschio che potremmo supporre sui venti
anni; di fronte a lui una donna (9B) che potremmo supporre sua madre; di fronte
a me (9A) una donna intermedia che potrebbe essere una sorella più grande del 9A
o, per dire, una zia.
Ho con me un paio di libri che vi consiglio e il mio
telefono: non ho computer o riproduttori di musica o cuffie o tappi per le
orecchie. Non riuscirò a leggere e guardare le cose fuggirmi via dal lato
pessimista di marcia non lenirà il mio nervoso in salita costante e continua.
Il ragazzo parla, parla ad alta voce, dice cose da minorato mentale, parla
anche da solo svegliando i suoi congiunti se si addormentano (o fingono di
farlo per legittima difesa).
Il ragazzo parla e usa un frasario che prevede un
intercalare di bestemmie e improperi, offese a personaggi pubblici, categorie
sociali varie nonché persone che conosce lui e io no. A sentire i suoi giudizi mano male che non le conosco.
Il ragazzo con il suo smarphone cerca - tra le altre cose - treni notturni per la riviera romagnola, per andare e tornare. La madre anche
ha uno smartphone e fa la stessa ricerca. Confrontano a voce alta i risultati
insufficienti che ottengono e si avvisano ripetendo almeno un paio di volte
ogni volte che non c’è linea e ogni volta che la linea torna.
Anche se potreste essere indifferenti al fatto, vi posso assicurare che so per certo che non ci sono
treni che di notte partono dalla riviera romagnola e vi possono riportare nelle
Marche. Fatevene una ragione e andate in automobile o pernottate da qualche
parte dopo la discoteca o il concerto o il caspita di cavolo che vi ha attirato
in riviera.
Terni. La zia dorme definitivamente; la madre ogni tanto si sveglia
per provare a far stare zitto il mio vicino; lui passa all’ascolto della
musica.
Ma non ha auricolari.
Non ha auricolari ed è convinto, a torto, di
essere intonato.
Non ha auricolari, il suo smartphone ha un volume della
Madonna, canticchia e commenta e la sua selezione è un remix di successi
popolari anni ’80 in versione disco.
Il meglio che ne viene fuori sono gli 883: vi risparmio, lasciandolo alla vostra immaginazione, l'elenco dei remix.
Una ragazza passa in corridoio e gli chiede “scusi: può usare le cuffie per
cortesia?” lui risponde “Non ce le ho” lei chiude “Allora abbassi il volume”.
Guardo la ragazza andare verso la toilette carico d’amore e di gratitudine.
Pausa (di questo breve
resoconto – non del nostro) per dirvi dei due libri.
Il primo è un breve saggio di
Mario Perniola, “Contro la comunicazione”, Einaudi.
È diviso in due parti:
nella prima prova a spiegare come la comunicazione ormai prescinda dall’essenza
dell’oggetto comunicato e possa essere manipolata (e manipolare) mentre nella
seconda teorizza un ruolo salvifico dell’estetica rispetto alla lacrimevole situazione
che si è venuta a creare. Eccellente, condivisibile e probabilmente importante
la prima parte: più discutibile ma comunque interessante la seconda.
Il secondo libro è un romanzo
di Chiara Arrighetti, “Un’oncia di rosso cinabro”, editore CartaCanta. Dal sito
dell’autrice, bravissima, riporto “A nno Domini 1499. Un omicida si aggira per la bottega
dei Francesco e Bernardino Zaganelli, pittori di prestigio imparentati con gli
Sforza e divisi da un odio profondo.
Ritratto di un
Rinascimento dai mille volti, luminoso e insieme inquietante, Un’oncia di rosso
cinabro conduce il lettore nell’universo caleidoscopico della pittura e
dell’alchimia.”.
Fine dell’intervallo e dei
consigli per gli acquisti.
Torniamo al nostro Signor9A.
Alle esortazioni della benefattrice andante in bagno, sottolineate con sommessa
cortesia dalla mamma, abbassava la suoneria ma, in compenso, sciorinava un
compendio di conoscenze delle abitudini sessuali della giovane che aveva
civilmente protestato da far invidia ad un sessuologo, ad un ginecologo, ad uno
psichiatra e ad un playboy di tempi fortunatamente andati: in pratica la
diagnosi del nostro metteva in connessione una repressa attività sessuale della
malcapitata (certamente vivace e frenetica fuori dal contesto delle ferrovie)
con l’indisposizione che ella aveva manifestato verso la buona musica e le
libertà individuali (a riprodurla a volume alto in luogo frequentato e a “cantarla”
e commentarla dando seguito naturale ai propri desideri).
Ometto per civiltà i
dettagli estremamente coloriti.
Nell’acme della disquisizione
bestemmiatorio sessuale del nostro eroe profferisco le prime parole del mio
povero viaggio mentre gli tocco la spalla.
“Mi scusi, dovrei passare”.
Si alza. Lo vedo in viso.
Focalizzo il naso da me mentalmente più volte irrimediabilmente fratturato con
il gomito sinistro, abbozzo un sorriso, ringrazio e mi avvio alla carrozza bar.
Sono le 19,00 ed io sono un eroe del bonton, della educazione impartitami,
della tolleranza, della resistenza. Non ho il gomito sinistro macchiato del sangue del vicino. Barcollo fino ad un posto libero, lato
ottimista del treno, e mi siedo di fronte ad una giovane ragazza, graziosa e
munita di cuffie semiprofessionali. Con lei riesco a scambiare solo un paio di
battute sull’apertura della tendina per vedere tramonto e panorama. Conviene
con me che valga la pena alzare e guardare fuori. Da lì ci divide tutto. Le sue
cuffie, il suo smartphone, il suo riuscire a truccarsi perfettamente malgrado i
sobbalzi della tratta ed io che nel frattempo ho scritto poche righe di dedica
su un mio libro che avrei portato ad una cara amica l’ammiro: la mia scrittura
incerta e tremula contro il suo trucco perfetto. Sorrido comunque come uno che
si sveglia e si rende conto che, in fondo, è stato solo un incubo. Alle 20,07
Jesi e la discesa del barbaro. Più in là Falconara Marittima, un cambio di
motrice e una sigaretta.
Ci si potrebbe chiedere perché
mi appunti tutto questo e lo condivida.
A parte i libri, davvero
belli, per alcune semplici cose da ricordare per sempre.
Uno: mai prenotare un posto
con il salottino se viaggi da solo.
Due: mai più senza musica, o
computer, o cuffiette, o tappi per le orecchie.
Tre: improponibile immaginare
una società evoluta (credetemi: è troppo tardi).
No. Non è mai troppo tardi. Almeno finché ci saranno ragazze che sono capaci di mettere in riga un bifolco (consapevoli - di certo- delle poco lusinghevoli affermazioni che seguono dietro le spalle), porteranno con loro auricolari e stenderanno perfettamente il mascara sulle ciglia nonostante i sobbalzi della carrozza del treno su cui viaggiano.
RispondiEliminaIl resto è esperienza di cui far tesoro!
Concordo ma stiamo messi davvero male: seriamente malmessi.
EliminaP.S. "Un'oncia di rosso cinabro" mi ha incuriosita.
RispondiEliminaEntrambi i libri che ho citato e, ovviamente, letto sono interessanti. Nel caso di "Un'oncia di rosso cinabro" l'autrice riesce a mantenere alta l'attenzione anche raccontando pezzi di vita nel 1500: davvero belli. Grazie per aver voluto commentare.
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