marco valenti scrive

marco valenti scrive

19 febbraio 2013

Anni or sono


 
Tu pensa uno che durante il capodanno esplode un botto.

Miccia corta.
Incidente; dita che saltano.
Ecco.
I miei amici li conto sulle dita di una mano, di quella mano.

Una volte non era così ma poi, col tempo, le cose sono cambiate. Selettività – nella versione migliore – o pigrizia, indolenza, inadeguatezza a costruire ragionamenti con chiunque, hanno portato, via via, a scremare.

Scremare.
E poi la vita faticosa, la routine, i piccoli (?) guai, i contrattempi, i doveri scelti o capitati come doni spesso non graditi.
Ingombranti.

E allora le fasi negative che mi giustifico chiamandole riposo, disimpegno, bisogno di ottundimento piuttosto che mancanza di voglie di socialità.
Man mano si telefona meno, si mandano meno mail: ci si rintana.

Ci si rintana in un bozzolo manco troppo caldo, neanche poi così confortevole e protettivo, non così pieno di placenta nutritiva.
Ci si nutre con poco.

Si eliminano le necessità superflue[1], le cose di cui si può fare a meno.

Resta un libro, lo sport di tuo figlio, andare in palestra, qualche disco, una battuta ogni tanto.
La distrazione di un caffè al bar.
Piccoli progetti sempre vaghi.
Fatica.
Sempre presente.
Quotidiana, callosa quindi per ripetitività di gesti.

 Poi le cose capitano.

Scopri che ti va di parlarne, giusto per metter a parte.
Ti ricordi che l’amicizia è anche condivisione.
Oltre che affetto.
Oltre che stima.

 
Ma.

Rivedi la mano monca.
Vai a constatare la parziale atrofia delle dita rimanenti.
Ripensi a vagheggiate, e mai ottenute, consuetudini.
Ti ritrovi pronto alla fuga senza nessuno che ti insegua.
O, meglio, non ti ritrovi più.
Non ti riconosci più allo specchio, indugi a cercare i tratti del passato, indulgi in una melanconia di tutto quello che non hai, non sei, più.

Costruisci (piccole) determinazioni propedeutiche a uno stile di vita da ripensare.
Tra cui parlare con gli amici.
Riparlare con gli amici.
Non accontentarsi più del meno.


Una mail è un surrogato.
Una telefonata è un surrogato.

Gli amici si guardano in faccia.
Differenze da ristabilire tra annusare una bistecca e mangiarla.

Ho una fame da lupi.
 
(gennaio 2007)



[1] È un ossimoro!

3 commenti:

  1. E' datato 2007.
    E nel frattempo?
    Accorciato le distanze?

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  2. Caro Marco, come è vero quello che scrivi, è vero per te ed è vero anche per gli altri.... leggendo le tue parole le ho sentite mie.
    Credo che sia un problema di età, l'età che ci porta ad essere più esigenti, a non accontentarci delle briciole, a sapere già come va a finire, ma..... non è sempre detto!!!
    Franca

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  3. Cambiando città molte amicizie le ho perse e forse, anzi senza forse era giusto così...nella nuova città diversi livelli di conoscenza si sono sovrapposti, le persone che chiamo amiche sono sempre poche e molto lontane fisicamente, quindi mails, telefonate, sms, qualsiasi mezzo va benone perchè quel sentire comune si rafforzi quotidianamente, non è una cosa comprensibile, lo so...e quando ci troviamo insieme a mangiarla per davvero quella bistecca ci sembra ancora più buona. Però è vero che con l'età si diventa esigenti, si cercano anime che rispondano alla nostra e non per scherzo, ma perchè ci si rende conto che il tempo è prezioso e stare con gli altri deve essere arricchimento e non ottundimento...tanto poi le fregature capitano lo stesso...tante e brutte allo stesso modo...però sapere che da qualche parte del mondo una persona si alza e beve il caffè con più gusto solo perchè lo beve in una tazzina che gli ho regalato a me regala un sorriso...Ah! Ian Solo era fico anche sotto grafite...adesso anche lui c'ha un'età...

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