Tu pensa
uno che durante il capodanno esplode un botto.
Miccia
corta.
Incidente;
dita che saltano.Ecco.
I miei amici li conto sulle dita di una mano, di quella mano.
Una volte
non era così ma poi, col tempo, le cose sono cambiate. Selettività – nella versione
migliore – o pigrizia, indolenza, inadeguatezza a costruire ragionamenti con
chiunque, hanno portato, via via, a scremare.
Scremare.
E poi la
vita faticosa, la routine, i piccoli (?) guai, i contrattempi, i doveri
scelti o capitati come doni spesso non graditi.Ingombranti.
E allora le
fasi negative che mi giustifico chiamandole riposo, disimpegno, bisogno di
ottundimento piuttosto che mancanza di voglie di socialità.
Man mano si
telefona meno, si mandano meno mail: ci si rintana.
Ci si
rintana in un bozzolo manco troppo caldo, neanche poi così confortevole e
protettivo, non così pieno di placenta nutritiva.
Ci si nutre
con poco.
Si
eliminano le necessità superflue[1],
le cose di cui si può fare a meno.
Resta un
libro, lo sport di tuo figlio, andare in palestra, qualche disco, una battuta
ogni tanto.
La
distrazione di un caffè al bar.Piccoli progetti sempre vaghi.
Fatica.
Sempre presente.
Quotidiana, callosa quindi per ripetitività di gesti.
Scopri che
ti va di parlarne, giusto per metter a parte.
Ti ricordi
che l’amicizia è anche condivisione.Oltre che affetto.
Oltre che stima.
Rivedi la
mano monca.
Vai a
constatare la parziale atrofia delle dita rimanenti.Ripensi a vagheggiate, e mai ottenute, consuetudini.
Ti ritrovi pronto alla fuga senza nessuno che ti insegua.
O, meglio, non ti ritrovi più.
Non ti riconosci più allo specchio, indugi a cercare i tratti del passato, indulgi in una melanconia di tutto quello che non hai, non sei, più.
Costruisci
(piccole) determinazioni propedeutiche a uno stile di vita da ripensare.
Tra cui
parlare con gli amici.Riparlare con gli amici.
Non accontentarsi più del meno.
Una mail è
un surrogato.
Una
telefonata è un surrogato.
Gli amici
si guardano in faccia.
Differenze
da ristabilire tra annusare una bistecca e mangiarla.
Ho una fame
da lupi.
(gennaio 2007)
E' datato 2007.
RispondiEliminaE nel frattempo?
Accorciato le distanze?
Caro Marco, come è vero quello che scrivi, è vero per te ed è vero anche per gli altri.... leggendo le tue parole le ho sentite mie.
RispondiEliminaCredo che sia un problema di età, l'età che ci porta ad essere più esigenti, a non accontentarci delle briciole, a sapere già come va a finire, ma..... non è sempre detto!!!
Franca
Cambiando città molte amicizie le ho perse e forse, anzi senza forse era giusto così...nella nuova città diversi livelli di conoscenza si sono sovrapposti, le persone che chiamo amiche sono sempre poche e molto lontane fisicamente, quindi mails, telefonate, sms, qualsiasi mezzo va benone perchè quel sentire comune si rafforzi quotidianamente, non è una cosa comprensibile, lo so...e quando ci troviamo insieme a mangiarla per davvero quella bistecca ci sembra ancora più buona. Però è vero che con l'età si diventa esigenti, si cercano anime che rispondano alla nostra e non per scherzo, ma perchè ci si rende conto che il tempo è prezioso e stare con gli altri deve essere arricchimento e non ottundimento...tanto poi le fregature capitano lo stesso...tante e brutte allo stesso modo...però sapere che da qualche parte del mondo una persona si alza e beve il caffè con più gusto solo perchè lo beve in una tazzina che gli ho regalato a me regala un sorriso...Ah! Ian Solo era fico anche sotto grafite...adesso anche lui c'ha un'età...
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