marco valenti scrive

marco valenti scrive

25 maggio 2015

il suono del silenzio





Ciao oscurità, mia vecchia amica! Sono qui per parlare di nuovo con te perché una visione, arrivando dolcemente, ha lasciato i suoi semi mentre stavo dormendo: la visione che si è fissata nella mia mente è ancora qui, dentro il suono del silenzio.

Ho camminato da solo in sogni privi di riposo, in strette strade acciottolate, nell’alone della luce di un lampione e ho sentito il mio colletto bagnato e freddo quando i miei occhi sono rimasti abbagliati dal lampo di una luce al neon che ha spezzato la notte intaccando il suono del silenzio.

Nella luce fredda vidi diecimila persone, forse di più.

Persone che parlavano senza dire nulla; persone che ascoltavano senza capire; persone che scrivevano canzoni che le voci non avrebbero potuto cantare insieme. Nessuno osava disturbare il suono del silenzio.

“Pazzi!” dissi “Voi non sapete che il silenzio cresce come un cancro: ascoltate le parole che posso insegnarvi. Prendete le mie braccia in modo che possa raggiungervi”.

Ma le mie parole cadevano come silenziose gocce di pioggia e ne usciva l’eco dai pozzi del silenzio.

E tutta la gente si inginocchiava e pregava il dio neon che aveva creato e l’insegna lampeggiava il suo messaggio con le parole che lo formavano, e il massaggio era: “Le parole dei Profeti sono scritte sui muri della metropolitana e negli androni dei palazzi e diventano sussurro nel suono del silenzio”.
 




Hello, darkness, my old friend
I've come to talk with you again
Because a vision softly creeping
Left its seeds while I was sleeping
And the vision
That was planted in my brain
Still remains
Within the sound of silence
In restless dreams I walked alone
Narrow streets of cobblestone
Beneath the halo of a street lamp
I turned my collar to the cold and damp
When my eyes were stabbed
By the flash of a neon light
That split the night
And touched the sound of silence
And in the naked light I saw
Ten thousand people, maybe more
People talking without speaking
People hearing without listening
People writing songs that voices never share...
And no one dare
Disturb the sound of silence.
"Fools," said I, "you do not know
Silence like a cancer grows."
"Hear my words that I might teach you,
Take my arms that I might reach you."
But my words like silent raindrops fell,
And echoed in the wells of silence.
And the people bowed and prayed
To the neon god they made.
And the sign flashed out its warning
In the words that it was forming.
And the signs said: "The words of the prophets
Are written on the subway walls
And tenement halls,
And whisper'd in the sound of silence."
 
 
 
Scritta e pubblicata da Paul Simon nel settembre del 1965.
 
Se sostituite le "luci al neon" fatte divinità con il tramestio vacuo della comunicazione veloce e propagandistica, con i valori di autorevolezze posticce e beni inutili elevati a faticcio troverete che è straordinariamente attuale e che, come un cancro, cresce il silenzio dei giusti.
 

4 maggio 2015

Principi necessari per tacere



Mi ripropongo e propongo a tutti, in questa epoca di (a)social forum dove tutti parlano di tutto con tutti e non sanno con chi parlano e, a volte, non sanno neanche di cosa parlano dei "moderni" principi per l'arte di tacere.
Auspico sia per me un promemoria da non dimenticare mai.
Sono convinto giovi anche ad altri.

-È bene parlare solo quando si deve dire qualcosa 

che valga più del silenzio.

-Esiste un momento per tacere, così come esiste 

un momento per parlare.

-Nell'ordine, il momento di tacere deve venire 

sempre prima:

solo quando si sarà imparato a mantenere il 

silenzio, si potrà imparare a parlare rettamente.
 
-Tacere quando si è obbligati a parlare è segno di

 debolezza e imprudenza, ma parlare quando si 

dovrebbe tacere, è segno di leggerezza e scarsa

 discrezione.
 
-Mai l'uomo è padrone di sé come quando tace:

 quando parla sembra, per così dire, effondersi e 

dissolversi nel discorso, così che sembra 

appartenere meno a se stesso che agli altri.
 
-Quando si deve dire una cosa importante, bisogna stare particolarmente attenti:

è buona precauzione dirla prima a se stessi, e poi 

ancora ripetersela, per non doversi pentire quando

 non si potrà più impedire che si propaghi.
 
-Quando si deve tenere un segreto non si tace mai

 troppo:

in questi casi l'ultima cosa da temere è saper

 conservare il silenzio.
 
-Il riserbo necessario per saper mantenere il 

silenzio nelle situazioni consuete della vita, non è

 virtù minore dell'abilità e della cura richieste per

 parlare bene; e non si acquisisce maggior merito

 spiegando ciò che si fa piuttosto che tacendo ciò che si ignora.


 Talvolta il silenzio del saggio vale più del

 ragionamento del filosofo:
è una lezione per gli impertinenti e una punizione

 per i colpevoli.
-Il silenzio può talvolta far le veci della saggezza

 per il povero di spirito, e della sapienza per l'ignorante.
 
-Si è naturalmente portati a pensare che chi parla

 poco non è un genio, e chi parla troppo, è uno

 stolto o un pazzo:
allora è meglio lasciar credere di non essere genii

 di prim'ordine rimanendo spesso in silenzio, che

 passare per pazzi, travolti dalla voglia di parlare.
 
-È proprio dell'uomo coraggioso parlare poco e

 compiere grandi imprese;
è proprio dell'uomo di buon senso parlare poco e

 dire sempre cose ragionevoli.
 
-Qualunque sia la disposizione che si può avere al

 silenzio, è bene essere sempre molto prudenti;
desiderare fortemente di dire una cosa, è spesso

 motivo sufficiente per decidere di tacerla.
 
-Il silenzio è necessario in molte occasioni; la

 sincerità lo è sempre: si può qualche volta tacere

 un pensiero, mai lo si deve camuffare. Vi è un

 modo di restare in silenzio senza chiudere il

 proprio cuore, di essere discreti senza apparire

 tristi e taciturni, di non rivelare certe verità senza

 mascherarle con la menzogna.
Abate Dinouart
(1771)
"L'arte di tacere"



2 maggio 2015

Slow Reading Manifesto



C’è una nuova iniziativa nel campo della lettura: ho aderito con grande convinzione e credo sia estremamente utile segnalarla.

Si tratta dello SlowReading e si propone di salvaguardare la qualità della lettura, l’attitudine (che si sta perdendo in questo mondo velocissimo) a leggere in modo attento, consapevole, il saper assaporare una narrazione senza trangugiarla.
Antonio Tombolini, Editore digital oriented, ha ideato e lanciato lo Slow Reading e il suo manifesto.



Una profonda trasformazione tecnologica nei rapporti tra gli individui ci sta facendo scordare ogni piacere del tempo lento. Siamo passati in pochi anni dalle lettere scritte a mano alle email e da queste alla messaggistica da smartphone e da web social forum. La cosiddetta “doppia spunta” ci dice che un messaggio su whatsup è stato letto. Una generazione maggiorenne viene oggi definita come quella dei “nativi digitali”. Ci si informa (e ci si forma un’anima) in maniera sempre più veloce e in qualche caso superficiale. 
Utilità quali il web, i social forum, i tablet, gli smartphone da un lato ci rendono veloci, apparentemente smart, ma dall’altro ci spingono verso una rapidità bulimica e un po’ troppo ossessionante. 
Nel suo saggio dal titolo “Elogio della lentezza”, Lamberto Maffei mette in dubbio che il cervello umano sia strutturato in modo da digerire senza danni tutta questa velocità tecnologica.

Ma un libro è un libro, a prescindere dal supporto sul quale lo si legge, e richiede tempo, attenzione e cura. Assaporarne ogni periodo è una operazione slow, consapevole.

“Un libro è una unità dell’attenzione” 
(Kevin Kelly).


Il Manifesto di SlowReading è nato dalla consapevolezza dell'autore che noi siamo le nostre letture, ciò che abbiamo letto nel corso della nostra vita ha influenzato il nostro modo di pensare, di vedere le cose, il nostro bagaglio di conoscenze, formando la nostra personalità.
"Non c’è dubbio - scrive Tombolini - che molto di quello che sono sia dovuto anche – se non soprattutto – ai libri che lessi allora. (...) Non c’era un piano coerente nelle mie letture, c’era piuttosto il lasciarsi guidare dalla sapiente casualità della vita di ogni giorno. 
A volte il consiglio di un amico, altre una copertina particolarmente attraente, altre volte ancora il piacere di sfidare qualche stupida e infondata idiosincrasia personale, ecco: erano cose così a porre questo o quel libro sotto il mio naso. Questo era per me leggere, e lo è ancora. Temo che questo modo di leggere, che mi pare appropriato chiamare Slow Reading (con ovvio, ma non meno vitale riferimento alle esperienze che ho fatto con Slow Food), corra oggi un reale pericolo di estinzione."
Come mai questo rischio? Con l'avvento del digitale ci siamo sempre più abituati ad una lettura veloce, una sorta di zapping tra siti, social, news, rapido e immediato, ma per salvaguardare la lettura lenta non occorre rinnegare le nuove tecnologie. 

"È là, nel dominio del digitale e della rete, - continua Tombolini - proprio là dove lo Slow Reading rischia l’estinzione, che va cercata e fatta crescere la sua possibile salvezza: è l’ebook, o meglio, può essere l’ebook il futuro possibile del libro e delle buone letture ai tempi della rete."

Un ebook è semplicemente la versione digitale del libro cartaceo, non un prodotto breve, di rapida e facile lettura, fatto più di suoni e immagini che non di testo da leggere. 
Un ebook "da leggere per lo più tra sé e sé, temporaneamente isolati dal resto del mondo, e immersi nel mondo che il libro in quel momento crea per chi legge. In un atteggiamento che, per la durata della lettura, sequestra per sé tutte le risorse intellettuali e immaginative disponibili. (...) che, mettendo a frutto le potenzialità della rete, recupera anche una sua antica dimensione sociale, come catalizzatore di conversazioni e di scambi del pensiero, nella direzione del cosiddetto Social Reading".
Nel testo integrale del Manifesto Antonio Tombolini suggerisce tutta una serie di azioni per diventare lettori slow e diffondere questo stile di lettura agli altri.

Invito ad aderire al manifesto e a diffondere lo Slow Reading.
Invito a parlarne.

Intanto se ne parla, nel web e in giro per l’Italia. La prossima a Pesaro, il 9 Maggio, alla Biblioteca San Giovanni. Ci sarà Tombolini, ci sarà Michele Marziani – direttore editoriale di Antonio Tombolini Editore – e ci sarò anche io.