marco valenti scrive

marco valenti scrive

27 luglio 2012

TORNO SUBITO


(TORNO SUBITO)

C’è tempo per ogni cosa.
Quando non c’è occorrerebbe trovarne e se non lo si fa è un peccato (magari di omissione).


Vi immagino distratti da vacanze sognate o guadagnate, immaginate o immaginarie; vi penso sfiniti dal caldo che ha fatto o battuti da piogge impreviste; vi spero assenti e in riposo a rigenerarvi come meglio vi riesce; vi penso come sempre quali amici che vengono a dare un'occhiata ed è in quel modo che vi ho sempre parlato.
Un po' di confidenza, se hai un blog, non guasta e - anzi - mi piace quando, da anonimi o da firmati, intervenite.
Arrivo al punto.

Questo è tempo di rendersi vacante.
Sto scrivendo, mi sto riposando, sto pensando e ricaricando le pile per l’autunno che, inesorabilmente, verrà.

Buone vacanze a tutti voi, di cuore.

Il tempo passa in fretta e quindi è il caso di dire


 “torno subito.

Ogni bene.

Marco Valenti




Post scriptum.

Se proprio 
non volete leggere i miei libri ,
(o volete leggere anche 
qualcosa di altri)
in vacanza, 
portatevi un giallo di Enrico Pandiani, 
o di Marco Malvaldi: 
oppure leggete Barafonda
 di Michele Marziani.
Ci sono
 parecchi autori italiani 
viventi 
che sono bravi.
(Passate parola).

Perciò buone letture!


23 luglio 2012

Barafonda


Barafonda.


Dall’inizio di questo blog avrò parlato di libri una decina di volte. 
Queste occasioni, in cui parlo di un libro specifico, sono raccolte sotto la tag/argomenti chiamata, forse un po’ pomposamente, recensione. 
Capita per qualche motivo collaterale a un libro che ho letto; succede con i miei libri quando li propongo; ne ho avuto voglia quando ho letto un libro di un autore italiano a me contemporaneo con particolare soddisfazione. 
Barafonda di Michele Marziani fa decisamente parte dell’ultima fattispecie.

BARAFONDA
Michele Marziani
Barbès Editore
ISBN: 978-88-6294-248-5
Pagine: 170
Formato: 14x21



Cosa accade se uno la vita se la inventa? Lo sa bene Franco Botteghi, stimato medico pediatra, che per trent’anni ha esercitato abusivamente la professione in Italia e in Africa. O meglio lo scoprirà quando per un’infelice coincidenza il suo imbroglio sarà smascherato. Cambia tutto, le prospettive, gli affetti. La moglie Camilla gli chiude la porta in faccia e lo mette in cattiva luce davanti ai tre figli. Il carcere, la sistemazione nella piccola e malmessa casetta ereditata dalla madre tra il fiume e il mare. E bisogna trovare di cosa vivere ora che il medico non lo può più fare. Per fortuna ci sono i vicini di casa, una coppia di algerini con un cuore grande e tanti figli, e Jelena, donna slava scampata ai massacri del suo paese, che ama Franco nonostante il suo razzismo e un brutto carattere, spesso, quasi sempre, peggiorato dall’alcol. Forse la vita si può inventare un’altra volta. Oppure no, che con la malattia le bugie non funzionano. Una storia dura, scomoda, poetica, ironica, per raccontare i piccoli e grandi mali del nostro tempo. Michele Marziani con la sua scrittura lieve, ma per certi versi chirurgica, fa sorridere o commuovere, dice le cose come sono senza retorica e giri di parole. Accetta la contraddizione e l’irrisolvibile, anche nel linguaggio.
(dalla quarta di copertina del romanzo).

Michele Marziani ha un suo sito:

Quel che penso di Barafonda

Il più bel libro che ho letto quest’anno. Michele Marziani, con una scrittura semplice soltanto in apparenza ma straordinariamente ricercata e calibrata, ci porta per mano nella storia di un uomo che vede la propria vita distrutta e si ritrova in un altrove nuovo di pacca, dove sperimentare fino al fondo il proprio fallimento ed il proprio abbandono.

I luoghi e i personaggi che popolano Barafonda sono tratteggiati con quella sapienza intrigante che ti offre il modo di pensare molto e soprattutto di riflettere su tutto quello che non è scritto.
Ciascun lettore si può fare le proprie ragioni sulle dinamiche affettive della vita precedente del protagonista Franco Botteghi e su quelle della sua attuale deriva.
Ciascuno può ragionare di orto e di salmastro, di algerini e pesca di frodo, o di ex mogli straordinariamente distaccate, di razzismo spiccio o di autenticità di passione.

Questo libro suscita molte emozioni e le mie personali sono marginali perché se dentro un libro puoi trovare cento cose che Marco Valenti, come Tizio o diversamente da Sempronio e da Caio, ne abbia colte alcune importa poco.
Mi limito a dire che per ogni personaggio, anche marginale, ci sono pennellate essenziali di grandissimi effetto e suggestione.
Dentro Barafonda ci si può comunque indignare così come sentire forte empatia, ci si può ritrovare politicamente corretti oppure tirare fuori pulsioni fuori sinc rispetto a come gira il mondo (così apparentemente perbene): resta sempre una lettura incalzante e talvolta feroce, sempre straordinariamente efficace.
L’efficacia è, soprattutto, nel fatto che tutto quello che ci trovi dentro (e può essere veramente molto) è qualcosa che il libro ti ha smosso senza ricorrere ad alcun espediente didascalico o retorico.
Per quel che valgono, le mie lodi e i miei complimenti ad un autore attentissimo, vivace e sapiente.

"Trovo impossibile
 che questo splendido libro non venga letto.".
Marco Valenti
LeCoseSonoComeSono






17 luglio 2012

Quel colore




Malgrado il titolo si può portare agevolmente in vacanza, sotto l'ombrellone, in montagna, al mare, in barca...



"Quel colore delle foglie in autunno (quando stanno per cadere)"

A prescindere, buone letture e buone vacanze a tutti quelli che passano da qui.



12 luglio 2012

Telefonia impazza impazzita


In questo periodo di vacanze imminenti, o di speranza di svago, si moltiplicano le proposte commerciali legate al mondo della televisione e, soprattutto, a quello della telefonia.

Vieni bombardato da pubblicità di ogni foggia e tipologia, ti chiamano a casa per chiederti di sottoscrivere nuovi, mirabolanti, vantaggiosissimi contratti televisivi o telefonici, ti invitano dai manifesti pubblicitari e negli spot televisivi a considerare quanti minuti vuoi usare il tuo cellulare verso chiunque a un costo fisso irrifiutabile.

Tutti ti premiano (o affermano di volerlo fare) se cambi operatore.
La fedeltà non paga. Inutile cercare dal tuo operatore tariffe paragonabili a quelle di benvenuto riservate ai nuovi clienti perché non sono previste.
Un vero elogio del tradimento, o della mobilità, o del cambiamento.

A me, che sono parco di conversazioni telefoniche e che mi ostino ad usare il telefono per telefonare e basta, mi pare una grossa esagerazione.
Anzi: mi sembra di assistere ad una impressionante sequenza di esagerazioni sparate a raffica.
Un campionario e un campionato a chi la spara più grossa.

Ci sono quelli che ti spiegano cosa sono i minuti veri!

Al momento, comunque, è saldamente in testa quella compagnia di telefonia che, tra le altre cose, promette “fino a cinquecento minuti gratis verso un numero scelto” della stessa compagnia.
Non ho sentito nessuno in giro ragionare un po’ sui termini della proposta e allora lo ho fatto io.
Cinquecento minuti di telefonata al giorno sono otto ore e venti minuti di conversazione.

Qualora un essere umano fosse oggetto di telefonate giornaliere di tale durata complessiva non si tratterebbe di un rapporto amoroso, affettivo, premuroso, ma di quel tipo di persecuzione che oggi ha preso il moderno appellativo di stalking.

O no?

Colonna sonora: Mina – “Se telefonando”

9 luglio 2012

Il Sangiovese di Prugneto



Per la prima volta da quando ho cominciato a scrivere libri mi sono dato una scadenza. Alcune circostanze hanno fatto sì che io mi sia provato a impormi di terminare un lavoro entro una certa data.

Ci riflettevo l'altra sera mentre pensavo con intensità a come portare avanti alcuni punti.

Mi sono fermato per perdermi a seguire quelle che sono le conseguenze a corollario dell'assunto datomi. Meno libri in lettura, meno tempo per questo blog, meno tempo per altre cose.

Mi sono alzato dal tavolo del giardino, stanco di dar da mangiare alle zanzare, e sono salito in cucina. La sera prima c'era stata gente a cena (tanta bellissima gente) e il tavolo era ancora coperto di bottiglie. Quasi ogni commensale si era presentato con del vino. Ottimi commensali e ottimi vini. Ho trovato una bottiglia aperta ma mezza piena che mi era sfuggita. Avevo deciso di andare a bianchi fermi e non mi ero dedicato ai rossi e quindi non l'avevo presa in considerazione.

Ho preso il bicchiere giusto e lo ho fatto: commovente.

In mancanza di meglio ci ho mangiato taralli artigianali all'olio d'oliva e un pezzetto di formaggio stagionato. Le ansie da scrittore si sono sciolte e non ho più sentito zanzare né caldo né altro che quel genere di sapore dei grandi rossi che adoro.

L'etichetta recita che “Il vigneto prugneto accompagna dolcemente i primi rilievi delle colline di Cusercoli esposti ad ovest. È il cru da cui abbiamo ottenuto il nostro Sangiovese superiore 2010. Dopo le fasi della vinificazione questo vino è stato parzialmente affinato in nuove botti di rovere”.

È stata una bella serata.


Classificazione
Sangiovese di Romagna a denominazione di origine controllata.

Annata: 2010
Tipo di uva
Sangiovese grosso 100% allevato in terreno argilloso.
Area di produzione
Nespoli (m. 177 s.l.m.) - Cusercoli.
Tenore Alcolico
13-13,50% vol.
Maturazione
Il 30% del prodotto viene posto in barriques francesi per 8 mesi, poi assemblato con il resto del vino, quindi imbottigliato e lasciato affinare in cantina a temperatura costante prima di essere commercializzato.
Caratteristiche sensoriali
vista: colore rosso rubino brillante.
olfatto: profumo intenso con buona persistenza, fine.
gusto: buona, calorica e fresca la sensazione, gradevole e morbida la percezione tannica.
_ Pregevole la struttura e l'equilibrio complessivo.
_ Discreta capacità di invecchiamento.
Abbinamento gastronomico
Arrosti di carne bianca e rossa, costate di manzo alla griglia, formaggi stagionati.
Temperatura di servizio
18° C.
Come servirlo
Aprire la bottiglia un po’ di tempo prima del servizio.
Notizie
Il nome deriva dai campi e dalla casa colonica chiamati anticamente "Le prugnete" di proprietà di Pietro Barbieri, detto "Piraz", di professione contrabbandiere, abitatore di selve e montagne perché in contumacia negli stati di Toscana e Pontificio.




6 luglio 2012

La finestra sul cortile (lesson nr.1)


(Lesson number 1)
Il giardino del piano terra che abito, nella zona prospicente soggiorno e cucina, è più basso di alcuni gradini; più basso di alcuni metri è il caseggiato che c’è di fronte.


Le finestre del piano del palazzo di fronte al mio, in un certo piano, si aprono al livello di calpestio del giardino e ci separano oltre il giardino una decina di metri di rimesse condominiali. Quelle finestre erano sempre state chiuse finché, alcuni mesi fa, una famiglia di origine filippina ha iniziato a fare dei lavori interni all’appartamento e ci si è stabilita.
Già mentre stavano risistemando l’appartamento io traguardavo ogni possibile introspezione visiva tra la loro casa e la mia, sia interna che esterna, e valutavo l’efficacia della vegetazione che si frappone tra di noi in funzione di schermo dalle loro possibili curiosità.
La paura inconscia di essere indagato da nuovi sguardi mi ha fatto architettare l’idea di rialzare la ringhiera di confine ed ho messo un paio di pali più alti di un buon metro rispetto il parapetto, riproponendomi di ridipingere la ringhiera esistente prima di srotolare una rete metallica e farvi arrampicare del gelsomino americano.
Profumato, efficace, sempreverde.

Un po’ di pigrizia e altre cento cose da fare hanno fatto si che io non abbia ancora provveduto e, nel frattempo, la vita dei miei nuovi dirimpettai è entrata a regime.

Una famiglia silenziosa, un ragazzo con la passione per i videogiochi, una signora operosa, qualcun altro: non saprei con esattezza.
Serrande quasi sempre abbassate, magari con la bascula aperta in fuori per far passare un po’ più di aria, luci basse, mai una voce un po’ più alta, movimenti misurati e discreti.
Solo una volta un uomo che si sporgeva per fumare una sigaretta.
Mai altro rispetto a quanto sto dicendo.

Ho appreso una lezione che non mi ha fatto cambiare il mio proponimento ma il punto di vista alla base della attuazione dello schermo immaginato.

Ora io non credo che sia giusto che io possa vederli e violare, anche senza intenzione alcuna, la loro intimità domestica e mi vergogno (anche se solo un po’) per l’impostazione che all’inizio avevo dato a tutta la faccenda.

Ecco.

Altre "lezioni" sul mio blog? Pigia qui

2 luglio 2012

Il Ruchè, Torino e il ristorante consorzio


Già qualche volta ho raccontato di posti che ho avuto la buona sorte di conoscere e che sono legati alla enogastronomia. Non è stata mai, finora, una cosa sistematica e non penso possa diventarlo.
Tuttavia ci sono casi in cui la sorpresa piacevole è molto grande e sarebbe ingiusto tenere nascoste certe gioie che potrebbero essere condivise.
Se a Torino, città che adoro, trovi un posto come il Ristorante Consorzio non puoi limitarti a fare loro i complimenti.
In questo presidio Slow food familiare e accogliente, in pieno centro cittadino (Via Monte di Pietà) che ha un menù degustazione a 30 euro di assoluto rispetto, ho cenato il mese scorso in ottima compagnia.

La mia scelta è andata su una Cruda (tris di carni crude battute a coltello),  Ravioli di cervella con zenzero e mandorle assolutamente sorprendenti, e un pollo tonchese croccante che prima di diventare tale aveva cotto a fuoco lentissimo con una preparazione del piatto che dura  trentasei ore.
La scelta dal menù è stata durissima: la mia curiosità andava anche a diversi altri piatti.
Tornerò sicuramente per togliermela.
Sono simpatici, gentili, spiegano ogni piatto come si deve e soprattutto hanno materiali di primissima scelta e cucinano benissimo.
Tra l’altro ho conosciuto un vino rosso piemontese che, confesso, non avevo ancora mai bevuto: il Ruchè di Castagnole Monferrato.












Siamo tra Asti e Alessandria, appena più a sud della terra del Grignolino, e il vino che ho bevuto è un rosso rubino appena violaceo, aromatico, secco e tannico, di 13 gradi che al mio palato sprizza uva e sprizza botte e mi fa godere di più il raviolo ripieno di cervella ed il gran pollo che lo segue.
Abbiamo fatto decisamente amicizia (Ruchè ed io) e tornato a casa ho fatto i compiti per colmare la mia ignoranza. Ho scoperto che non se ne produce in grande quantità e che non si hanno notizie storiche certe della coltivazione ma soltanto derivate da tradizione orale; ho pensato dovesse essere roba contadina con meno tradizione di altri rossi piemontesi.
Viene prodotto in sette comuni della Provincia di Asti con un 90% di vitigno Ruchè e il resto di Barbera e Brachetto; DOC da un paio di decenni ha avuto il riconoscimento del Garantito nel 2010.

Chi scrive di vini dice:
Colore rosso rubino con leggeri riflessi violacei talvolta tendenti all’aranciato;
odore intenso, persistente, leggermente aromatico, fruttato, anche speziato con adeguato affinamento;
sapore secco, rotondo, armonico, talvolta leggermente tannico, di medio corpo, con leggero retrogusto aromatico, talvolta con sentori di legno.

Io chiudo dicendovi ancora che Torino è splendida, ospitale, piena di eccellenze museali, di civiltà, di gusto; tempio del buon bere, del bel mangiare, dei formaggi e della pasticceria, culla del migliore cioccolato del mondo.
Invito ad andare e a non perdervi la soddisfazione del ristorante consorzio.
Se andate fatemi sapere.